Milano
“Parisi manager, io leader”. L’intervista di Affari a Beppe Sala
"Io posso allargare più di Parisi. Lui è costretto a garantire per tutti come fa un ad". Parla Beppe Sala:l'ultima intervista prima del voto di Affaritaliani.it
di Fabio Massa
Per Beppe Sala, in arte Mr. Expo, sta per arrivare il momento della verità. Nella notte tra domenica e lunedì si capirà se sarà il nuovo sindaco di Milano o se sarà stato battuto da Stefano Parisi. “Io posso allargare più di lui. E poi credo di avere persone ed eccellenze che mi stimano. Lui, invece, è costretto a garantire per tutti, proprio come fa un amministratore delegato”… L’ULTIMA INTERVISTA PRIMA DEL VOTO DI AFFARITALIANI.IT
Beppe Sala, ormai ci siamo. Le ultime 48 ore di campagna, è il rush finale.
Mi sento ovviamente alla fine di una lunga fatica. Ti sembra sempre che hai fatto tutto, ma in ogni momento ti accorgi che puoi fare qualcosa in più. Quindi mi sento con l’ansia di finire ma anche con la voglia di fare ancora cose per portare a casa il risultato, ancora un po’ di voti. La mia idea è proprio quella di non mollare fino all’ultimo minuto.
A livello di endorsement c’è stato un certo attivismo. E pare che siano un richiamo all’elettorato di sinistra…
Certamente ma sono molto una prova di coerenza con quanto abbiamo dichiarato nelle settimane precedenti. Faccio un esempio chiaro: dall’inizio della campagna parlo del valore importante dell’internazionalità per una città come Milano.
E quindi?
Milano deve sfruttare l’onda positiva di Expo, perché nella storia di Milano c’è l’apertura al mondo e c’è il fatto che Milano ha una grande capacità di attrazione. Quindi, aver chiesto a un ex ministro degli Esteri come Emma Bonino di darmi una mano non è una manovra elettorale, ma vuol dire semplicemente essere conseguenti.
Roberto Maroni intanto la attacca. Lei insiste tanto sulle case popolari eppure i due terzi delle case popolari sono proprio della Regione di Maroni. Che cosa gli risponde?
Il punto è questo: possiamo guardarci indietro e fare tutte le analisi retrospettive del mondo. La mia sfida è quella di guardare avanti. Io farò e spiegherò il modo con cui attiverò le risorse finanziarie, perché senza risorse finanziarie non si fa nulla. Dal punto di vista della Regione, ed è quello che io chiedo a Maroni, sarà la stessa cosa o ci sarà meno determinazione? Il guaio è che quando sei in giro per la città, che le responsabilità siano della Regione o del Comune, i cittadini guardano il sindaco. Quindi sarà importante trovare una sintesi con Maroni. Senza polemiche ma sfidandosi reciprocamente rispetto alla capacità di fare e risolvere i problemi.
Ancora una volta sembra molto fair. Non parla di Metroweb, non attacca. Unica eccezione ieri sera a Matrix. Ma una campagna elettorale non è una cena di gala…
Non rimpiango questo metodo. Alla fine uno cerca di essere quello che è. Con me non sono stati molto fair, assolutamente no. Rimane il fatto che io sono così, quindi non voglio cambiare da questo punto di vista. E’ la parte più spiacevole della politica quella di aver espresso tanti attacchi strumentali. Visto che provo su di me la spiacevolezza, non voglio fare lo stesso con altri. Io ho cercato di avere un comportamento fair.
I suoi rapporti con il maggior azionista della sua coalizione, ovvero il Pd, come sono?
Buoni, ottimi. Anzi, colgo l’occasione per dire che sono buoni anche con Matteo Renzi. Io il premier lo sento ogni paio di giorni. In questo momento stiamo ovviamente cercando di mantenere il dibattito su Milano. Per questo che cerco di non farmi tirar dentro su questioni di livello nazionale. Non sono utili. Ma da qui ad avere un rapporto difficile con Renzi ne corre.
Avete fatto un’analisi del voto con Renzi?
Sì, ci siamo detti che la principale motivazione di come è andata è che il primo turno è apparso come qualcosa di scontato. Una parte della sinistra forse non ha votato per questo motivo. Posso però immaginare che una parte della sinistra abbia anche avuto qualche pregiudizio sulla mia candidatura. E spero di aver dimostrato che erano pregiudizi infondati, non tanto sforzandomi di guardare a sinistra, ma con il mio programma e le mie azioni. Sono queste che dimostrano che la mia è una vera proposta di centrosinistra.
Lei ha spesso sottolineato che l’anello debole di Parisi è la Lega Nord. Tra l’altro a Milano è rinato un centro azzurro, moderato.
Il voto a Milano lo si può analizzare così: in Italia c’è un tripolarismo quasi perfetto, a Milano no. A Milano il Movimento 5 Stelle non ha sfondato, e non hanno sfondato le ali estreme. Si conferma una città moderata. Ora, una Lega che fa eleggere un chiarissimo neofascista è qualcosa che non combacia con quel che vuole essere Milano. Io spero che la gente questa considerazione la faccia. Probabilmente anche io mi sbagliavo quando pensavo che la Lega poteva avere un successo superiore a Forza Italia. Questo non è stato. Alla fine la Lega a Milano non sfonda mai.
Parliamo di Expo. E’ stato il filo conduttore che ci ha portato qui, a questa candidatura. Non teme di aver irrimediabilmente compromesso la sua immagine, entrando in politica?
Era il principale motivo per cui ero così indeciso se candidarmi. La mia non è stata una scelta conservativa. Decisamente no. Io ci ho messo tantissimo a decidermi e avevo due remore: la prima era la stanchezza, la seconda il rischio di sporcare l’immagine positiva. Obiettivamente qualche prezzo è stato pagato in questo senso fino ad oggi.
I suoi cari che cosa le dicono?
Oggi mi dicono che comunque sarà ho fatto bene. Mia mamma mi dice che già a 5 o 6 anni io mi “mettevo nei guai”. Avevo una certa attitudine. L’ho conservata. Ma io sono molto contento di questa campagna.
Chi è più conservatore, lei o Parisi?
Parisi. Parla di cambiamento ma ha cominciato nel 1990 a Palazzo Chigi e ha dietro di sè un’anima più conservatrice. Parisi in una intervista che ho sentito ha detto che la prima cosa che farà sarà rimettere le auto dove Maran le ha vietate. Io parlo di ambiente, parlo di una Milano fra 15 anni. Credo di avere una visione per il futuro. Lui no.
Pisapia?
Pisapia è stato un ottimo sindaco nella situazione data, in un periodo nel quale serviva riportare alla politica tante anime della città, ha riportato la legalità. Ora io penso di essere la persona giusta per questo momento.
Che momento è?
E’ il momento in cui Milano deve cogliere l’opportunità, e l’opportunità deriva da questo cambiamento d’immagine che c’è stato. Io accetto tutto dal centrodestra, ma non che Milano non sia meglio di qualche anno fa. Dall’altro lato questo tema delle periferie è un tema. Io penso di essere la persona giusta oggi perché ho una grande determinazione nel portare a casa gli obiettivi.
Ultime due domande. L’errore di questa campagna.
Probabilmente sul tema delle periferie dovevo ancor prima battere forte. Fin da subito. Da subito me ne sono reso conto che era un tema importante, bisognava perseguirlo meglio. Non avrei dovuto consentire agli avversari di strumentalizzare le periferie.
In che senso?
Per esempio Parisi continua a dire che ha vinto nelle periferie, ma non è così. E’ chiaro che ha preso 5 presidenti su nove. Ma a livello di voti della coalizione io ho vinto in sette municipalità su nove.
Che cosa ha azzeccato invece?
Guardiamo anche alle ultime dichiarazioni di Veronesi, l’ultimo appello. E a tutti gli altri che mi sostengono: c’è la parte migliore di Milano che si è schierata per la mia candidatura. Io so benissimo che c’è una cosa che mi differenzia da Parisi. Lui dice: tanto garantisco io. Roba da amministratore delegato. Io invece sono un decisionista ma voglio fare gruppo: io non dico “tanto garantisco io”. Ma “voglio i migliori di fianco a me”.
@FabioAMassa