Milano

Scuola, se al primo starnuto i pediatri prescrivono il tampone...

di Fabio Massa

Si rischia di andare verso il collasso: a settembre già effettuati 30mila tamponi. Troppa prudenza delle scuole o troppi pediatri scelgono la scorciatoia?

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Che cosa avevamo detto? Mentre la politica era impegnata, esattamente come tutti i media, a informarci sul referendum e sulle regionali, e sul fatto che ha vinto Salvini, no ha vinto Zingaretti, no ha vinto Meloni e figuratevi che qualcuno ha detto pure che ha vinto Italia Viva, nelle scuole i problemi stanno letteralmente esplodendo. Tamponi a gogo, pediatri che senza neanche visitare mandano i bambini in ospedale a farli esaminare. E così i tempi di attesa si allungano e sarà solo una questione di tempo che inizieranno ad apparire i titoli dei giornali "Lombardia, 20 giorni per un tampone". E ci credo, se tutti i bambini di tutte le scuole di una regione di 10 milioni di abitanti appena fanno uno starnuto vanno a fare il tampone come pensate che finirà? Con un collasso. Oggi il Corriere riesce a mettere a pagina 7 della cronaca di Milano il fatto che su 18 giorni di settembre sono stati effettuati 30mila tamponi e scrive: "Un bilancio che racconta tutta la prudenza delle scuole che chiedono una verifica al primo o secondo sintomo. Probabilmente troppa. Lo pensano alcuni pediatri riuniti ieri insieme a Gian Vincenzo Zuccotti, primario di Pediatria del Fatebenefratelli: in questa fase è necessario che si passi sempre dal pediatra. C'è bisogno di un filtro, altrimenti rischiamo di mandare i bambini in processione senza motivo. Da venerdì a lunedì in 12 ore al drive in del Buzzi abbiamo fatto 300 tamponi. Solo uno era positivo". Zuccotti si chiede quello che noi ci eravamo chiesti: "Cosa faremo fra qualche mese quando aumenteranno i sintomi influenzali e paraninfluenzali?". Ecco, la domanda è questa. Che cosa faremo? Noi, niente. Subiremo. Subiremo la scelta di alcuni pediatri - perché altri sono bravissimi - di mandare tutti a tamponarsi e noi, tutti quanti, a schiantarci. La verità è che in Italia c'è chi lavora e chi no. E questo vale per tutti, non solo per i politici che abbiamo tagliato.








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