Procreazione assistita, giudice "obbliga" la Mangiagalli a test preimpianto
Vittoria in tribunale a Milano per una coppia in cui l'uomo è affetto da una malattia genetica: impiantati in utero solo gli embrioni che risulteranno sani
Clinica Mangiagalli di Milano condannata dal giudice Martina Flamini a effettuare l'esame preimpianto sugli embrioni di una coppia nella quale l'uomo è affetto da una malattia genetica. E' diritto della coppia, stabilisce la sentenza, conoscere se anche il figlio avrà la stessa malattia del padre, l'esostosi, che provoca l'insorgere di tumori alle ossa e comporta decine di interventi chirurgici. Non solo: la sentenza impone alla Mangiagalli il trasferimento in utero dei soli embrioni sani o portatori sani.
La coppia ha deciso di ricorrere alla fecondazione assistita ed è in causa dal 2014, da quando cioè la clinica milanese ha rifiutato di ricorrere alla diagnosi preimpianto obiettando di non avere i macchinari necessari. Ora il giudice stabilisce che, se la Mangiagalli non ha la strumentazione necessaria, spetterà alla sanità pubblica "erogare tale prestazione". Sulla scia di una sentenza della Corte costituzionale, la Mangiagalli ha recentemente avviato gli esami preimpianto, ma solo per alcune malattie: emofilia, fibrosi cistica e talassemia.
Dichiara l’avvocato Gianni Baldini, membro di Giunta dell’Associazione Luca Coscioni nonché legale della coppia protagonista del “Caso Mangiagalli”: “Questo Dimostra come la PGD (Diagnosi Genetica Preimpianto) su malattie gravi rappresenti una prestazione essenziale di assistenza. In altri termini, in linea con la sent. 96/15 della Corte Cost., vi è un criterio omogeneo di gravità della patologia, dell'embrione (ex legge 40/04) come del feto 8 (ex legge 194/78), in forza del quale a tutela della salute della donna sussiste la pretesa ad effettuare la diagnosi genetica sull'embrione prima per evitare un aborto terapeutico del feto dopo. Concedere alla donna una tale possibilità non può rientrare nella discrezionalità dell'azienda sanitaria, essendo parte del diritto soggettivo alla procreazione cosciente e responsabile per il quale non può sussistere differenza tra riproduzione naturale o medicalmente assista."
Nei giorni scorsi l’Associazione Luca Coscioni ha annunciato la nascita di tre bambini che non sarebbero mai nati senza l'applicazione delle indagini preimpianto. Figli di una coppia infertile - che poteva accedere alla PGD ma che trovava strutture come la Mangiagalli che non erogava quel tipo di indagine - e coppie fertili ma con problemi cromosomici e genetici, ai quali la strada della diagnosi preimpianto era vietata perché non erano infertili, quindi non avevano i requisiti per accedere alla fecondazione assistita. Negare l’analisi genetica in passato ha significato imporre aborti, malattie o rinunce al concepire nuova vita. Negare la libertà di scegliere alla fine della vita significa più accanimento, più eutanasia clandestina e più suicidi della disperazione.
Infatti, - scrive l'Associazione Coscioni - questi bambini non sarebbero mai nati se una legge da loro fortemente voluta e ottenuta dai loro genitori insieme all'Avvocato Filomena Gallo dell'Associazione Luca Coscioni non avesse fatto a pezzi le precedenti limitazioni della Legge 40, che li avrebbe obbligati all’alternativa tra rischiare un aborto e rischiare di trasmettere la propria malattia al figlio.
“Oggi una nuova decisione afferma diritti riconosciuti dalle Corti, ma disconosciuti dalla politica – la dichiarazione dell’Avv.Filomena Gallo, Segretario dell’Associazione Luca Coscioni -. Continueremo in ogni sede ad affermare libertà e diritti delle persone, ma la politica deve prendere atto della sconfitta reale di strategie proibizioniste che non appartengono più a questo tempo. Esiste un tempo - quello attuale - per prendere atto di tutto ciò e iniziare ad affermare pienamente il diritto alla scienza, alla salute, alla prevenzione, all'uguaglianza in un Paese democratico.”
Continua l'avv. Filomena Gallo: “La decisione odierna, inoltre, conferma quanto già stabilito dalla decisione del tribunale di Cagliari del 2012, e cioè che se una struttura è autorizzata ad eseguire tecniche di procreazione medicalmente assistita non può non fornire le informazioni sullo stato di salute dell'embrione prima del trasferimento in utero (art. 14 c.5 l.40/04). In assenza di struttura adeguata, l'azienda ospedaliera stipulerà convenzioni esterne come avviene per le altre specialistiche. Spiace tuttavia rilevare che il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha escluso la diagnosi preimpianto e le indagini genetiche dall'aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza. Nuovamente assistiamo a discriminazioni nell'accesso alle indagini diagnostiche. Equità nell'accesso alle cure significa avere un Servizio Sanitario che non discrimini in base alle patologie. Le coppie che non hanno la possibilità economiche per accedere alla PGD dovranno rinunciare o seguire il difficile percorso di una interruzione di gravidanza. Per questo motivo come già annunciato nei giorni scorsi con alcune coppie staimo procedendo ad impugnare i LEA nella parte in cui non prevedono la pgd e i test genetici a carico delle prestazioni erogabili dal SSn”