Milano

Per la prima volta venduta in asta una scultura immateriale di Salvatore Garau

A Milano battuta all'asta "Io Sono", una scultura di Salvatore Garau che nella realtà non esiste, a 15.000 euro

Per la prima volta venduta in asta una scultura immateriale di Salvatore Garau

Il 18 maggio 2021 è una data destinata a essere ricordata nella storia delle aste di arte visiva. Per la prima volta, è stato messo all’incanto un lotto che, nella realtà, non esiste: “Io sono”, scultura immateriale di Salvatore Garau, che è stata aggiudicata per 15mila euro presso Art-Rite, auction house milanese. Per capire come si è arrivati a tutto ciò, occorre fare un passo indietro di 104 anni. Era il 1917 quando Marcel Duchamp presentò un comune orinatoio, chiamato “Fontana”, definendolo “capolavoro artistico”. Era la nascita del ready made, concetto per il quale qualunque oggetto di uso comune diventa arte se è un artista ad affermarlo.

Cent’anni dopo, il Maestro sardo, uno dei protagonisti della contemporary art, è andato oltre, arrivando a sostenere che anche il nulla può essere un’opera d’arte, purché lo dica un artista.

La sua prima installazione immateriale, “Buddha in contemplazione”, è stata collocata a Piazza della Scala, a Milano, a 25 metri esatti dall’ingresso delle Gallerie d’Italia, la sede espositiva di Intesa San Paolo, dove, tra l’altro, si trova una grande tela di Garau.

Da qui, l’idea innovativa di presentare a un’asta un’altra opera che non c’è. Protagonista è, appunto, Art-Rite, una delle rare case d’aste italiane che organizza “sedute” dedicate esclusivamente alla contemporary art con opere, cioè, realizzate nell’ultimo ventennio.

La scultura immateriale dell’artista sardo, che dovrebbe essere collocata in un’abitazione privata entro uno spazio libero da qualsiasi ingombro, dalle dimensioni di circa cm. 150 x 150, era stimata 6.000/9.000 euro. Dopo una strenua battaglia tra diversi offerenti, ha raddoppiato la base arrivando, al martello, a 12mila euro (15.000 con i diritti d’asta).

Ma cosa si aggiudica il vincitore della “battuta”? A livello fisico il certificato di garanzia, che testimonia l’archiviazione dell’opera e che rappresenta l’unico elemento visivo presente nel catalogo dove, al posto della tradizionale immagine di un dipinto o di una scultura, è riprodotto uno spazio bianco assoluto.

Qualcuno trova una somiglianza con la messa all’asta di “The first 5.000 days” di Beeple, nome d’arte di Mike Winkelmann, aggiudicata lo scorso marzo per 60 milioni di dollari.

L’opera, dotata di NFT (Tocken non fungibile), in pratica, attribuisce al proprietario, essenzialmente, solo un certificato di garanzia. Tuttavia, la differenza con Garau è sostanziale, in quanto il lavoro di quest’ultimo è del tutto invisibile e non può, quindi, essere riprodotto sulla rete.

Oltretutto, mentre l’arte digitale è molto inquinante, le opere immateriali di Garau sono a impatto ambientale zero.








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