Milano
Riaperture, fiere e congressi "dimenticati" dall'ultimo decreto
Nei luoghi della cultura la capienza torna al 100%, fiere e congressi con capienza dimezzata come le discoteche. Accame (Stelline): "Lavoriamo in perdita"
Riaperture, fiere e congressi "dimenticati" dall'ultimo decreto
Teatri, sale da concerto, cinema, locali di intrattenimento e musica dal vivo con capienza del 100% sia all'aperto che al chiuso. Stadi e impianti sportivi con capienza del 75% all'aperto e 60% al chiuso. Discoteche con capienza del 75% all'aperto e del 50% al chiuso. Sono le riaperture in vigore da oggi come da nuovo decreto ministeriale. Un ritorno alla normalità (o quasi) con una assenza che fa rumore: il settore fieristico e congressuale resta ancora al palo, con una capienza per eventi indoor che non viene modificata e rimane dunque del 50%. Una doccia fredda per un settore che ha sofferto le grandissime difficoltà dell'ultimo anno e mezzo almeno quanto il mondo della cultura. Una dimenticanza? Gli addetti ai lavori non nascondono amarezza così come una crescente preoccupazione. Anche perchè tra due settimane scadrà la durata degli ammortizzatori sociali che sinora hanno reso sostenibili i costi per il personale. E rischia così di aprirsi una fase estremamente critica anche dal punto di vista occupazionale.
"Siamo alquanto stupiti che il settore congressuale e fieristico sia stato dimenticato", commenta Pietro Accame, direttore generale della Fondazione Stelline di Milano. Che legittimamente si chiede: "Quale sarebbe la differenza tra andare al cinema o partecipare a un congresso? Il distanziamento è lo stesso, sicuramente superiore a quello che c'è allo stadio. Centri congressi e fiere sono attività economiche e di impresa nelle quali si fa business, ma anche scienza, cultura. Ma veniamo equiparati alle discoteche. Siamo basiti". Il danno di un andamento a mezzo servizio è per l'impresa ma anche per l'occupazione, se non ci sarà un cambio di passo prima della fine degli ammortizzatori. E c'è poi anche tutto un indotto che non può riprendere a girare: "Resta fermo anche il turismo congressuale, così come sono minate le attività della ristorazione, gli ingressi ai musei, le attività di piacere e tutti gli ambiti solitamente agganciati al settore. Fiere e centri congressi sono un traino per l'economia del Paese e per lo sviluppo del turismo dall'estero. Ci sono tantissime ragioni per cui questa situazione è una follia", prosegue Accame.
Una situazione che non può dunque più protrarsi ulteriormente: "Stiamo lavorando in perdita. Abbiamo cercato di sfruttare al massimo gli spazi all'aperto ma chiaramente non potrà più essere così. Le spese di riscaldamento e gestione dei nostri spazi interni sono gli stessi sia che la sala sia piena o riempita solo a metà. Ed ai costi per il personale si sono aggiunte altre spese, dalla sanificazione al controllo Green pass". Il settore ha già cercato di sensibilizzare le istituzioni: "Nelle fasi di preparazione decreto ci eravamo immediatamente preoccupati perchè congressi e fiere non erano menzionati. Ma la nostra moral suasion non pare aver sortito effetti. Perchè questa poca attenzione? Francamente mi sfugge. Ma continuiamo a lavorare perchè venga messa una pezza, magari attraverso la conferenza Stato-Regioni. Tutto il settore si sta muovendo perchè c'è una forte criticità. Ma a essere preccupante è anche il fatto che di tutto questo non se ne parla neppure. Se si va avanti così, gli effetti saranno devastanti".
Un segnale positivo verso il settore sarebbe fondamentale anche perchè rappresenterebbe una necessaria iniezione di fiducia verso il futuro: "L'organizzazione di fiere e congressi richiede una preparazione di mesi. Dobbiamo poter programmare da gennaio su eventi al 100% della capienza. Non possiamo continuare a tenere in standby i clienti: urgono certezze per poter ripartire almeno con le prenotazioni per gli eventi futuri", conclude Accame.