Milano

"Politica, cultura imprese, economia: il declino dell'Europa". Intervista a Dallocchio (Bocconi)

Maurizio Dallocchio: "Debito comune europeo imprescindibile perchè l'Europa torni ad avere un ruolo rilevante sotto il profilo culturale, economico e sociale"

Alessandro Pedrini

"Politica, cultura imprese, economia: il declino dell'Europa". Intervista a Dallocchio (Bocconi)


L’Europa sta perdendo peso economico, politico e culturale. Alla Direzione nazionale di Meritocrazia Italia a Firenze, Maurizio Dallocchio (Bocconi) ha analizzato il declino del PIL, il crollo delle imprese quotate e l’irrilevanza delle banche globali. Per rilanciare la competitività servono investimenti in tecnologia, fiscalità omogenea e debito comune. Ma l’Italia, con la sua alta pressione fiscale, riuscirà a tenere il passo? Oltre alla crisi economica, Dallocchio evidenzia ad affaritaliani.it il rischio di declino culturale, aggravato dalla mancanza di una politica comune per innovazione e industrie creative. L'intervista

Professor Dallocchio, qual è la sua analisi sulla situazione economica e finanziaria dell'Europa?

Credo che, sotto il profilo geo-culturale, un'enfasi forte sul consesso europeo sia strettamente necessaria. Stiamo perdendo culturalmente un ruolo che il nostro contesto geografico-politico ha sempre avuto. Se guardiamo ai numeri, il valore delle nostre imprese in relazione al totale delle imprese mondiali non è solo sceso, è crollato in modo ingiustificato. Se confrontiamo il 2005 con il 2024, vediamo che il prodotto interno lordo dell'Europa è passato dal 35% del totale mondiale al 20%. Anche il peso delle società quotate è diminuito drasticamente, passando dal 35% del totale a meno del 15%.

Qual è il ruolo attuale delle banche europee nel panorama mondiale?

Le banche europee, nel contesto globale, sono irrilevanti. La prima banca europea per capitalizzazione è oltre la ventesima posizione mondiale. Nelle prime dieci, troviamo quattro banche americane, quattro cinesi, una britannica e una giapponese. Nessuna è europea. Tuttavia, per finanziare le imprese europee, le banche del nostro continente sono ancora fondamentali. Il 75% del debito delle imprese europee è bancario, mentre solo il 25% proviene dai mercati e dall'emissione di titoli obbligazionari. Questo ci espone a rischi significativi e ci rende vulnerabili sotto il profilo economico.

Quali sono i settori più rilevanti oggi nel mercato globale?

Oggi c'è una fortissima concentrazione geopolitica tra le maggiori imprese del mondo. Tra le prime otto per capitalizzazione di borsa, sette sono statunitensi e l'ottava è saudita, operante nel settore petrolifero. L'azienda con la maggiore capitalizzazione, pari a 3.600 miliardi di dollari, è una società tecnologica. Nel 2005, le prime otto società per capitalizzazione erano distribuite tra sei settori diversi: farmaceutico, grande distribuzione, bancario, oil & gas e tecnologie. Oggi il settore dominante è praticamente uno solo: la tecnologia. Questa trasformazione è il segnale di un cambiamento strutturale del sistema economico globale, in cui l'Europa fatica a tenere il passo.

Quanto pesa la concentrazione del capitale nelle grandi aziende?

Le prime cinque società mondiali per capitalizzazione di borsa valgono il 30% dell'intero mercato globale. Nvidia, una delle principali aziende legate all'intelligenza artificiale, da sola pesa 1,6 volte l'intera borsa tedesca. Un altro aspetto preoccupante è la concentrazione proprietaria: nel 2005 nessun azionista delle grandi imprese deteneva più del 7-9% del capitale. Oggi, le prime otto società per capitalizzazione si rifanno al nome di un unico padrone. Questo ha un impatto straordinario non solo dal punto di vista economico e finanziario, ma anche sociale e culturale.

Cosa può fare l'Europa per recuperare un ruolo centrale?

Per tornare ad avere un ruolo rilevante sotto il profilo culturale, economico e sociale, è necessario adottare alcune misure strategiche. In primo luogo, un debito comune europeo è imprescindibile. Serve anche una difesa comune, il rilancio dei mercati finanziari e una fiscalità omogenea. Dobbiamo investire in tecnologie e intelligenza, sia naturale che artificiale, con una visione di lungo periodo che garantisca credibilità e sostenibilità. Questi fattori si tradurranno in un credito culturale per l'Europa nel suo complesso. Senza una strategia unitaria, l’Europa rischia di rimanere una semplice osservatrice degli equilibri economici mondiali.

Qual è la situazione fiscale dell'Italia rispetto ad altri Paesi europei?

L'Italia è un Paese che paga una valanga di tasse. Il livello di tassazione è mostruosamente superiore rispetto ad altri Paesi. La pressione fiscale elevata incide pesantemente sulla competitività delle imprese italiane e frena gli investimenti, sia interni che esteri. Un sistema più equilibrato potrebbe facilitare lo sviluppo delle aziende italiane e migliorarne la capacità di competere a livello internazionale.

Qual è la sua opinione sulla rottamazione delle cartelle esattoriali?

Va bene, ma cum grano salis. Occorre trovare un equilibrio tra il recupero delle somme dovute e il sostegno a chi è in difficoltà economica. Un intervento eccessivo in questa direzione potrebbe minare il senso di responsabilità fiscale e creare disparità con chi ha sempre rispettato gli obblighi tributari.

In conclusione, quale messaggio vuole lasciare?

Se vogliamo che l'Europa torni ad avere un ruolo di primo piano, dobbiamo prendere consapevolezza della situazione e agire con strategie di lungo periodo, investendo in tecnologia, finanza e cultura. Solo attraverso una visione comune e azioni concrete possiamo invertire la rotta e riaffermare il ruolo dell’Europa nel panorama mondiale.







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