Pd, accordo per evitare la scissione. Ma tra appetiti e regionali... Inside
La rottura interna al Pd? Probabilmente ci sarà. E a Milano sono già iniziate le trattative per cercare una via d'uscita. Ecco tutti i nomi coinvolti. INSIDE
di Fabio Massa
Ci si scinde o non ci si scinde? Il rovello (l'ennesimo, per il Partito Democratico) non ha confini. Da Roma a Milano, dai piccoli comuni dove complici i mal di pancia qualcuno potrebbe approfittarne per uscire, ai grandi comuni dove gli assetti sono sempre più complicati. E dunque, l'appuntamento del 13 febbraio sarà decisivo. Se in direzione nazionale, come pare, Matteo Renzi non dirà assolutamente nulla sul congresso e anzi lo respingerà, le truppe sono già pronte ad alzarsi e andare via. Problema non da poco. Anche e soprattutto per Milano e la Lombardia, dove - caso più unico che raro - non solo c'è una consonanza tra lato destro e sinistro del partito, ma addirittura con quello che resta di Sel, oggi SinistraxMilano ed embrione, leader Pisapia, dell'esodo nel gruppo di D'Alema e soci.
Tuttavia, la rottura probabilmente ci sarà. E quindi a Milano sono già iniziate le trattative, secondo quanto può riferire Affaritaliani.it, per cercare una via d'uscita alla separazione. L'idea, che viene avanzata da renziani e antirenziani, è di non causare scossoni a Palazzo Marino. Niente separazione in maggioranza. Anche se un problema all'orizzonte c'è, eccome. Perché il voto, soprattutto se anticipato, e combinato con l'altro, quello delle regionali, può portare a una serie di cambi in giunta e consiglio che, stante una separazione, avrebbe l'effetto di una fibrillazione quasi insostenibile. Secondo i tam tam di Palazzo, chi pensa a un posto a Roma è il presidente del consiglio comunale, Lamberto Bertolè. Poi c'è il drappello Rozza-Granelli-Majorino, tra Regione e Parlamento (ma più Regione). Poi si vocifera di una aspirazione di David Gentili. E ovviamente e più di tutti Cristina Tajani, che vorrebbe fare un'altra esperienza politica. Per ognuno di questi il gioco è interno al Partito Democratico (sono tutti esponenti Dem). Di certo, se si dovesse andare a sostituire qualche assessore, la prima scelta sarebbe Filippo Barberis, l'attuale capogruppo.
Non c'è solo questa vicenda, tra fratture e appetiti vari. C'è il tema delle ricandidature in Parlamento. E delle deroghe richieste a gogo. Per esempio, per la Pollastrini, che ha superato sia i tre mandati che i 15 anni. O per Lele Fiano, che è arrivato a tre mandati (ma non ai 15 anni). O, per la Regione Lombardia, per Sara Valmaggi e Fabio Pizzul. Poi ci sono quelli che vogliono tornare nella Capitale: Francesco Laforgia, Lia Quartapelle, Paolo Cova, Matteo Mauri, Daniela Gasparini (ma vuole? non si sa), i senatori Franco Mirabelli ed Emilia De Biase, Ezio Casati, Simona Malpezzi, Prina e Cimbro. Saranno ricandidati? E con che posto? Chi sarà capolista?
Insomma, tra scissione, gente che va e gente che viene, ce ne è abbastanza per innescare processi di non facile gestione né per il segretario regionale Alessandro Alfieri né per il segretario metropolitano Pietro Bussolati.
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