Milano
Pinocchio/Expo, quel varco abusivo dentro le nostre paure (e i nostri istinti)
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C’era una volta un Paese che, giorno dopo giorno, lavorava per cercare di realizzare le proprie paure. Hai paura di un attentato? Creiamo doppi o tripli sistemi di sicurezza e poi un modo comodo per aggirarli. Hai paura di rimanere intossicato? Prima creiamo i dop, doc, cip ciop etc etc, e poi facciamo in modo che si possano stoccare, come è successo in Sicilia, tonnellate di carne avariata che poi finivano in macelleria come se nulla fosse. Tuttavia, nel Pinocchio di oggi la storiella riguarda, e come potrebbe essere diversamente, l’Expo. Il Corriere della Sera ha scoperto che a 200 metri dal varco principale, dove passano tutti gli operai, previ controlli, ce ne è un altro dove passano gli operai abusivi, quelli in nero. Un po’ come all’ortomercato, dove però si deve anche fare la fatica di scavalcare un muro. Qui, invece, si entra comodamente e senza controlli. Dal che ne deriva che sul sito Expo ci sono aziende che usano manodopera in nero. E dove sono finiti i protocolli legalità di Cantone e quelli di sicurezza che hanno portato qualcuno a dire che Expo è un successo perché non c’è stata neppure una morte bianca? Ma soprattutto, dov’è la sicurezza del sito sbandierata da Sala e da Maroni? E se uno di quegli operai fosse un pericoloso terrorista che ha già piazzato una bella bomba in un padiglione, pronta per esplodere il primo maggio, o il primo giugno, o quando ne hanno voglia? Quel varco è la nostra ignoranza, la nostra avidità, il nostro irrimediabile istinto di fregare l’altro. Per risparmiare qualche euro sui lavori, si usa il lavoro nero. E ci si espone a questi problemi gravissimi e - ormai - irrisolvibili. Perché questo è un paese di navigatori, ma soprattutto di Santi. Sarà perché pregare è l’unica cosa che ci rimane da fare.