Milano
Università Statale di Milano, la rettrice Brambilla: “La mia nomina un segnale per tutte”
Marina Brambilla, la prima rettrice nella centenaria storia di Unimi, presenta ad Affaritaliani.it squadra e sfide del suo mandato: “La Statale tra i migliori atenei del mondo guardando alla sostenibilità”. L'intervista
Università Statale di Milano, la rettrice Brambilla: “La mia nomina un segnale per tutte”
“La mia nomina può essere un segnale importante per tutte: colleghe, studentesse e membri dell’amministrazione”. Lo scorso aprile Marina Brambilla è stata eletta rettrice dell’Università Statale di Milano. A cento giorni dall’insediamento del 1 ottobre, la prima donna a guidare la Statale in cento anni di storia racconta ad Affaritaliani.it le sfide e il senso del proprio mandato fino al 2030. “Nel nostro piano strategico identità europea, responsabilità sociale e innovazione. Il diritto allo studio va oltre le semplici agevolazioni economiche”. L’intervista.
Rettrice Brambilla, qual è l’importanza della sua nomina alla guida di Unimi?
La interpreto come un momento importante per tutte le donne dell’Ateneo: colleghe, studentesse e amministrative. La Statale non aveva mai avuto al vertice una figura femminile. In campagna elettorale ho puntato sulla competenza e sulla mia esperienza decennale nei ranghi gestionale del nostro ateneo, ma credo anche questo sia un segnale importante per le giovani donne. Anche organizzazioni così complesse possono giovarsi delle competenze femminili ai vertici.
Una nomina proprio nell’anno del centenario della Statale, che significato ha?
I primi cento anni della nostra storia sono un momento di riflessione sul passato, ma anche di sfide per il futuro. La Statale è relativamente giovane, ma in questo secolo si è sviluppata moltissimo in termini di ranking e proposta. Uno sviluppo permesso dal legame fortissimo tra Unimi e la città di Milano. Basti pensare che il nostro fondatore, Luigi Mangiagalli, è stato anche sindaco della città. Nei nostri primi 100 anni abbiamo raggiunto grandi risultati, attestandoci come un grande ateneo, pubblico e multidisciplinare, ma senza adagiarci su questi traguardi.
Quali sono le sfide principali del suo mandato?
La didattica innovativa, in modalità mista e online. Non deve più essere un tabù, anche perché consente l’accesso all’università a molte più persone, rendendola meno elitaria. L’allargamento dello spazio dell’università passa anche per le infrastrutture. In questo senso Campus Mind, con i suoi 62mila metri quadri di laboratori potrà essere un volano per Unimi.
Sfide che si accingerà ad affrontare con la sua squadra di prorettrici e prorettori. Come li ha selezionati?
Ho nominato a fine ottobre 11 prorettrici e prorettori. In questi primi 100 giorni mi hanno aiutato nella redazione del nuovo Piano strategico, che abbiamo presentato lunedì. Oltre agli ambiti tradizionali – come Ricerca, Didattica e Terza missione, in cui l’Università è già ben attrezzata - abbiamo aggiunto nuovi ambiti di sviluppo. Ho nominato una prorettrice alla Transizione digitale e Intelligenza artificiale; un prorettore per l’Edilizia universitaria; e un prorettore al Bilancio, che non avevamo negli anni scorsi.
La questione economica è sempre più centrale per le università. Come affronterà il tema del supporto alla didattica?
È un tema vero, particolarmente a Milano, dove il caro-affitti rappresenta la faccia più oscura del successo di una città attrattiva e turistica. I nostri obiettivi di mandato sono l’aumento dei posti letto – in parte già suffragato dai 1100 nuovi posti letti a Campus Mind e dalla nuova residenza in via Sforza per cui abbiamo ricevuto 13 milioni da Pnrr. Puntiamo poi a riqualificazione le residenze già esistenti, come Santa Sofia e Plinio. A questo si affiancano altre azioni di supporto, come l’ampliamento del numero dei borsisti. Per me diritto allo studio significa permettere un’esperienza formativa soddisfacente: non solo a livello economico, ma anche di servizi da grande ateneo europeo.
Qual è il posto di Unimi nel mondo?
La nostra università si deve misurare coi migliori atenei del mondo. In parte ci siamo già riusciti: siamo l’unico ateneo italiano nella Leru (League of European Research Universities), un prestigioso riconoscimento per gli atenei maggiormente orientati alla ricerca. La nostra attrattività internazionale è garantita da un’offerta sempre maggiore in lingua inglese (41 corsi su 158 sono in lingua).
Riconoscimenti e celebrazioni, ma il 2024 è stato anche un anno di proteste e tensioni nelle università. Qual è lo spazio per il dibattito in Unimi?
La Statale è un ateneo con più di 64mila iscritti, 2500 docenti e 2mila unità amministrative. Una città nella città, dove è normale che ci siano posizioni molto diverse. Temi caldi di relazioni internazionali e mondo contemporaneo sono al centro della didattica e anche del dibattito delle varie rappresentanze della nostra università. La Statale deve rimanere spazio di dibattito e confronto, ma sempre tenendo fermo il rispetto delle opinioni di tutti, con manifestazioni pacifiche e senza violenza. Così l’ateneo contribuisce alla critica democratica e alla formazione della cittadinanza, una palestra di approfondimento e mai uno scontro banale. In università ci vogliono argomentazioni elevate, anche perché le polarizzazioni spesso nascono da scarso approfondimento. Essere un’università significa anche essere in grado di portare avanti discussione e confronto.