Milano
Omicidio all'Università Cattolica di Milano nel 1974: si riapre il caso?

Mario Toso, dicono dunque gli inquirenti, sarebbe innocente. L'autopsia lo conferma
di Max Rigano
21 Luglio 1974. Sono gli anni che anticipano la contestazione studentesca che sfocerà nella lotta armata. A Milano fa un gran caldo. Simonetta Ferrero, figlia di un dirigente Montedison, alle 10.37 del mattino fa degli acquisti in una libreria in Corso Magenta. Se ne avrà traccia attraverso lo scontrino ritrovato. È un sabato e la ragazza passa anche in Via Carducci in un negozio di profumeria e poi si dirige verso l'università lì vicino: è la Cattolica, appunto. Forse per prendere degli appunti per un'amica. All'interno ci sono dei lavori. Alcuni operai sono attrezzati con martelli pneumatici. Il rumore è assordante. Tra le 11.00 e le 13.00 la ragazza sarebbe entrata all'interno dell'ateneo. Non se ne avranno notizie fino a due giorni dopo, lunedi 26 Luglio, quando un seminarista, Mario Toso, non ritroverà il cadavere della ragazza, nei bagni dell'ateneo. Scoperto il quale, dicono le cronache, fugge impaurito a seguito del terrore provocato dal macabro ritrovamento. Simonetta è stata ferita a morte con 33 coltellate. Il primo sospettato è proprio Mario Toso. I riscontri tuttavia non ci sono. Secondo l'autopsia, Simonetta avrebbe cercato di difendersi. Ha delle leggere ferite alle mani, che non ha invece il seminarista. Segno che una colluttazione è avvenuta, ma non con Mario Toso e non per una tentata violenza sessuale.
Mario Toso, dicono dunque gli inquirenti, sarebbe innocente. L'autopsia lo conferma
Quarantacinque anni dopo finalmente uno squarcio di luce, su di un caso su cui restano molte ombre, ma nessun colpevole. Si tratta di una lettera. Scoperta casualmente dall'azienda Icharta, di Milano. All'interno di una lettera che Giorgio Perissinotto, pittore veneto appartenente al movimento futurista, invia ad un critico letterario e docente universitario, si viene a sapere, a soli quattro giorni dal barbaro ed efferato omicidio, che qualcuno "avrebbe avuto una memoria labile su quanto accaduto", lasciando intendere che questo F. avrebbe precipitosamente lasciato la propria dimora per rifugiarsi tra i monti e crearsi così un alibi. Scrive infatti Giorgio Perissinotto che un certo F. "ben avrebbe fatto a crearsi un alibi tra i monti Tridentini". Non solo: lo stesso F avrebbe "una memoria labile tanto che è il caso che magari non ricordasse" generando il sospetto che qualcuno sappia chi è stato e perché. Se le parole dell'artista trovassero un riscontro si potrebbe riaprire l'intera vicenda. Si potrebbe provare a capire chi è stato e perché; in un quadro d'insieme particolarmente complesso ed in cui molti aspetti sono ancora oscuri. Icharta è venuta in possesso di questa lettera che mette a disposizione degli inquirenti per provare a dare una soluzione ad un cold case lungo 45 anni. Una domanda permane infatti: chi è F.?