Salone del Libro, quasi fatta per Milano. Ma ora...
Sala cerca il dialogo con Torino. Ma la sindaca Appendino non gradisce: noi avanti anni luce
Continua senza esclusione di colpi la battaglia, non ancora guerra, tra Milano e Torino per decidere quale sarà la nuova capitale italiana del Libro. Se, insomma, il Salone del libro rimarrà a Torino, oppure traslocherà nel capoluogo lombardo.
In un gesto che alcuni hanno giudicato di estrema cortesia il sindaco Giuseppe Sala ha frenato sul trasferimento del Salone del Libro da Torino a Milano: "Guardo con prudenza a questa possibilità — ha detto il primo cittadino a margine del Consiglio della città metropolitana — Non voglio rischiare di creare un conflitto tra le due amministrazioni, che peraltro sono state appena elette. Io non penso che abbia senso il trasferimento tout court del Salone".
Il primo cittadino abbozza anche una possibile mediazione: "O si trova una formula per cui il Salone è integrato in un evento diverso e che ragiona anche partendo da Bookcity e partendo da quello che serve al sistema editoriale e al pubblico a Milano. O non la metterei sul piano del trasferimento tout court". Ma la neo sindaca di Torino non ha risposto con la stessa elegeanza istituzionale: "Torino vuole continuare ad avere il Salone del Libro. Ci stiamo attrezzando non solo per continuare ad organizzarlo, ma per rafforzarlo. La trentennale storia del Salone ci permette di essere avanti anni luce nella cultura del libro rispetto a Milano".
Il fiato sospeso è ora per il verdetto dell'Associazione degli editori, atteso per domani e che sarà un importante passaggio per capire se rimarrà tutto a Torino, oppure ci potrà essere se non un passaggio, almeno una sorta di staffetta.
"La legittima aspettativa di Torino di continuare ad organizzare il Salone del Libro non autorizza la sindaca ad usare parole offensive e gratuite verso Milano e la sua pluricentenaria cultura del Libro". Lo afferma in una nota Roberto Rampi, deputato del Pd in commissione Cultura della Camera. "Gli indubbi meriti della qualita' culturale di Torino - aggiunge - non solo non sono della sindaca, ma sono stati disconosciuti fino all'altro ieri da lei e dal suo Movimento, non contribuendo di certo all'immagine della citta' che oggi si trova a governare, ne' ad ottenere i riconoscimenti che oggi desidererebbe".