Milano

Post Scola, cinque priorità. Soldi, cultura, vocazioni e...

Manca poco alla pensione dell’attuale arcivescovo (dimissionario) di Milano, Angelo Scola

Manca poco alla pensione dell’attuale arcivescovo (dimissionario) di Milano, Angelo Scola? A leggere quello che ha detto ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, qualche giorno fa, sembrerebbe di sì: Scola ha annunciato che si ritirerà dalle sue parti, in quel di Imberido, a fare la vita del sacerdote qualunque di parrocchia. Nel frattempo, però, egli lascia alcuni temi sui quali il suo successore dovrà attivarsi: Milano non è un’arcidiocesi qualunque da governare.

1. I soldi – La Curia milanese ha un ingente patrimonio immobiliare da amministrare e far rendere. C’è chi dice in Arcivescovado che probabilmente il successore di Scola dovrebbe tenere d’occhio questo tema, visto che si può sempre trovare il modo di farlo rendere al meglio, limitando quindi le raccolte fondi. Secondo altri, invece, questo si legherebbe alla necessità di tenere sotto controllo le spese e i conti dell’arcidiocesi.

2. Le nomine – Al momento in Curia è tutto fermo, in attesa della nomina del successore del cardinale. L’impressione generale è che la nomina ormai sia dietro l’angolo, che il decreto si stia per avvicinare. In realtà Francesco ha scelto un approccio molto imprevedibile che però, proprio per la sua imprevedibilità, rischia di mettere in una situazione di stallo tutti i lavori. E questo non è propriamente quello che ci vorrebbe. In attesa del successore, però, le nomine e gli avvicendamenti si sarebbero fermati. Niente trasferimenti di sacerdoti da una parrocchia ad un’altra, nessuna novità di rilievo negli assetti. Tutto, insomma, sembrerebbe essersi congelato fino a quando Jorge Mario Bergoglio sceglierà che cosa fare. Vedremo.

3. La linea pastorale – Qui il discorso si fa più ampio, e non è certo colpa di Scola. Ma, insomma, un ruolo ce l’ha pure lui. Quello che molti preti lamenterebbero sarebbe l’assenza di una linea pastorale dovuta anche alla breve durata dei vescovadi dopo Carlo Maria Martini, del quale per esempio ancora si ricorda la sua lettera pastorale “Alzati e va’ a Ninive”, anno 1991, sulla pastorale evangelizzatrice per Milano. E in effetti: Martini è stato a Milano dal 1980 al 2002; Dionigi Tettamanzi dal 2002 al 2011 e infine Scola poco più di 6 anni (precisamente il 28 giugno). Un po’ poco per lasciare un’orma forte. Su questo i sacerdoti dell’arcidiocesi chiederebbero al successore più incisività. Servirebbe quindi una nomina relativamente giovane.

4. Il seminario – La crisi delle vocazioni non è una cosa con cui divertirsi. La Chiesa lo sa, la situazione è difficile da almeno quarant’anni. A Milano, dicono in Curia, la (meritoria, sia detto) attività della Fraternità Sacerdotale San Carlo, realtà ciellina fondata nel 1985 dall’attuale vescovo di Reggio Emilia-Guastalla Massimo Camisasca, avrebbe “drenato” potenziali sacerdoti per il seminario di Venegono dirottandoli sulla casa di formazione (il seminario della FSSC) in quel di Roma (una seconda casa è a Santiago del Cile). Il laicato in Curia dovrebbe essere più valorizzato, con meno posti ai preti e più ai laici, si osserva all’ombra della Madunina.

5. Il ruolo culturale – Scola si è molto impegnato con la sua Fondazione Oasis, grande intuizione e struttura pensata per il dialogo interreligioso e interculturale, anche a Milano. I risultati forse non sono stati quelli attesi, ma il cardinale è uomo di cultura e ha cercato di mettercela tutta. Del resto, sin dai tempi del cardinale Ildefonso Schuster (1929-1954), passando per Giovanni Battista Montini (1954-1963) e i loro successori, la Milano bianca ha fatto cultura. Purtroppo però sembra che le istituzioni culturali cattoliche in città siano un po’ in affanno, e questa comunque è una crisi che viene da lontano. Ci si aspetta un recupero di un ruolo più trainante.

In conclusione, quello di Scola non è stato un episcopato in negativo. Ha gestito quello che si poteva gestire in Curia, superando difficoltà anche non da poco. È paragonabile, ci sembra, al cardinal Eugenio Tosi che dal 1922 al 1929 resse l’Arcidiocesi che a buon diritto è tra le più importanti del mondo. Gli si deve riconoscere che dopo la visita di Giovanni Paolo II nel 1983 a Milano, a lui è toccato accogliere due Pontefici: Benedetto XVI nel 2012 e Francesco di recente. È anche un segno – del quale essergli riconoscenti – di come la città stia recuperando un suo spazio anche a livello cattolico.

Domenico Cameccia







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