Milano

Puccini visto dal balcone di Palazzo Venezi, lo show su Rai 3

Un momento di svolta nella storia sociale e politica d'Italia

Di Francesco Bogliari

Puccini visto dal balcone di Palazzo Venezi, lo show su Rai 3

Viva Puccini” andato in onda la sera del 1^ gennaio su Rai 3 segna un momento di svolta nella storia sociale e politica d'Italia. È la presa del potere culturale da parte della destra meloniana, che ha espugnato la terza rete Rai come i bolscevichi espugnarono il Palazzo d'Inverno nel 1917 (senza fucili e cannoni, per carità, gli Atreju Boys&Girls mica sono feroci comunisti).

Nell'anteprima un imitatore ha impersonato Corrado Augias – icona e portabandiera culturale della “sinistra al caviale” - che uscendo sbeffeggiato fra strepiti e proteste ha lasciato il posto, anzi il podio, alla stella nascente del meraviglioso mondo di Melonia: la bella direttrice, anzi “Direttore” d'orchestra Beatrice Venezi, dalle braccia tornite e dalle lunghissime chiome bionde.

La musicista lucchese, concittadina del grande compositore, figlia di un dirigente di Forza Nuova, cresciuta in quell'humus politico di cui ha sempre orgogliosamente rivendicato l'appartenenza (e questa coerenza le fa oggettivamente onore), fino a pochi anni fa non era riuscita a emergere perché – a suo parere - discriminata in quando donna e di destra. Poi, dopo la nascita del Regno di Atreju, ha seguito il destino della sua “conducatrix maxima” Giorgia Meloni che da underdog è diventata Regina.

Da allora incarichi pubblici di rilievo (consulente del ministero della Cultura, nominata – lei sì effettivamente - da Gennaro Sangiuliano prima di diventare ex ministro) e incarichi direttoriali numerosi anche se di non ancora primissimo livello (cioè, mai impugnata la bacchetta alla Scala di Milano, all'Opera di Roma, alla Bayerisches di Monaco, alla Staatsoper di Vienna, al Covent Garden di Londra, all'Opéra di Parigi, al Met di New York ecc.), ma se avete pazienza arriveranno anche quelli, prima o poi; dipende solo dalla tenuta e dalla durata del Regno di Atreju. E a quel punto la Grande Crociata avrà riconquistato definitivamente la sua Gerusalemme.

La contaminazione lirica-pop

Una tappa decisiva di questo percorso è stata raggiunta ieri sera. Uno spettacolo nato con il dichiarato obiettivo di avvicinare il grande pubblico all'opera lirica. Intento lodevole in sé, ma fatto con mezzi artistici che definire scadenti è fin troppo generoso.

Una co-conduttrice come Bianca Guaccero la dice già lunga sullo stile della serata, caratterizzata da una compilation di arie d'opera (cantate peraltro da cantanti mediocri, salvo Carmen Giannattasio che è una buona professionista ma - come si dice - non è la Callas), intramezzate da lezioncine di esperti (brevi eh, mica i pipponi di Augias!) e da incoerenti brani di musica leggera o di musical o di film, messi in scaletta per una qualche minima assonanza con arie pucciniane. E poi contaminazioni, come l'ingresso di un chitarrista rock anni '70 a completare la frase finale del “Nessun Dorma”, con tanto di confusa spiegazione alla fine.

Non è la prima volta che si cerca la contaminazione col pop per conquistare all'opera lirica il pubblico giovane: ci provarono i Tre Tenori, ma vivaddio si chiamavano Domingo, Pavarotti e Carreras, cioè dei padreterni, e sul podio c'era Zubin Metha, un altro padreterno. Poi un Pavarotti in declino si buttò sulla “contamination” spinta dei Pavarotti & Friends, che gli portò grande popolarità planetaria, gonfiò all'inverosimile i suoi conti in banca ma lo rese un ex cantante lirico, un corpo estraneo al mondo di cui era stato re e signore per tanti anni.

Sarà una sensazione personale, non corroborata da dati scientifici, ma non ci sembra che alla lirica, quella vera, sia arrivato nuovo pubblico da questi esperimenti di brand extension, come direbbero alla Harvard Business School.

Uno spettacolo kitsch

Tornando al “Viva Puccini” di Rai 3 (sì, proprio Rai3 – l’ex Tele Kabul - hanno scelto per consumare la vendetta covata e preparata a lungo), si è trattato di uno spettacolo kitsch, sgangherato dal punto di vista della struttura e della scrittura autoriale, con certi passaggi che possono essere definiti delle vere e proprie “tamarrate”.

In estrema sintesi, uno spettacolo brutto e sciatto. Ma il vostro cronista non fa testo, appartiene al partito culturale dello zero virgola, è un intellettuale da ztl. Negli ultimi anni ha ascoltato dal vivo direttori – citandone solo alcuni in ordine sparso - come Haitink, Blomstedt, Mehta, Jarvi, Currentzis, Gergiev, Baremboim, Nelsons, Chung, Ivan Fisher, Mariotti, Petrenko, Chailly, Gatti, l'emergente Tjeknavorian. Diciamo che la giovane Bellicapelli lucchese ne ha da mangiare ancora di pastasciutta... parafrasando quanto dissero Chiellini e Bonucci agli inglesi dopo averli sconfitti nella finale degli Europei di calcio 2021.

Vedremo domani i dati auditel: se saranno bassi ci diranno che “non è ancora giunta la loro ora” (ma comunque siamo vicini), se saranno medio-alti o alti confermeranno che la lunga traversata del deserto dei Meloni Boys&Girls è arrivata alla sua meta: l'egemonia culturale. E con questo seppelliamo definitivamente Gramsci (Gramsci chi?).

La strada è segnata. Citando a memoria il critico musicale Alberto Mattioli, il problema non è che Beatrice Venezi sia fascista (von Karajan si iscrisse al partito nazista a metà degli anni ’30, ma era von Karajan): il problema è che è una musicista di livello modesto (almeno per adesso; se vorrà dedicare un po’ di tempo anche allo studio magari migliorerà), come ce ne sono tante/i in giro, la cui fulminante carriera degli ultimi tempi è dovuta inequivocabilmente a criteri di appartenenza anziché a meriti artistici. Dopo l’amichettismo di sinistra siamo entrati nell’epoca dell’amichettismo di destra. Comunque sia, il finto Augias è stato portato via dal palco, irriso e preso per i fondelli. Non si fa così. Ma l'hanno fatto.







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