Milano

Ricciardi e il lockdown di Milano: ma a nome di chi parlano gli esperti?

di Fabio Massa

Ma come si può governare una città e una regione se ogni giorno si sveglia un professore diverso a dire una cosa diversa?

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Dunque, oggi siamo arrivati al situazionismo più incredibile. Riassunto delle ultimissime puntate. L'altro ieri un giornalista del Messaggero, che - sia detto senza rabbia - ha inanellato una serie di notizie contro la Lombardia che manco il Quotidiano del Sud per tutta la durata della pandemia, chiama Regione Lombardia chiedendo se fosse vero che il governatore era pronto a varare il lockdown di Milano. Da Regione spiegano che non è vero. Insomma, smentiscono. Il giorno dopo in prima pagina sul Messaggero c'è la notizia che Fontana vuole il lockdown. Fontana allora smentisce, e pure il sindaco Beppe Sala dice che non è alle viste, almeno per adesso. Certo, poi entrambi sono concordi nel dire che bisogna seguire la situazione giorno dopo giorno, che bisogna capire se le misure adottate dal governo e dalla Regione funzionano. Mentre ancora non è calato il polverone, il consulente del ministro Speranza, ovvero Ricciardi, dice che bisogna fare il lockdown a Milano e a Napoli. Oibò, uno direbbe: ma Speranza non ha parlato con Fontana e Sala? Certo che sì, si ritiene. E allora perché il suo esperto più visibile, che dichiara quasi quanto Massimo Galli, dice che bisogna fare il lockdown? Allora Sala dice: ehi, a nome di chi stai parlando? Personale o a nome del ministro? Ed è in questa domanda tutto il paradosso di questa nostra incredibile epoca. Ricciardi prende e parla, ma a nome di chi lo fa? E' una opinione personale oppure una opinione ministeriale? Immagino che quando Fontana parla non lo faccia a titolo personale, ma istituzionale, e così anche Sala. E allora perché questi virologi ed esperti se ne vanno in giro a parlare a titolo personale? Faccio un esempio su Massimo Galli o su Alberto Zangrillo: quando parlano a che titolo lo fanno? Si ricordano, i due litiganti, che fanno entrambi parte del comitato tecnico scientifico di Regione Lombardia e che dunque sarebbero tenuti a parlare con le deliberazioni di quell'organo? E non sarebbe meglio che litigassero e si strappassero i capelli in quelle riunioni, uscendo però con una posizione comune da sottoporre al politico che abbia così una voce unica con cui confrontarsi? Ma come si può governare una città e una regione se ogni giorno si sveglia un professore diverso a dire una cosa diversa? Aggiungo che purtroppo in Italia tutto è politica, e come spiegavo qualche giorno fa, un po' provocatoriamente, il lockdown è di sinistra mentre il negazionismo è di destra. Pensavo fosse un paradosso, e invece siamo a questo punto ovunque, sui social, e il discrimine non è più se credi nella libera impresa o in più stato nell'economia, ma se bisogna chiudere tutto oppure no. Insomma, il lockdown come programma politico. Una fine congrua di un Paese che di politica ha bisogno più che mai e che invece va nell'avanspettacolo di medici opinionisti e di opinionisti medici.








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