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Panzeri, Milano e quella memoria corta. Dal Blue Note alla Cgil "politica"

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Panzeri, Milano e quella memoria corta. Dal Blue Note alla Cgil 

Ora sembra che non lo conosca più nessuno, Antonio Panzeri. Eppure, eppure. Gli archivi non mentono. E neanche la memoria. Certo, vestigia di un mondo politico che quasi non esisteva più se non come raggruppamento minimo di potere (e - ma lo sappiamo adesso - di mazzette). Panzeri come uomo che la Cgil sosteneva per la sua rappresentatività politica. Per anni, il sindacato aveva espresso i suoi: un andazzo chiuso e sepolto dall'attuale gestione Bonini, sui temi e non sui partiti. Ma ai tempi Panzeri era il capo di una corrente ben definita. Era la sinistra sindacale dei Ds. Una delle tre-quattro grandi famiglie. C'era Filippo Penati, che rappresentava un'area, c'era Franco Mirabelli, che rappresentava e rappresenta un'altra area, e c'era Antonio Panzeri, il Panzer, che ne rappresentava una terza. In occasione delle europee chiudeva la campagna elettorale sempre alla grande. Ricordo una festona epocale al Blue Note, tra luci basse e soffuse e grande jazz. Altri tempi. Erano i tempi in cui il sindacato - ovvero Panzeri - portava in consiglio regionale due esponenti, e alla fine una sola (la fidatissima Ardemia Oriani), e poi nessuno. Erano i tempi in cui Panzeri decideva di volta in volta le alleanze. A volte con Filippo Penati per decidere la linea da tenere prima della fondazione del Pd. A volte, quando erano tutti nel Pd, a sostegno di Pierfrancesco Majorino nelle primarie contro Beppe Sala. Era il 2016. Poi, con Renzi, cambia tutto. Tutti fuori, insieme ai bersaniani di sempre, in una posizione via via più irrilevante politicamente, fuori dai radar, con un altro ex Pd uscito e poi entrato in Articolo 1 come Francesco Laforgia, parlamentare e adesso senza ruoli. Ognuno sparso qui e là, a fare le proprie battaglie e i propri affari. Quelli di Panzeri, sono stati resi noti adesso. E nessuno finge di ricordarselo più, il Panzer, le sue posizioni, i suoi discorsi, le sue feste, i voti e soprattutto chi glieli portava. Sic transit gloria mundi.

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