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Pellicanò a Mede: mostra e presentazione di un nuovo importante volume
Domenico Pellicanò

Pellicanò a Mede: mostra e presentazione di un nuovo importante volume

"Lo scopo dell'arte è sempre quello di approfondire il mistero". Ne era convinto Francis Bacon, che è stato impareggiabile indagatore del turbamenti dell'animo umano, autore di una memorabile e inquietante galleria di anonime figure che hanno saputo incarnare la crisi profonda e drammatica della nostra contemporaneità, bulimica divoratrice di sensazioni, esperienze, emozioni per celare anche a sé stessa la profondità del vuoto e la fragilità del crinale che percorriamo attorno ad esso. Al pessimismo esistenzialista del Maestro inglese possono tuttavia essere contrapposte altre ipotesi meno disperanti ed altre agende di indagine che, intraprese con il medesimo rigore e la medesima appassionata dedizione, possono condurre ad altri frammenti di verità, ad altre epifanie sul destino dell'uomo e sul senso del nostro essere qui e ora. Ne è esempio emblematico l'opera di Domenico Pellicanò, artista portatore di uno spirito che già in passato abbiamo avuto occasione di definire "neo-umanista", per la assoluta centralità che la figura umana riveste nella sua vasta ed eclettica produzione, ma anche, passando dal piano formale al campo delle idee e dei valori sottesi alle sue rappresentazioni, per la rinnovata fiducia - o quantomeno una convinta significativa apertura di credito - nelle possibilità di redenzione e riscatto dell'Uomo. Il mistero è osservato, la crisi e la caduta sono contemplate. Ma lo sguardo continua a essere rivolto verso l'alto, a quanto di nobile e grande alberga nel nostro animo. Una ispirazione, una scintilla. Una fiamma, come quella che Prometeo rubò agli dei per farne dono ai comuni mortali. 

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La produzione dell'artista di Reggio Calabria, ormai annoverato tra i Maestri italiani dei nostri giorni, abbraccia oggi un arco di tempo sufficientemente ampio per poter trarre qualche sicuro bilancio. Un'occasione di sicuro interesse è offerta ora dall'attenta amministrazione di Mede, Comune del pavese, che dedica una esaustiva mostra alle opere di Pellicanò, ospitata dal 21 settembre al 13 ottobre nella prestigiosa cornice del Museo Regina Cassolo presso il Castello Sangiuliani. Appena prima dell'inaugurazione di sabato 21 settembre, nella vicina sala consiliare ci sarà alle 17:00 anche la presentazione del nuovo volume che abbiamo dedicato ai più recenti esiti della ricerca espressiva di Pellicanò e nella quale avrò il piacere di condividere il tavolo con il giornalista Federico Ughi, oltre che con il sindaco Giorgio Guardamagna e con l'assessore alla Cultura Patrizia Cei. Un libro che fotografa, anche grazie ad un generoso apparato iconografico, la vastità e ricchezza delle suggestioni culturali sollecitate dalla sua inesausta ricerca.

Un graditissimo ritorno, sulla scia dell'interesse generato lo scorso 21 giugno da una serata pensata proprio per introdurre agli appassionati di arte alcune delle tematiche e delle peculiari prerogative dell'opera di Pellicanò. Una presentazione ed una mostra, dunque, che sicuramente consentiranno di approfondire la conoscenza con alcuni tratti e temi dominanti, per esplorare motivi, enigmi, storie e miti, ma anche per addentrarsi nella tecnica, nel linguaggio, nella suggestione di quelle scelte estetiche ed espressive che rendono l'opera di Pellicanò così immediatamente distinguibile nelle sue qualità formali assolute.

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Abbiamo spesso sottolineato l'importanza che riveste per l'artista il recupero di alcuni miti fondativi, cui attinge con entusiasmo e piena conoscenza dalle grandi saghe dell'antico occidente e dai testi sacri, con l'obiettivo di riattualizzare temi e narrazioni che costituiscono i capisaldi della nostra stessa formazione intellettuale e culturale, per individuare in essi quella essenza universale che, riportata alla luce, mantiene intatta tutta la sua pregnanza concettuale anche oggi. Sfogliando questo nuovo volume, risalta anche un altro aspetto, che merita almeno altrettanta attenzione. Ogni volta infatti che Pellicanò ripercorre episodi emblematici come la Deposizione o il Ratto di Prosperina, o tratteggia il carattere di personaggi come Caronte, Morfeo, la Valchiria, egli si impegna consapevolmente in un vivo e dialogante confronto con la storia dell'arte. Non può giungere casuale, a titolo d'esempio, il recupero di vicende forse a noi oggi più oscure e meno familiari come "Borea che rapisce Orizia" o "Susanna e i vecchioni". Lontano da sterili eruditismi, Pellicanò ha certo ben presente quanto queste rappresentazioni siano state rilevanti nei secoli addietro. Di "Susanna e i vecchioni" abbiamo infatti tre versioni realizzate da Artemisia Gentileschi, così come opere, tra gli altri, di Luini, Lotto, Tintoretto, Veronese, Rubens, del Guercino. Sarebbe di grande interesse, lo scriviamo a titolo di suggestione, un confronto tra queste diverse interpretazioni poiché, giungendo sino al più recente svolgimento da parte di Pellicanò, esso racconterebbe molto anche dell'evoluzione del linguaggio artistico, e soprattutto delle radicali soluzioni cui è giunto nell'epoca della contemporaneità.

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Un altro stimolo che, sfogliando le pagine del volume o percorrendo le sale della mostra, va invece a interessare quella che è cifra distintiva dell'artista reggino giunge con annotando come egli sappia far convivere e far parlare tra loro con sorprendente coerenza episodi del mito greco con impressioni tratte dal malinconico mondo del circo, memorabili rappresentazioni dei vizi capitali con palpitanti omaggi al corpo femminile o illuminanti incursioni nell'attualità e nel nostro passato recente quali "Cosmonauti" o "Il carro delle mondine". Quello che pare dunque suggerirci l'artista è che ognuna di queste visioni potrebbe costituire una preziosa scheggia, un tassello utile a ricomporre il complesso ed ineffabile mosaico di un unico e più grande mistero.

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