Milano

Pinocchio/Pisapia e Bruti Liberati, finire di un'era o di una tregua?

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C’era una volta un Paese nel quale ci si poteva aspettare, sempre, necessariamente, il peggio. Malgrado le belle giornate, devo ammettere, non sono molto ottimista sullo stato di salute della nostra bella Milano. Sarà un’impressione, ma la sensazione è che quello che potrebbe essere un inizio di percorso di sviluppo, la ripresa di una città, si potrebbe tramutare pericolosamente in una tregua in una guerra infinita. Insomma, una parentesi. Mettiamo insieme alcuni dati. Il primo è politico: con l’abdicazione di Giuliano Pisapia viene a chiudersi necessariamente, in quello stesso istante, un progetto politico. Mi sono sempre chiesto come fa ad illudersi qualcuno che il progetto Pisapia possa andare avanti senza Pisapia. Forse sarà per questo che con un realismo ultracinico, ma che comunque apprezzo, Franco D’Alfonso disse che Pisapia aveva di fronte due scelte: essere Draghi (nel senso di Mario) o Schettino. Perché la sua decisione, non condivisa e non prevista, almeno in quei tempi, ha condotto necessariamente la nave vicino agli scogli. Difficile potergli levare questa responsabilità. Il punto, adesso, è che cosa fare. Il secondo elemento che mi fa riflettere è la sfida in Procura. Dipende molto, da chi guiderà il Palazzo di Giustizia dopo Bruti Liberati, anche la politica. Davvero c’è stata una pace legata all’Expo? E adesso che cosa succederà? La speranza è che non si torni indietro di colpo, agli anni bui di Tangentopoli (termine coniato dal giornalista Colaprico) e a quelle atmosfere da manager calibro 9, il libro che lo stesso Colaprico scrisse con Luca Fazzo ai tempi in cui erano una coppia formidabile di cronisti e raccontarono la malavita vista da dentro nella Milano in cui, anni dopo, qualcuno avrebbe ancora osato dire che “la mafia non c’è”. Anche se, ammettiamolo, sarebbe di grande conforto sentirselo dire ancora. Sentirsi dire, finalmente, che l’aria à definitivamente cambiata e che non si tratta di una parentesi.







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