Milano
San Siro, la strada è ancora lunga e tortuosa
La vicenda dello stadio di San Siro è ancora lontana dalla soluzione. L'intervista all'avvocato Antonio Ditto
San Siro, la strada è ancora lunga e tortuosa
La vicenda dello stadio di San Siro rimane al centro del dibattito milanese e non solo. Abbiamo chiesto all’avvocato Antonio Ditto, amministrativista specializzato in diritto urbanistico, edilizia e real estate di aiutarci a capire a che punto siamo di un iter che appare ancora intricato e lontano da una soluzione definitiva.
Avvocato Ditto, la tormentata querelle che avvolge lo stadio San Siro continua ad accendere il dibattito e non pare destinata a placarsi nemmeno adesso che è arrivata l’attesa pronuncia del Tribunale amministrativo regionale.
Il tema è sicuramente complesso e coinvolge interessi compositi e su diversi livelli quali, a titolo esemplificativo, la tutela del valore culturale e architettonico della struttura, la lotta al consumo di suolo, nonché la spinta alla realizzazione di un impianto che sappia gareggiare con gli omologhi europei.
Dal punto di vista delle norme, ci può aiutare a capire a che punto siamo?
Volendola inquadrare meglio da un punto di vista strettamente giuridico, la questione attualmente maggiormente controversa attiene alla procedura per la verifica d’interesse culturale, la cosiddetta V.I.C., e all’imposizione del vincolo storico-artistico sul secondo anello, in questo caso la norma di riferimento è l’articolo 12 del decreto legislativo 22 dicembre 2004, n. 42.
Tradotto per chi è a digiuno di diritto amministrativo?
Cerchiamo di fare un po' di chiarezza. Il codice dei beni culturali prevede un procedimento amministrativo volto ad accertare l’interesse culturale dei beni, mobili e immobili, che presentino due requisiti cumulativi: siano opera di autore non più vivente e l’esecuzione risalga a oltre settanta anni. Nell’ipotesi in cui il procedimento, di competenza della Soprintendenza, abbia esito positivo, dimostri cioè la sussistenza dell’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, il bene viene sottoposto a vincolo. Il Comune di Milano, conscio del fatto che lo stadio San Siro avrebbe acquistato il requisito di ordine temporale allo scoccare del 2026, prima cioè della prevista fase di demolizione, ha chiesto alla Soprintendenza di Milano una valutazione anticipata dei profili di interesse culturale.
Una valutazione che ha riservato un colpo di scena e ha reso la vicenda di difficile soluzione…
Infatti. La Commissione regionale per il Patrimonio culturale, la medesima che nel 2019 si era espressa per l’insussistenza dei requisiti di tutela, il 27 luglio 2023, a seguito della richiesta di Palazzo Marino, ha rilasciato parere positivo in ordine alla sussistenza, in astratto, degli elementi di interesse culturale che possono condurre, al maturarsi dei settant’anni, all’attivazione del procedimento di verifica dell’interesse culturale. Inoltre, esiste un altro vincolo di tutela grava sullo stadio: ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo 42/2004, è stato riconosciuto l’interesse culturale quale archivio pubblico della tribuna ovest, per la presenza delle targhe che documentano i successi nazionali e internazionali di Inter e Milan.
I due provvedimenti sono stati impugnati dal Comune presso il TAR che si è pronunciato il 7 maggio. Molti hanno commentato la decisione della terza Sezione del Tribunale amministrativo regionale come il via libera al vincolo sullo stadio. Ma è proprio così?
Nonostante parte della stampa abbia immediatamente gridato alla definitiva apposizione del vincolo su San Siro e al tramonto del progetto di demolizione e rifacimento dello stadio, la pronuncia del giudice amministrativo non è di questo tenore. Il TAR Milano, infatti, ha dichiarato il ricorso del Comune in parte inammissibile e in parte non rientrante nella propria giurisdizione. Infatti, l’atto impugnato, reso dalla Soprintendenza a seguito dell’istanza del Comune, non è un provvedimento definitivo di apposizione del vincolo, quanto piuttosto un parere facoltativo espressivo di una valutazione preliminare e, di conseguenza, difetta dei requisiti dell’autoritatività, dell’immediata lesività, ma soprattutto della definitività, condizioni la cui sussistenza è necessaria per la proposizione dell’azione.
Pertanto, nonostante le interpretazioni affrettate, non si può parlare ancora di vincolo culturale?
La Soprintendenza ha avuto modo di chiarire che i requisiti di interesse culturale, ad oggi solo potenzialmente esistenti, potranno essere opportunamente valutati al decorrere del settantesimo anno, all’apertura del procedimento di verifica di interesse culturale. Per quanto riguarda invece il provvedimento di imposizione del vincolo culturale ai sensi dell’art. 10, il Comune contesta un presupposto costitutivo della fattispecie, negando che si possa parlare di “archivio pubblico”, nella misura in cui le targhe sarebbero di proprietà delle società calcistiche del Milan e non comunali. Sul tema, il giudice amministrativo non si pronuncia nel merito, in quanto riconosce che difetta in materia la sua giurisdizione. La domanda del Comune non è rivolta tanto a contestare la legittimità del provvedimento amministrativo, ma a verificare la titolarità del diritto di proprietà sui beni. Trattandosi di una controversia inerente ai diritti soggettivi, il potere di decisione è rimesso al giudice ordinario.
Una questione ancora lontana da una soluzione?
La vicenda pare tutt’altro che al capolinea, ma piuttosto al primo atto di una lunga battaglia giudiziaria. Per quanto riguarda il vincolo archivistico, la decisione viene rinviata al giudice ordinario che dovrà pronunciarsi circa la proprietà delle targhe esposte nella tribuna ovest, se comunali o dei club cittadini. In relazione invece alla verifica di interesse culturale, la partita è rinviata al 2026, anno in cui maturerà il count down dei settant’anni e in cui la Soprintendenza potrà formalmente aprire il procedimento.