Milano

Pio Albergo Trivulzio, prime audizioni: velate minacce e mascherine in ritardo

In base ai racconti le mascherine per proteggere il personale e gli anziani ospiti sarebbero arrivati oltre un mese dopo lo scoppio dell'epidemia in Lombardia

Pio Albergo Trivulzio, prime audizioni: velate minacce e mascherine in ritardo

Sono iniziate alcune delle audizioni previste oggi di medici, infermieri e parenti delle persone decedute nell'ambito dell'inchiesta sul Pio Albergo Trivulzio condotta dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dai pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi. Le persone informate sui fatti vengono sentite in videoconferenza. L'indagine ipotizza i reati di omicidio colposo ed epidemia colposa in relazione a presunte lacune nei protocolli di sicurezza e prevenzione del contagio del coronavirus. Da inizio marzo a poco prima di Pasqua sono 200 le persone che hanno perso la vita nella storica casa di riposo milanese, molto con sintomi da coronavirus. Solo in alcuni casi l'infeezione e' stata accertata dai tamponi che sono iniziati negli ultimi giorni. 

"Ci minacciavano se usavamo le mascherine, non dovevamo spaventare i pazienti", dicono alcuni infermieri e operatori. Secondo l'ANSA, stando ai racconti dei lavoratori e ad una lettera di diffida che era stata inviata dai sindacati Cisl-Cgil ai vertici della struttura (tra cui il dg Giuseppe Calicchio, indagato per epidemia e omicidio colposi) gli operatori avrebbero ricevuto le mascherine per proteggere loro stessi e gli anziani ospiti oltre un mese dopo lo scoppio dell'epidemia in Lombardia, il 23 marzo scorso. E gli stessi sindacati avevano parlato delle "velate minacce" agli operatori. Anche tra lo stesso personale del Trivulzio, pero', in questi giorni sono volate accuse incrociate tra chi difende i vertici e chi li accusa, come hanno fatto molti familiari degli anziani con le loro denunce. Sempre in base a quanto riferito dall'ANSA, il Trivulzio in un documento scrive che gia' "dal 22 febbraio" inizio' a isolare i pazienti con sintomi, anche se non poteva fare tamponi perche' riservati solo "agli ospedali", e che ha sempre fornito le mascherine pur nelle difficolta' di "approvvigionamento". Nel frattempo, si indaga anche sul ricovero di pazienti con polmoniti gia' da gennaio nel reparto di degenza geriatrica 'Pringe' del Pat, altro fattore che potrebbe aver alimentato i contagi, oltre che sui noti trasferimenti di pazienti Covid nelle altre Rsa sulla base delle delibera regionale dell'8 marzo. Il Trivulzio fece da centrale di smistamento di quei malati, un "servizio", si legge in un documento del 14 marzo, che svolgeva per conto della "Unita' di crisi di Regione Lombardia".

"Stanno continuando a trasferire i pazienti da un reparto all'altro, senza aver fatto nemmeno i tamponi, lo fanno la sera di nascosto, gli anziani continuano a morire, la situazione non e' migliorata". E' il racconto all'ANSA di un'operatrice sociosanitaria che da "31 anni" lavora al Pio Albergo Trivulzio di Milano. "La prima mascherina nel mio reparto si e' vista il 22 marzo", ha aggiunto, spiegando che lei "il 12 marzo chiese di averne una, ma a me come ad altre colleghe che le avevano portate da casa venne intimato dalla caposala di non usarle". Sempre secondo quanto riportato dall'ANSA, questo "trasferimento di pazienti, che dovrebbero rimanere isolati dove sono, da reparto a reparto, senza tamponi", stando al racconto dell'operatrice (e' in corso la raccolta di testimonianze da parte degli investigatori nell'inchiesta), "e' avvenuto anche venerdi' scorso, di sera, quando ci sono solo i turnisti". L'operatrice ha raccontato di aver chiesto la prima volta alla caposala di avere una mascherina "il 12 marzo, ma lei si e' infuriata, io le ho detto che non potevo lavorare a contatto con gli ospiti senza, perche' avrei potuto portare anche io il virus a loro, ma mi e' stato detto che cosi' facendo avrei tolto una mascherina a chi davvero doveva usarla". E ancora: "per spaventarmi mi ha anche detto che avrebbe segnalato la cosa al direttore generale". Sempre stando al suo racconto, "hanno iniziato a misurare la temperatura ai dipendenti solo a fine marzo, c'era un termometro per reparto, io me lo portavo da casa". La donna ha spiegato che sia gli operatori che gli infermieri si erano accorti "che stavano nascondendo la gravita' della situazione, noi capivamo che quelle non erano polmoniti normali, nel mio reparto il primo paziente per questa polmonite e' morto il primo febbraio, poi piano piano si sono ammalati altri anziani e anche miei colleghi". Ora lei da poco e' in quarantena, "ci dovro' rimanere fino a meta' maggio, ho dei sintomi, una mia collega da venerdi' e' in rianimazione". Nei raparti, ha spiegato ancora, "hanno anche ridotto il personale, ora ci si trova anche da soli la notte con 18-19 ospiti, racconto queste cose perche' voglio che vengano salvate le vite degli ospiti rimasti e dei miei colleghi". 

Nel frattempo si apprende che è in corso un'ispezione dei carabinieri del Nas all'Istituto Frisia di Merate (Lecco), residenza per anziani che fa capo al Pio Albergo Trivulzio di Milano. Da quanto si e' appreso, i militari stanno acquisendo documentazione. Oggi proseguono anche i controlli, come avvenuto nei giorni scorsi, del Nucleo antisofisticazione e sanita' di Milano, in Rsa di diverse province lombarde. Vanno infatti avanti col ritmo di 10 al giorno le ispezioni nelle Rsa lombarde per verificare l'operato durante l'emergenza coronavirus. I carabinieri dei Nas - guidati dal tenente colonnello Salvatore Pignatelli - stanno passando al setaccio tutta la documentazione che riguarda le direttive impartite dalla Regione e di conseguenza l'organizzazione delle case di cura, dove molti anziani sono morti anche senza ricevere il tampone. Tra le province interessate, oltre a Milano, anche Monza e Varese.

I familiari contro il "silenzio delle istituzioni"

"C'e' un silenzio assordante da parte delle istituzioni, a partire dalla Regione Lombardia, responsabile della gestione sanitaria". Lo denuncia in una nota il Comitato Giustizia e Verita' per le vittime del Pio Albergo Trivulzio, tramite il rappresentante Alessandro Azzoni. "Le testimonianze che stiamo raccogliendo dai parenti degli ospiti sono allarmanti. E' in gioco la vita di persone fragili e indifese. Chi ha reali intenzioni di salvarle?", si chiedono i parenti degli ospiti della Baggina. Che proseguono con un appello: "Rivolgiamo questo appello alla politica e alla dirigenza del Pio Albergo Trivulzio. Attendiamo risposte immediate, il tempo per salvare i nostri cari e' ormai scaduto".

Il Comitato Giustizia e Verità: "200 anziani morti su mille degenti"

"La situazione al Trivulzio e' molto critica. Dalle informazioni non ufficiali che abbiamo raccolto da inizio marzo sono circa 200 gli anziani deceduti su mille degenti, circa 200 sono quelli positivi al Covid-19". Lo segnala in una nota il Comitato Giustizia e Verita' per le vittime del Pio Albergo Trivulzio, tramite il rappresentante Alessandro Azzoni. "Il personale e' fortemente sotto organico, su 1.100 operatori sanitari quasi 300 sono a casa in malattia". "Bisogna intervenire subito per salvare le vite dei nostri genitori e dei nostri nonni", invoca il Comitato. "Siamo preoccupati anche per il personale sanitario costretto a lavorare con turni massacranti"

Sospesi dal servizio i lavoratori che denunciarono i presunti illeciti al Don Gnocchi

Alcuni lavoratori della Ampast Plast Coop che hanno denunciato presunti illeciti alla procura di Milano nella gestione dell'emergenza coronavirus da parte della Fondazione Don Gnocchi sono stati "cautelativamente sospesi dal servizio". Nella lettera con cui viene loro comunicato il provvedimento, firmata da Ndiaye Papa Waly, indagato in qualita' di legale rappresentante della cooperativa sociale, e' scritto che, in seguito alle interviste in cui denunciavano la committente di avere leso la loro incolumita', la Fondazione ha esercitato il "diritto di non gradimento". "Fermo restando il diritto di tutelare i suoi diritti - si legge in una di queste raccomandate che l'AGI ha potuto visionare - nonche' il diritto dell'azienda a difendersi si reputa che la scelta di divulgare le accuse prima ancora che si instauri, sempre che si instauri, un procedimento, lede l'immagine dell'azienda e della committenza, oltre che minare il rapporto fiduciario e mettere a rischio l'azienda nel rapporto col committente". I lavoratori vengono quindi invitati a "produrre giustificazioni entro il termine di cinque giorni".

Ampast si riserva l'adozione di provvedimenti, "non esclusi quelli di natura disciplinare, all'esito delle giustificazioni o in difetto di loro tempestivo inoltro". Il legale dei lavoratori, avvocato Romolo Reboa, afferma che la lettera "e' stata consegnata fisicamente ai lavoratori in servizio e verra' probabilmente data anche a tutti gli altri denuncianti", in tutto sono 18, secondo i quali all'interno della casa di riposo sarebbe stato impedito agli operatori sanitari di indossare le mascherine per "non creare allarmismo". La procura indaga per il reato di 'epidemia colposa' anche la direttrice sanitaria della Fondazione, Federica Tartarone e il direttore dell'Istituto Palazzolo Don Gnocchi, Antonio Dennis Troisi. La Fondazione ha sempre respinto le accuse, sostenendo di avere messo a disposizione i dispositivi di protezione individuale ai lavoratori.

La replica della Don Gnocchi

 Fondazione Don Gnocchi precisa "di aver legittimamente esercitato il proprio diritto contrattuale di "non gradimento nei confronti della Cooperativa Ampast, ritenendo la presenza di alcuni loro lavoratori all'interno della struttura incompatibile e inopportuna dopo che gli stessi, a mezzo stampa e televisione, avevano espresso giudizi gravi e calunniosi, tali da ledere il rapporto fiduciario con la Fondazione". Lo scrive in una nota la Fondazione dopo la notizia della sospensione cautelare dei 16 lavoratori della coop che avevano denunciati ai media e in procura presunti illeciti nella gestione dell'emergenza coronavirus. "La Cooperativa, in qualita' di datore di lavoro, - prosegue - anche a sua propria tutela, ha autonomamente ritenuto di avviare l'iter di contestazione disciplinare, secondo quanto normativamente previsto"

 







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