Milano
"Sistema Sesto", l'accusa insiste: "Soldi a Penati, imprenditore dice verità"
Il pg di Milano Lucilla Tontodonati prova a ribaltare la sentenza di assoluzione per Filippo Penati davanti alla Corte d'Appello
Il pg di Milano Lucilla Tontodonati prova a ribaltare in appello la sentenza d'assoluzione pronunciata a Monza per Filippo Penati nel procedimento sul cosiddetto 'Sistema Sesto'. Nella sua requisitoria davanti alla Corte d'Appello, la rappresentante dell'accusa ha sostenuto che l'imprenditore nel settore dei trasporti Piero Di Caterina "ha detto la verita' quando ha affermato di aver dato soldi" a Filippo Penati "per avere concreti vantaggi o la promessa di vantaggi dall'esponente politico". L'ex presidente della Provincia ed ex capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani era stato assolto in primo grado assieme d altri 9 imputati, tra cui la societa' Codelfa. Il pg chiedera' al termine della requisitoria (in corso) di riaprire il dibattimento, chiamando in aula diversi testimoni che possano cancellare il verdetto del primo grado.
Tra le altre cose, Tontodonati ha sottolineato che "si dice che Di Caterina, che ha parlato di 3,5 milioni di euro, non e' stato preciso nell'indicare la cifra della somma versata a Penati, ma e' del tutto normale che non tenesse un conto preciso ed e' anzi cio' che prova anche la spontaneita' e genuinita' delle sue dichiarazioni". Inoltre, per il pg fu "un'enorme simulazione" il contratto tra Bruno Binasco, manager del Gruppo Gavio e Di Caterina, per l'acquisto da parte del primo di "una societa' da designare" di un immobile a Sesto. Il documento fissava una caparra a favore del venditore. L'appello e' stato originato dal ricorso degli allora pm monzesi Walter Mapelli e Franca Macchia contro la sentenza con cui il Tribunale nel dicembre 2015 aveva assolto tutti gli imputati, tra cui l'architetto Renato Sarno, l'ex segretario della Provincia Antonino Princiotta, gli imprenditori Giuseppe Pasini e Piero Di Caterina e il manager Bruno Binasco dalle accuse di corruzione e di finanziamento illecito.
Il pg di Milano Lucilla Tontodonati ha chiesto di rinnovare il dibattimento o, in subordine, di condannare Filippo Penati a 3 anni di carcere nel processo d'appello sul cosiddetto 'Sistema Sesto'. Al termine di una lunga requisitoria, cominciate stamane, la rappresentante della pubblica accusa ha spiegato che la sua prima richiesta e' quella di riaprire il processo chiamando una decina di testimoni, tra i quali l'imprenditore Piero Di Caterina (come teste - imputato). Se tuttavia i giudici dovessero decidere che non e' necessario, allora il pg ha formulato 9 richieste di pena. La piu' alta proprio per l'ex Presidente della Provincia di Milano a cui viene attribuito "un ruolo decisivo", mentre 2 anni e 6 mesi sono stati indicati per Di Caterina (l'unico che meriterebbe le attenuanti generiche "per il suo comportamento processuale, anche se non sempre lineare") e 2 anni e nove mesi per l'architetto Renato Sarno e per l'ex manager Bruno Binasco.
Il pg ha poi chiesto la prescrizione per l'ex segretario di Palazzo Isimbardi (sede della Provincia di Milano) Antonino Princiotta, oltre che la prescrizione di alcuni singoli capi d'imputazione per gli altri imputati. Inoltre, ha sollecitato la confisca di due milioni di euro a carico di Penati e altri e una sanzione pecuniaria di centomila euro per la societa' Codelfa oltre che una sanzione interdittiva di un anno nei suoi rapporti con la pubblica amministrazione. Il ricorso in appello riguarda, tra l'altro, la vicenda relativa alla presunta falsa caparra di 2 milioni di euro pagata a Di Caterina da Codelfa, la societa' del Gruppo Gavio, in cambio, secondo l'accusa, del riconoscimento a Codelfa di 'riserve' non dovute sui lavori per la terza corsia della autostrada A7 da parte di Milano Serravalle, controllata dalla Provincia di Milano.