Scala, dopo 90 anni torna "La cena delle beffe"
Tour de Force per il tenore Marco Berti: "E' come fare quattro Otello"
Il Verismo torna al Teatro alla Scala di Milano con La Cena delle beffe, l'opera di Umberto Giordano che qui vide la luce con la direzione di Toscanini nel 1924 e non viene ripresa da 90 anni. Adesso torna, dal 3 aprile al 7 maggio, con la regia di Mario Martone che fara' immergere gli spettatori in un'atmosfera da Little Italy, con clan di gangster, dove "l'ascolto dell'opera ha spazzato via la Firenze di Lorenzo il Magnifico". La rappresentazione di quest'opera, come spiega il sovrintendente Alexander Pereira in conferenza stampa, "fa parte della sfida di riportare il Verismo alla Scala nei prossimi anni", che non era presente nel calendario del teatro se non con Cavalleria rusticana e Pagliacci. Mancava dal repertorio da troppo tempo, forse perche' come suggerisce il direttore Carlo Rizzi "la parte di Giannetto domanda molto a un tenore. E probabilmente per un bel po' non abbiamo avuto il cantante giusto". D'altra parte anche nei ricordi del sovrintendente, della rappresentazione che si fece della Lena delle beffe a Zurigo una decina di anni fa, cio' che riaffiora e' "il tour de force a cui viene sottoposto il tenore. E' come cantare 4 volte l'Otello". La responsabilita' e' tutta di Marco Berti stavolta, che, continua Pereira "sta arrivando a una interpretazione importante. Siamo sulla strada giusta". "E' come fare due Andrea Chenier (l'opera lirica ispirata al poeta francese, ndr.) messi insieme - gli fa eco il tenore -. L'opera non e' lunga, dura un'ora e mezza ma e' tutto concentrato. Ci si sofferma sempre su note di passaggio e stanca molto. Insomma, e' dura. Ma a furia di provare, e' un mese, il risultato c'e'". Lo stesso discorso vale per Leonardo Caimi che sara' Gabriello Chiaramantes, e soprattutto per il baritono Nicola Alaimo che ha cominciato a studiare quest'opera "a maggio, quasi un anno fa. E sono soddisfatto". In scena, anche Kristin Lewis, soprano gia' apprezzato dal pubblico scaligero: e' stata Aida nella scorsa stagione con Zubin Metha. Qui vestira' i panni di Ginevra, "immaginandola, come mi ha suggerito Mario Martone, come Marilyn Monroe, con un forte ego, che ama tutti ma nessuno".
L'impronta del regista napoletano, cosi' come quella della scenografa Margherita Palli saranno ben evidenti. Martone racconta che, come molti, non conosceva bene La cena delle beffe. Ed e' partito "dall'ascolto dell'opera". "La Firenze di Lorenzo il magnifico e' come se stata spazzata via da questa musica - spiega - . E questo canto cosi' sforzato, estremo, e' lontano da qualunque immagine musicale e visiva si possa avere della Firenze rinascimentale". La regia resta ancorata al 1924, trasponendo la vicenda in un luogo di violenza, forti passioni, melodramma e lotte di clan: Little Italy. Nella loro ricerca iconografica Martone e Margherita Palli sono partiti dagli archivi fotografici della citta' di New York (negli anni '20 l'enclave italiana era ancora ad Harlem), proseguendo attraverso un percorso cinematografico che include Il Padrino (The Godfather, Francis Ford Coppola 1972), Goodfellas (Martin Scorsese, 1990), Era mio padre (Road to Perdition, Sam Mendes 2002), Gangs of New York (Scorsese, 2002) ma anche La donna che visse due volte (Vertigo, Alfred Hitchcock 1958). Il risultato scenografico e' un edificio newyorchese di tre piani ricostruito nei minimi dettagli: il ristorante a livello della strada, i corridoi, la sinistra cantina sotterranea e al primo piano la stanza di Ginevra, mentre sui lati sono visibili le scale antincendio. Una costruzione di acciaio e alluminio alta 9 metri e del peso di 26.000 kg per la quale sono stati utilizzati 5 metri cubi di legno e 40 metri cubi di plexiglass per le vetrate, e che permettera' di cambiare scena a vista senza mai interrompere il corso dello spettacolo, assecondando lo svolgimento serrato, cinematografico della drammaturgia di Benelli e Giordano. La cena delle beffe era alquanto sconosciuta anche al direttore d'orchestra, Carlo Rizzi, che e' andato a cercarsela su youtube, come racconta. E una volta ascoltata "Mi ha colpito la bellezza della musica - dice -. Quando si fa un'opera che e' uscita dal repertorio da tanto tempo, si teme che sia perche' la musica non e' grande. Ma non e' questo il caso. La musica e' bellissima, molto interessante, anche diversa da quella che ci aspettiamo da un compositore verista, come Giordano. Non e' una musica descrittiva del testo ma che interpreta il momento drammatico". "Ha un'orchestrazione molto ricca, non pesante - aggiunge Rizzi" e ci sono strumenti come l'arpa, il corno inglese e altri inusuali come i mandolini, la 'celesta' e la 'fonospira'. "Quest'ultimo ha un suono che deve richiamare il movimento degli anelli della tenda sul bastone di scorrimento. Abbiamo preso una molla per riprodurlo". In occasione delle opere piu' importanti della stagione, il teatro alla Scala, intende stringere collaborazioni con altre istituzioni. In questo caso la collaborazione e' con la Cineteca di Milano. Ecco quindi che la mattina della Prima sara' proiettato un film di Alessandro Blasetti (1942), in sala al Piermarini. Insieme a cineteca italiana la Scala riproporra' anche alcuni titoli di Mario Martone, tra cui "I dieci comandamenti di Viviani, il 31 marzo alle 18, alla presenza del regista