Milano

Ora di religione, don Mangiarotti (Pro Life) replica agli studenti della protesta all'Arcivescovado

Milano, don Gabriele Mangiarotti, fondatore del Comitato Pro Life, commenta la protesta degli studenti dei centri sociali contro l'ora di religione a scuola: "Non si perde mai nell'ascolto"

di redazione

Ora di religione, don Mangiarotti (Pro Life) replica agli studenti della protesta all'Arcivescovado

"Non si perde mai nell’ascolto! "Non abbiamo bisogno del vostro invito: l’amore al pudore e alla pulizia ci bastano per fare scelte dignitose e rispettose, molto più della volgarità inutile dei vostri proclami". Così don Gabriele Mangiarotti, socio fondatore del Comitato “Pro-life insieme", commenta la protesta inscenata giovedì 20 febbraio davanti all'arcivescovado di Milano da parte del coordinamento dei collettivi e del centro sociale Cantiere. Come raccontato da Affaritaliani.it Milano, la manifestazione organizzata  "per rivendicare i nostri diritti e per dire che vogliamo i preti e le istituzioni bigotte fuori dalle nostre scuole"  aveva uno slogan piuttosto forte: "Fuori i preti dalle nostre scuole e dalle nostre mutande".  


Don Mangiarotti prosegue: "Non voglio tirare fuori il citatissimo detto (attribuito – erroneamente – a Voltaire): «Non condivido quello che dici, ma darei la vita per permetterti di dirlo», mi basta il buon senso. La scuola è luogo di educazione e di confronto e, se penso alla mia esperienza come alunno e come docente, è sempre stato un luogo in cui potere incontrare le varie concezioni della vita e paragonarmi con esse. Non ho mai rimpianto le occasioni di confronto, a volte impegnato e sempre entusiasmante, sia con i miei compagni che con i miei insegnanti, di religione compresi (anche se talvolta occasione di scontro aperto). E ricordo che, quando ho dovuto lasciare, da docente, la scuola dove avevo insegnato vari anni, una mia alunna affermò davanti a tutti la gratitudine per quella «ora di bellezza» che erano state le nostre lezioni. Mi spiace per quella schiera di giovani (più o meno numerosi) che si sono espressi davanti all’Arcivescovado di Milano manifestando il loro disappunto per la presenza di una voce cattolica (e non solo sacerdotale) che da sempre offre, nella libertà e nel rispetto, l’occasione per conoscere una storia che ha dato agli uomini la possibilità di incontrare volti ed esperienze, che hanno mostrato la grandezza dell’uomo, e questo senza dovere nascondere tutti gli errori che sono stati fatti".

Il religioso prosegue: "Mi ha sempre colpito quanto, tempo fa, il Card. Martini diceva in un testo sul valore della scuola e dell’insegnamento della religione cattolica, in questo in sintonia con la voce laica di Paolo Mieli. Proviamo ad ascoltare, senza pregiudizi: «La scuola è un luogo di istruzione e di cultura. Che rapporto c’è tra la religione e la scuola? La domanda è legittima e merita attenzione. Lo stesso nuovo Concordato, assicurando l’insegnamento della religione nella scuola, precisa che esso deve inserirsi “nel quadro delle finalità della scuola” (Art. 9, par. 2). Dobbiamo allora chiederci che cosa è la scuola, quali sono le sue finalità. […] Andiamo a scuola di religione. Perché e come entra l’insegnamento della religione “nel quadro delle finalità della scuola”? Entra per svolgere un servizio alla scuola e alle sue finalità. Abbiamo visto che una finalità della scuola è quella di porre il problema del rapporto dei dati scientifici e storici con il significato che essi hanno per la coscienza e la libertà. Orbene la coscienza e la libertà chiamano in causa i beni ultimi, universali, fondamentali dell’esistenza. Quello che, poi, la coscienza e la libertà decideranno circa questi beni, è un compito delle singole persone. Ma è compito della scuola porre correttamente il problema. L’insegnamento della religione, che riguarda appunto le questioni decisive, i fini ultimi della vita, aiuta la scuola a svolgere questo compito. L’aiuta entrando in dialogo con le altre materie di insegnamento, ma conservando una propria specificità, che non può essere confusa con gli scopi delle altre materie. Le altre materie trattano degli oggetti loro propri e fanno emergere l’esigenza di considerare il problema della libertà e della coscienza. L’insegnamento della religione accoglie questa esigenza e mette a tema il rapporto della coscienza e della libertà con i fini ultimi.» [C. Martini, Andiamo a scuola…]"

Mangiarotti continua: "E Mieli aggiunge, in un Convegno che ho avuto l’onore di realizzare con altri amici: «Io non sono cattolico, la mia famiglia è di origine ebraica e quando ero a scuola, trentacinque anni fa, ero esonerato dall’ora di religione. Quindi non frequentavo le lezioni di religione... Finché nel ginnasio della mia scuola, un liceo romano molto prestigioso, il Tasso, venne un sacerdote, ricordo il nome, si chiamava don Tarcisio, che incuriosito perché muovevo i miei primi passi nella politica, un giorno mi invitò a restare in classe all’ora di religione e chiacchierò con gli altri studenti, miei compagni di classe, e me, durante quest’ora. Da quel momento, per i successivi cinque anni (i due anni del ginnasio e i tre anni del liceo), io rimasi, per scelta, a tutte le lezioni di religione e questo dialogo, a volte puntuto a volte condotto in spirito di franchezza e onestà, non un dialogo compiacente, è stato un momento fondamentale della mia vita. Io ero, appunto, un non credente che, invitato a partecipare a quell’ora, la sceglieva volontariamente, a differenza di tutte le altre ore di scuola. Le altre ore di scuola le facevo perché ero tenuto a farle, perché la famiglia mi obbligava a farle, perché dovevo crescere, dovevo diplomarmi, dovevo prendere la maturità e poi laurearmi. Quell’ora, invece, me la sceglievo, per cui nella storia della mia giovinezza l’ora di religione è l’ora della scelta, l’ora della libertà, l’ora del confronto, l’ora della crescita.»

Quindi le conclusioni: "Forse si potrebbero indicare altre giuste riflessioni, ma credo che, per chi vuole capire la realtà e superare schemi e barricate, queste parole non abbiano bisogno di commento. Rimane solo il grido accorato del grande Pasolini: «Oh generazione sfortunata! / Cosa succederà domani, se tale classe dirigente – / quando furono alle prime armi / non conobbero la poesia della tradizione / ne fecero un’esperienza infelice perché senza / sorriso realistico gli fu inaccessibile / e anche per quel poco che la conobbero, / dovevano dimostrare di voler conoscerla sì ma con distacco, fuori dal gioco…» Forse, guardandoci in faccia, si potranno trovare ragioni di incontro, che nessuna ideologia realizza e rende possibile. Ma questa è la nostra speranza."

 







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