Milano

Spumador, il Tribunale di Milano revoca l'amministrazione giudiziaria

Dopo cinque mesi, il Tribunale di Milano ha deciso la revoca dell'amministrazione giudiziaria per infiltrazioni della 'ndrangheta per la Spumador spa

Spumador, il Tribunale di Milano revoca l'amministrazione giudiziaria

Deve "prendersi atto della reazione positiva della società alla misura" in termini "di collaborazione con gli organi della procedura e di concreti interventi adottati ai fini della depurazione dell'azienda dai fattori di contaminazione". Lo scrive la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano che, dopo circa 5 mesi, ha deciso di revocare l'amministrazione giudiziaria che era stata disposta per infiltrazioni della 'ndrangheta per la Spumador spa, nota azienda di bevande gassate con un fatturato annuo superiore ai 200 milioni di euro. Il nome dell'azienda (non indagata) era comparso già in un'inchiesta della Dda milanese, coordinata dai pm Sara Ombra e Pasquale Addesso, che nel novembre 2021 portò ad arrestare 54 persone.

Poi, a metà giugno era arrivata la misura di prevenzione, con affiancamento dell'amministratore giudiziario al management societario, a seguito delle indagini del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Como, coordinate dal pm Paolo Storari, che avevano fatto emergere "un presunto meccanismo criminoso che puntava ad ottenere il controllo totale" del clan Salerni sulle "commesse di trasporto della società", con sede nel Comasco.

Spumador, condotte estorsive ai danni di dirigenti e indipendenti

Erano emerse "condotte estorsive" ai danni di dirigenti e dipendenti di Spumador, "di fatto assoggettata al volere degli 'ndranghetisti, che imponevano le loro condizioni economiche". Sarebbero stati Attilio Salerni e il fratello Antonio, due dei fermati nella tranche lombarda della maxi inchiesta contro la 'ndrangheta, gli esecutori materiali "di violenze e minacce nei confronti dei dirigenti". Ora, dopo questi 5 mesi, anche "a parere dell'amministratore, la società", difesa dal legale Francesco Bico, "ha posto in essere", scrivono i giudici Roia-Tallarida-Spagnuolo Vigorita, "un sistema di controlli più ampio e approfondito di quello della media delle imprese ed idoneo a contrastare tentativi di infiltrazioni criminali".







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