Milano

Picasso lo straniero: la mostra al Palazzo Reale di Milano

di Federico Ughi

Una mostra-indagine a Milano racconta del rapporto complicato tra Picasso e la Francia, Paese in cui visse per settanta anni ma del quale non ebbe mai la cittadinanza

Picasso lo straniero: la mostra al Palazzo Reale di Milano

Picasso l'outsider. Picasso l'emarginato. E' difficile immaginarsi che l'artista simbolo del Novecento, e che già in vita conobbe grandissima popolarità, possa essere stato nella sua vita guardato con sospetto, diffidenza, strisciante ostilità. Eppure così è stato. Ed anzi per lunghissimo tempo nella "sua" Parigi il genio spagnolo fu di fatto straniero. Un osservato speciale. E' quanto racconta l'intrigante mostra "Picasso lo straniero", visitabile al Palazzo Reale di Milano sino al 2 febbraio del 2025. Una esposizione curata da  Annie Cohen-Solal, già autrice di un volume sullo stesso tema, con la curatela speciale di Cécile Debray, presidente del Museo Nazionale Picasso di Parigi.  E' possibile ammirare oltre novanta opere di Picasso, ma l'interesse artistico è in questa particolare circostanza affiancato dall'interesse documentaristico. Grazie alla presenza di materiale proveniente dagli archivi della Polizia francese. Ed in particolare del dossier aperto dalle forze dell'ordine parigine già nel 1901 nei confronti dell'irrequieto talento catalano, all'epoca ventenne in Francia  senza parlare una parola di francese. Sarebbe stato registrato come "Straniero n° 74.664”.


 

Una scoperta effettuata proprio da Cohen-Solal. Un fascicolo non privo di conseguenze. Anzi. Sarebbe stato sulla scia di quel faldone che nel 1940, addirittura quattro decenni dopo, che a Picasso fu risposto di no alla richiesta di essere naturalizzato francese, che l'artista aveva avanzato per avere protezione rispetto alla sua posizione critica nei confronti del regime franchista, immortalata per sempre nel capolavoro "Guernica". Rifiuto figlio della miopia del (coerentissimo, va riconosciuto) bureau francese. E che il catalano decise infine di trasformare in una sorta di medaglia d'onore. Quando dopo la seconda guerra mondiale, ormai artista universalmente acclamato, fu proprio lui a rifiutare la proposta di cittadinanza "riparatoria" da parte di De Gaulle. Si era del resto ormai iscritto al Partito comunista dichiarandosi cittadino del mondo. Straniero in Francia. Dalla quale tuttavia non se ne andrà mai. Abbandonando Parigi ma abbracciando la Provenza sino alla fine dei suoi giorni, nel 1973.


 

Picasso straniero in Francia: le opere della giovinezza e la diffidenza delle istituzioni

E di questa alterità di Picasso rispetto al Paese in cui pure scelse di vivere la gran parte della sua esistenza la mostra milanese si propone di far emergere le tracce presenti nella produzione dell'artista. Tracce che si intrecciano inevitabilmente con la sua biografia. E' così ad esempio già per un'opera del 1901, "La mort de Casagemas", che rappresenta in modo intimo ma crudo la dipartita dell'amico pittore, colui con il quale compì il primo viaggio a Parigi e che si tolse la vita per l'amore non corrisposto di Germaine Pichot. Un'opera intensissima che diede avvio al periodo blu di Picasso. A breve guardato con sospetto perchè poi coinquilino dell'anarchico Max Jacob (e questo è il movente per l'apertura del fascicolo a suo carico), le sue opere furono costantemente rifiutate dall'Academie poichè troppo avanguardiste. L'autore di dipinti fondamentali per la storia dell'arte contemporanea (e così intimamente francesi) come le celeberrime "Demoiselles d'Avignon" si radicalizzò ed esplorò frontiere inaudite con il cubismo.


 

Ma la sua stretta affiliazione a Daniel Henry Kahnweiler, mercante tedesco, non lo agevolò nei circoli culturali parigini mentre la vecchia Europa inesorabilmente sprofondava nell'orrore della prima guerra mondiale. Che Picasso non avrebbe combattuto, al contrario di moltissimi giovani francesi che non faranno più ritorno a casa. Una "colpa" che fu messa nero su bianco sul dossier, e che rifletteva anche la diffidenza ancora esistente verso la sua rivoluzionaria arte: “Non ha prestato servizio militare nel nostro paese durante il conflitto nel 1914”, è “pittore sedicente moderno”, fa “apologia dei Soviet”, è “anarchico sorvegliato dalla prefettura” e  “parla malissimo il francese, a malapena riesce a farsi capire”, si legge. Non solo: nell'ottobre del 1914, a esecuzione di una circolare ministeriale, le settecento opere cubiste di Picasso custodite nei magazzini del tedesco Khanweiler furono confiscate. E per oltre trenta anni nei musei francesi non fu così più quasi praticamente possibile imbattersi in lavori del maestro spagnolo.

Gli ultimi anni di Picasso nel sud della Francia

"I mendicanti ciechi" è una delle emblematiche opere in cui Picasso rappresenta una Parigi aliena ed alienante. Il complicato rapporto con la Ville Lumiere non si distese nemmeno al termine del conflitto. E' alla luce di questa tensione non risolta che va allora interpretato l'avvicinamento dell'artista agli impresari dei balletti russi. E mentre la fama di Picasso ormai varcava anche l'oceano garantendogli grande successo e popolarità negli Stati Uniti, il Louvre continuava a respingere i suoi lavori. La pace sarebbe scoppiata solo dopo la fine della seconda guerra mondiale, ma alle condizioni di Picasso. Che si ritirò sulle coste assolate del sud del Paese, dove la luce di Cannes e Antibes infuse forza e calore ad alcune delle opere più suggestive della sua maturità.


 

Ma anche dopo la sua scomparsa, il rapporto tra Picasso e la Francia fu a suo modo del tutto peculiare. Come noto finalmente nel 1985, a dodici anni dalla morte, gli fu intitolato un Museo nazionale, con 200 dipinti, 150 sculture, ceramiche e migliaia di disegni. Un lascito degli eredi, ma anche - e molto prosaicamente - il modo con cui i famigliari si accordarono con lo Stato per saldare le imposte di successione attraverso la cessione di opere d'arte. A testimonianza di una relazione vissuta sino in fondo da parte francese con estremo pragmatismo nei confronti di un gigante dell'arte contemporanea. Per settanta anni in Francia, ma da straniero.  







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