Milano
Strada: "Majorino unica alternativa a Fontana: va votato anche col disgiunto"
"Calenda attacca Fontana sul Covid, ma il voto per Letizia Moratti di fatto aiuta la sua riconferma. Ecco come vogliamo cambiare la Regione"
Intervista a Cecilia Strada: "Siamo davvero al sicuro solo quando i nostri diritti vengono rispettati"
Gherardo Colombo, Cecilia Strada, Francesca Balzani e Nico Acampora. Sono loro i primi quattro nomi fatti da Pierfrancesco Majorino per la nuova giunta della Lombardia, nel caso il centrosinistra vincesse le elezioni del 12 e 13 febbraio.
Nomi della società civile certamente molto conosciuti, anche fuori dalla Regione, ma non per questo scontati. Ad esempio, è ovvio associare alle questioni internazionali la figura di Cecilia Strada, figlia di Gino Strada e Teresa Sarti, già presidente di Emergency e oggi Head of Communications di ResQ People. Majorino ha scelto di puntare su di lei, spiegando di volere “una Regione Lombardia non si chiuda in se stessa, ma abbia una progettualità forte nella direzione dei diritti umani”.
Cecilia Strada, come si conciliano questi obiettivi con le competenze regionali?
“Un assessorato dedicato alla pace e alla cooperazione internazionale si lega anche al concetto di sicurezza, che va ridefinito. Per me la sicurezza si garantisce con i diritti, non puntando all'uso di taser e pistole: siamo veramente sicuri solo quando i nostri diritti sono garantiti. Questo è il punto di contatto tra i temi di cui mi sono sempre occupata e le competenze della Regione. Una Lombardia che si apre al mondo e garantisce più diritti è una regione più bella da vivere. Nel mondo interconnesso di oggi non possiamo pensare di erigere dei muri e stare bene solo noi che stiamo dentro, quando chi sta fuori soffre. Non funziona così e lo abbiamo capito molto bene sia con la pandemia di Covid che con le tensioni socio-politico di questo ultimo anno. Fino a quando esporteremo ingiustizia, importeremo disperazione”.
Nel pratico, a quali azioni pensate? Ad esempio ad accordi con i Paesi in via di sviluppo?
“Certamente, ma solo attraverso rapporti basati sul rispetto dei diritti umani, a differenza di quanto succede pensando solo al profitto. Con questa logica esportiamo armi e poi ci stupiamo dell’arrivo di profughi dalle zone di guerra. Le aziende italiane fanno affari con regimi che opprimono i loro popoli, invece bisogna vincolare gli investimenti economici al rispetto dei diritti umani. È l’unico modo per costruire la pace”.
Eppure, i rapporti con paesi come Egitto e Libia continuano…
“Proprio ieri c’è stata la consegna di un’altra motovedetta alla Libia, oltretutto celebrata con una cerimonia ad hoc. Stiamo parlando di motovedette pagate coi soldi delle nostre tasse e impiegate per praticare respingimenti collettivi, portando le donne agli stupri e gli uomini alle torture. Inoltre, continuiamo a mandare armi in giro per il mondo, in linea con una tradizione che per tanti anni ha visto le aziende lombarde primeggiare nella fabbricazione delle mine antiuomo. Fortunatamente non è più così, ma le mine sono ancora in giro per il mondo. Adesso basta: non è così che si costruisce un mondo nel quale i nostri figli possano vivere sicuri e felici”.
Calenda ha detto: “Come fanno i lombardi a votare ancora Fontana dopo il Covid?". Che cosa ne pensa?
“Mi scusi se rido, ma la candidata di Calenda, Letizia Moratti, è stata assessora alla Sanità nella Giunta Fontana! E solo adesso si accorgono che vanno cambiate le cose? Come posso commentare una cosa del genere!? L’unica cosa che posso dire è che Moratti non ha nessuna chance di vincere, quindi gli elettori del Terzo Polo possono solo fare il voto disgiunto e scegliere Majorino, se davvero non vogliono la conferma di Fontana!”.
Quanto incideranno sanità e post-Covid in queste regionali?
“Io vivo a Milano e credo che tutti dovremmo ricordare molto bene quei mesi drammatici, con la strage nelle Rsa e l’emersione di tutti i problemi che esistevano anche precedentemente, ma che la pandemia ha portato alla luce. Mi riferisco all’abbandono della medicina del territorio e a un modo di fare che di fatto spinge i cittadini verso il privato, perché altrimenti le liste di attesa nel pubblico sono infinite. Per me la sanità è al primo posto, per sentirci davvero al sicuro. Invece chi ha bisogno di una visita si sente spesso dire: ‘Aspetta otto mesi… ma se paghi, anche domani pomeriggio’. Questa non è sicurezza”.
Come commenta il fatto che Majorino abbia deciso di tenere per se’ la delega alla Sanità?
“Penso che faccia benissimo, proprio perché è un punto cruciale. È giusto che Majorino si senta addosso tutta la responsabilità di raddrizzare i disastri che sono stati fatti. E ce ne sono anche tanti altri. Per me sicurezza vuol dire sanità, ma anche casa: la gestione delle abitazioni popolari in Lombardia grida vendetta! Poi ci sono i problemi del lavoro, della scuola, altrettanto gravi, ma tutto parte dalla nostra possibilità di essere in piena salute. È il nostro primo diritto, che a strascico ci permette di godere anche di tutti gli altri”.