Milano
Scola consegna il Pallio di papa Francesco al nuovo arcivescovo Delpini
A Seveso il cardinale Angelo Scola, delegato da Papa Francesco, ha imposto il Pallio al nuovo Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini
Nel Santuario di San Pietro Martire a Seveso, nel giorno della Solennità del Santissimo Nome di Maria, il cardinale Angelo Scola, delegato da Papa Francesco, ha imposto il Pallio al nuovo Arcivescovo, monsignor Mario Delpini.
È stato lo stesso Arcivescovo Delpini a chiedere al Santo Padre che il conferimento del paramento sacro potesse avvenire prima del suo ingresso solenne (il 24 settembre). Richiesta accolta dal Santo Padre con una lettera del 2 agosto. La cerimonia è avvenuta in forma privata alla presenza dei membri del Consiglio episcopale milanese e dei decani.
«Ricevere il Pallio mette comunque un poco di paura, perché viene dalla tomba degli Apostoli e, quindi, vuol dire dal martirio», ha detto l’Arcivescovo Delpini.
«Sento una grande gratitudine per questo segno che mi è stato imposto per onorare la mia persona, la Chiesa e il compito che io devo svolgere in questa Chiesa di Milano – ha aggiunto l’Arcivescovo -. La mia gratitudine è molto personale e intensa per papa Francesco, ma oggi voglio dire un grazie particolare al cardinale Angelo Scola, non solo per essere qui ora, ma anche per tutto il cammino percorso insieme. Gli sono molto grato perché in questi anni, chiamandomi a collaborare con lui così strettamente, mi ha dato fiducia, mi ha aiutato a discernere in alcune situazioni delicate, mi ha sempre incoraggiato, mi ha concesso di condividere con lui le preoccupazioni, le gratificazioni, le cose belle che la Chiesa di Milano ha vissuto in questi anni. Anche in questo passaggio il cardinale Scola mi è stato di grande incoraggiamento, mi ha aiutato e mi ha consigliato».
«Il Pallio è l’emblema della pecora che il pastore prende sulle sue spalle nell’azione di misericordia e indica la disponibilità totale all’offerta, al dono di sé e della propria vita. Quindi sono queste due componenti che l’arcivescovo Mario assume su di sé, che lo accompagneranno lungo tutto il suo percorso» ha detto il cardinale Scola.
Il Pallio è un paramento liturgico che si porta sulle spalle sovrapposto alla pianeta o alla casula ed è riservato, nella Chiesa latina, al Sommo Pontefice e agli Arcivescovi Metropoliti. Tessuto in lana bianca con un lembo nero pendente dietro, decorato con più croci e ornato sul davanti da uno spillone a tre gemme, appare come una stretta fascia di stoffa che gira attorno al collo e, vista da dietro, ricordi la lettera Y.
Il suo valore simbolico e i suoi significati mistici sono ben evocati dalla formula di imposizione prevista nel Cerimoniale dei Vescovi. «Preso dall’altare della confessione di fede del beato Pietro» e consegnato «nel nome del Romano Pontefice… e della Santa Romana Chiesa» esso è in primo luogo «simbolo di unità e tessera di comunione con la Sede Apostolica». Come commentava Benedetto XVI nel 2005 il Pallio è dunque il «segno liturgico della comunione che unisce la Sede di Pietro e il suo Successore ai Metropoliti e, per loro tramite, agli altri Vescovi del mondo». A partire da questo suo essere manifestazione del «vincolo di carità» che unisce l’Arcivescovo Metropolita al Romano Pontefice e a tutto il Collegio episcopale il Palio diviene anche un «richiamo alla fortezza evangelica». L’Arcivescovo che lo indossa è infatti chiamato a essere un pastore coraggioso nella difesa del suo gregge e un testimone intrepido del Vangelo, che, sorretto dalla grazia dello Spirito Santo, non indietreggia di fronte a intimidazioni, minacce e persecuzioni. Egli sa infatti che «nel giorno della venuta e della rivelazione del grande Dio e principe dei pastori, Gesù Cristo», insieme con il gregge a lui affidato, «sarà rivestito della stola di gloria e di vita immortale»
Il Pallio infine, che l’Arcivescovo porterà «entro i confini della provincia ecclesiastica» lombarda, è conferito «a onore della sede milanese» a lui affidata. Ogni fedele ambrosiano insieme con il proprio Arcivescovo è chiamato a godere di questo «onore» che, se bene inteso, richiama a una più consapevole responsabilità e a una più grande disponibilità a servire.