Milano

Pacini, assessore al Municipio 1: "Il Pd deve essere protagonista a Milano"

Nicolo Rubeis

In città secondo Pacini il partito sta bene: "E anche sulla Palestina ha fatto il suo lavoro, quello di prendere una posizione politica"

Pacini, assessore al Municipio 1: "Il Pd deve essere protagonista a Milano"

"Il Pd deve essere protagonista a Milano. Questo vuol dire influenzare e guidare il dibattito insieme al sindaco Sala". Lorenzo Pacini, assessore al Municipio 1, si inserisce nella discussione di questi giorni innescata dalle parole del segretario metropolitano Alessandro Capelli e dalla replica di Sala. "I modelli non esistono – spiega l’esponente dem in un'intervista ad Affaritaliani.it Milano -. Esistono città che funzionano. E Milano con Pisapia e Sala ha funzionato". In città secondo Pacini il partito sta bene: "E anche sulla Palestina ha fatto il suo lavoro, quello di prendere una posizione politica". Ma su alcuni temi dovrà essere "più incisivo" nei prossimi anni.

Pacini, per Capelli bisogna aggiornare il progetto Milano. Aver parlato di ciclo finito forse non ha aiutato nella dialettica con il sindaco.


Io sono d'accordissimo con Capelli: porta avanti una linea che è quella del Pd e per cui lui è stato eletto e votato segretario metropolitano. Poi giustamente i giornali fanno il loro lavoro e ricostruiscono il dibattito e secondo me il fatto che Sala non ci fosse a quell'evento ha ovviamente influenzato questo tipo di ricostruzione. Detto ciò penso che il Pd debba essere protagonista nella società e nella dinamica politica e sociale di Milano. Noi abbiamo detto che è finito un ciclo della città iniziato nel 2011, non un ciclo politico. Quindi insieme al sindaco dobbiamo capire dove guidare Milano che è in una fase di grande mutamento.

C'è la volontà di ritrovare una centralità come partito che vada oltre alla riconoscibilità di Sala?
La discussione non deve essere sulla continuità, o meno, con Sala, ma su quali priorità, progetti e interventi vogliamo realizzare per la città come Pd, insieme a Beppe Sala. La priorità a cosa la vogliamo dare? Io rispondo al sociale, ai lavoratori, alla classe media che rischia di essere espulsa ma non per colpa di Sala. Noi dobbiamo cercare di dare le giuste soluzioni insieme a lui... e dobbiamo fare proposte. Sono sicuro che il Pd si toglierà subito da questa 'diatriba' con Sala perché non è questo il punto.

Secondo il sindaco è pericoloso fare certi ragionamenti perché basta poco per tornare a perdere le elezioni.
Il sindaco dice una cosa ovvia: se lavori male un anno perdi le elezioni. Infatti non bisogna lavorare male neanche un giorno e Sala, che è un professionista, lo sa perfettamente. Se diciamo che dobbiamo recuperare protagonismo evidentemente c'è una sensazione collettiva di una politica che non è più tanto in grado di determinare la realtà e cambiare la società. Un problema non solo del Pd ma è motivo per cui il Pd deve essere ancora più incisivo. Quello che poteva bastare tre anni fa oggi non basta più. Ci sono dei fenomeni macro-economici talmente diffusi che non fanno più bastare la normale attività politica.

Insomma, il modello Milano va o non va ripensato?
I modelli secondo me non esistono. Esistono città che funzionano e Milano con Pisapia e Sala ha funzionato. Oggi ci sono nuove sfide da affrontare ma le risposte le dobbiamo dare insieme al sindaco. Magari scoprendo anche dei nuovi modi e delle nuove soluzioni, che è un po’ quello che dice Capelli.

Nelle ultime settimane, specie su Israele e sulla Palestina, anche nel Pd milanese c'è stato un dibattito acceso. Come sta il partito?
Il Pd a Milano sta bene e anche sulla Palestina ha fatto il suo lavoro, quello di prendere una posizione politica. Ci sono stati i giusti dibattiti e i giusti confronti, ma sulla guerra in Medio Oriente il partito ha avuto una linea chiara e ha visto uscire dal Pd chi criticava quella linea. Scelte politiche legittime di cui, però, non condivido le modalità. Poi ci sono sicuramente delle dinamiche nazionali che ci mettono in difficoltà ma non sono particolarmente critico da questo punto di vista. Certo, un po' di coraggio in più non basterebbe ma sono allineato con il partito, forse come non mai.

Il 25 aprile rischia di far emergere qualche contraddizione?
Il contesto, questo è ovvio, è più difficile rispetto all'anno scorso. Anche perché il 25 aprile è sempre stata una piazza che parte dalla memoria storica ma che si lega anche a quello che succede nel mondo. Il Pd non ha difficoltà a starci in quella piazza perché ne è parte essenziale. A chi fa contestazioni o si perde nel dare giudizi morali criticando l'Anpi per i suoi striscioni, ricorderei chi c'è oggi al governo in Italia e quali sono i veri problemi che dobbiamo affrontare. C'è un governo che ogni giorno cerca di cancellare la memoria antifascista del Paese. Mi concentrerei su quello invece di attaccare l'Anpi che porta avanti con grande dedizione la memoria dei partigiani.

Come vede la discussione in corso sulle candidature alle europee?
Io sono dell'idea che prima arrivano i candidati e meglio è, quindi si sciolgano le riserve. I nomi che girano sono ottimi e rappresenterebbero un cambio di passo nella linea del Pd, che è quello per cui abbiamo votato Schlein. Non dobbiamo fare una lista fatta solo di esterni, ma allo stesso tempo il Pd, e tutti i partiti, hanno sempre candidato persone dalla società civile che potessero dare un contributo. E francamente non ci vedo niente di male. A chi si lamenta che non c'è abbastanza posto faccio presente che è un'elezione con le preferenze, c'è una competizione aperta. Mi ritrovo molto in quello che dice Andrea Orlando sul fatto che bisogna puntare sulla formazione della classe dirigente: è così che si costruisce il partito del domani, non garantendo seggi sicuri ai dirigenti e basta. Poi un dirigente nazionale sarà sempre sostenuto dalla base, ma nessuno deve temere la competizione elettorale.







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