Milano

Ramy, la perizia scagiona i carabinieri: "Nessun urto iniziale tra la Giulietta e il motorino"

La perizia dell'ingegner Romaniello smentisce l’ipotesi avanzata nel report della Polizia locale di Milano: "Inseguimento di otto minuti, poi la sconsiderata manovra finale di Bouzidi"

di redazione

Ramy, la perizia: "Nessun urto iniziale tra l’auto dei carabinieri e il motorino"

Non ci sarebbe stato alcun urto "iniziale" tra l'Alfa Romeo Giulietta dei carabinieri e il motorino su cui viaggiavano Ramy Elgaml e Fares Bouzidi. È quanto emerge dalla perizia dell'ingegnere Domenico Romaniello, che smentisce l’ipotesi avanzata nel report della Polizia Locale di Milano. "L’attenta analisi e il confronto dei video delle telecamere comunali tra le vie Ripamonti, Quaranta e Solaroli dimostrano che non è possibile che sia avvenuto alcun contatto preliminare tra i due mezzi nella zona non coperta dalle telecamere", si legge nel documento.

La perizia, un dossier di 166 pagine, ricostruisce la dinamica dell’incidente e attribuisce precise responsabilità al conducente del motociclo, Fares Bouzidi. "Opponendosi all’Alt dei carabinieri, ha dato avvio a un inseguimento anomalo e ad altissima velocità lungo la viabilità urbana, guidando in modo estremamente pericoloso: attraversando incroci con il semaforo rosso, sfiorando veicoli in transito con rischio di collisioni, percorrendo tratti in contromano e affrontando curve alla cieca durante la notte".

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"Otto minuti di inseguimento, poi la sconsiderata manovra finale di Bouzidi"

Secondo l’analisi tecnica, l’inseguimento è durato circa otto minuti, un tempo eccezionalmente lungo per una situazione di emergenza in un contesto cittadino. La conclusione della perizia evidenzia come "il prolungato stato di tensione, il decadimento della concentrazione e l’affaticamento cognitivo abbiano contribuito alla sconsiderata manovra finale del conducente del motoveicolo, che ha effettuato un cambio di traiettoria imprevisto, interponendosi sulla corsia dell’autovettura con conseguenze tragiche".

Le conclusioni della perizia potrebbero avere un peso significativo nella ricostruzione giudiziaria dell’incidente.

I tre motivi per cui secondo il perito non ci fu urto

Sono tre le motivazioni addotte da Romaniello per chiarire perche' non ci fu urto. "La prima motivazione, circa l'impossibilita' di un contatto lungo via Ripamonti, prima dell'intersezione con via Quaranta, e' connessa alla mancata perfetta corrispondenza dei punti di contatto dei danni rilevati sui due veicoli nel caso di accostamento longitudinale degli stessi (...).La seconda motivazione circa l'impossibilita' di un contatto lungo via Ripamonti, prima dell'intersezione con via Quaranta, e' connessa al pieno controllo del motoveicolo da parte del conducente in ingresso nell'area dell'intersezione. La terza motivazione, circa l'impossibilita' di un contatto lungo via Ripamonti, prima dell'ingresso nell'intersezione, e' connessa alle velocita' di marcia rilevate in entrata e in uscita dalle due sezioni prese quali riferimento dallo scrivente e alle rispettive interdistanze tra i due veicoli".

"Non vi sono dubbi che Ramy poi fu investito dalla Giulietta"

Ramy venne investito dalla 'Giulietta' guidata dal carabiniere che lo insegui' per otto km per le strade di Milano. E' scritto nella perizia cinematica firmata da Domenico Romaniello: "Se non vi sono dubbi circa il fatto che il corpo del trasportato sia stato investito dall'autovettura Giulietta e tale circostanza e' chiaramente confermata dalle plurime lesioni connesse a una modalita' contusiva "da compressione" da parte di una superficie ampia e resistente, in particolare quelle a livello del torace con estese e polidistrettuali fratture e sfacelo polmonare e dell'addome con dislocazione dei visceri e sfacelo di alcuni di essi causate quindi da uno schiacciamento fra due superfici (fratture costali, sfacelo viscerale), e' estremamente difficile risalire alle modalita' esatte di investimento delle relative parti del corpo, in ragione del fatto che questo e' stato spostato per poter consentire i primi soccorsi".

Dai carabinieri nessuna intenzione di speronare

Dall'analisi "di tutti i video a disposizione in atti (da tutte le telecamere di sorveglianza acquisite e, in particolare, dalla dash cam della vettura dei Carabinieri denominata 'Volpe 60') non emerge mai alcuna intenzione di 'speronare' il veicolo in fuga o di farlo cadere; possibilità, questa, peraltro assolutamente concreta in diverse occasioni dell'inseguimento da parte dei Carabinieri intervenuti, ma che non è mai stata attuata nel corso della concitata azione in esame". Lo mette nero su bianco il consulente della Procura di Milano, l'ingegnere Domenico Romaniello, nella relazione tecnica depositata sul caso della morte di Ramy Elgaml.

La disperazione del carabiniere al termine dell'inseguimento

Il consulente evidenzia anche "quanto emerge dalla visione del filmato ripreso dalla body cam del Carabiniere sopraggiunto diversi secondi dopo l'arresto dei due mezzi (motoveicolo Yamaha ed autovettura Giulietta), in cui si coglie la profonda disperazione del conducente della Giulietta (nel prendere addirittura a calci il cofano motore del veicolo) alla vista" di Ramy "inerme a terra, al termine dei suoi tentativi di praticare la rianimazione mediante massaggio cardiaco". Una "disperazione che" si può associare "alla impossibile previsione da parte sua di una tale drammatica evoluzione dell'inseguimento e alla non volontà, né ricerca, di un contatto con il mezzo inseguito".
 
Contatto, invece, avvenuto quando l'auto dei carabinieri era in frenata, mentre lo scooter ha cambiato traiettoria, perdendo aderenza tentando di girare a sinistra, tra viale Ripamonti e via Quaranta. Mentre prima, sul rettilineo di viale Ripamonti, c'era stato solo un "urto" laterale di "lieve entità", non determinante. In conclusione, a parere del consulente "l'operato del conducente dell'autovettura Giulietta nell'ambito dell'inseguimento, risulta essere stato conforme a quanto prescritto dalle procedure in uso alle Forze dell'Ordine".
 
 La "concausa determinante" della morte di Ramy, "al di là dei fattori umani connessi ai conducenti, è stata, purtroppo, determinata dalla presenza del palo semaforico che ha arrestato la caduta" del 19enne "bloccandone la via di fuga e che ha determinato l'urto ed il successivo investimento del corpo al di sotto del veicolo dei Carabinieri". "Una tale evoluzione non era minimamente prevedibile nel momento di decisione e di attivazione della reazione da parte del conducente del veicolo Giulietta", si legge.

La presenza del pedone-testimone sulla scena dell'inseguimento

Il carabiniere che guidava l'auto che inseguiva lo scooter, "in rapporto alle velocità di marcia reciproche dei due mezzi" e "all'improvvisa deviazione e 'taglio'" della moto "verso destra, ha correttamente valutato di non poter sterzare né a sinistra (in quanto avrebbe certamente investito il motoveicolo con i due a bordo), né sterzare a destra", in quanto "avrebbe corso il concreto rischio di investire il pedone", ossia il teste oculare, "presente sul marciapiede", ma di "poter soltanto frenare il più energicamente possibile per cercare di arrestare il proprio veicolo nello spazio a disposizione". Il "pedone" è il testimone che era all'incrocio tra viale Ripamonti e via Quaranta e al quale, poi, due carabinieri avrebbero detto di cancellare un video che aveva girato

 

Sardone (Lega): "Smentiti mesi di indecenti accuse della sinistra alle forze dell'ordine"

Tra i primi a commentare, l'eurodeputata e consigliere comunale della Lega Silvia Sardone: "Vengono smentiti mesi di vergognose e indecenti accuse da parte della sinistra agli uomini in divisa intervenuti quella notte. Dove è il sindaco Sala che aveva definito "sbagliato inseguire Ramy di notte per 20 minuti"? Dove è il super consulente Gabrielli che aveva dichiarato che "l'inseguimento non si era svolto nella modalità corretta". Dove è la segretaria del Partito Democratico in Lombardia, Roggiani che aveva detto che "Ramy era stato ucciso dai Carabinieri"? Si dovrebbero tutti vergognare, dovrebbero chiedere scusa ai Carabinieri e alle Forze dell'Ordine".

De Corato (FdI): "Si metta fine a mesi di polemiche e accuse"

Dello stesso tenore il commento di Riccardo De Corato (FdI): "Spero vivamente che la perizia odierna metta davvero la parola fine a tutti questi mesi di polemiche e accuse nei confronti dei due Carabinieri che, ricordo, sono arrivate anche da Sala e Gabrielli i quali hanno ampiamente criticato le modalità con cui è avvenuto l’inseguimento durante quella notte in cui perse poi la vita Ramy. I Carabinieri, e lo sostengo sin dal primo momento di questa assurda e complicata vicenda, hanno sempre e solo svolto il proprio encomiabile dovere. In attesa della sentenza, inoltre, trovo altresì strano, e ciò mi fa molto riflettere, la fretta con cui gli agenti della Polizia Locale nel loro report abbiano sentenziato il fatto, attribuendo di fatto le colpe ai Carabinieri e sostenendo che la Giulietta dell’Arma avesse urtato e fatto cadere il T-max dove poi perse la vita Ramy"

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