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Milano
Strage Brescia, Piantedosi: "Ferita profonda. Monito ad opporsi alla violenza"
Matteo Piantedosi

Strage Brescia, Piantedosi: "Ferita profonda. Monito ad opporsi alla violenza"

''Il 28 maggio 1974 costituisce una ferita profonda nella storia del Paese. La ferocia e la violenza dell'ignobile disegno eversivo colpirono vittime innocenti nel tentativo di minare le basi della democrazia". Queste le parole del ministro dell'interno Matteo Piantedosi, nel 50esimo anniversario della strage in Piazza della Loggia a Brescia.

"Ricordo vivo nelle coscienze di tutti"

"Una strategia del terrore a cui l'Italia seppe rispondere unita, stringendosi nella difesa dei valori di libertà e giustizia su cui si fonda la nostra Repubblica - ha concluso il ministro -. Il ricordo dei tragici eventi che colpirono la città di Brescia è ancora oggi vivo nelle coscienze di tutti e rappresenta, per le nuove generazioni, un monito a opporsi con coraggio a ogni forma di odio e di violenza".

Piazza Loggia: la bomba e le vittime

Il 28 maggio 1974 alle 10 e 2 minuti scoppia una bomba in Piazza della Loggia, a Brescia, durante una manifestazione promossa dal Comitato permanente antifascista in contemporanea con lo sciopero generale indetto dai sindacati. L'ordigno, nascosto in un cestino dei rifiuti e contenente almeno un chilogrammo di esplosivo, deflagra due minuti dopo l'inizio del discorso, dal palco, del sindacalista della Cisl Franco Castrezzati. Le vittime sono otto: Luigi Pinto, Giulietta Banzi Bazoli, Livia Bottardi, Alberto Trebeschi, Clementina Calzari Trebeschi, Euplo Natali, Bartolomeo Talenti, Vittorio Zambarda. Altre centodue persone rimangono ferite.

Piazza Loggia: i processi

Da quel momento si succedono 17 processi, piu' due appena iniziati, risultato di nuove indagini della Procura di Brescia a carico di Marco Toffaloni e Roberto Zorzi, allora giovanissimi militanti della destra eversiva, accusati di avere piazzato la bomba per vendicare Silvio Ferrari, il neofascista saltato in aria sulla sua Vespa pochi giorni prima, tra il 18 e il 19 maggio. Sono due i condannati in via definitiva all'ergastolo per concorso in strage il 20 giugno 2017: Maurizio Tramonte, la 'fonte Tritone', considerato dai giudici un ex infiltrato dei servizi segreti e membro di 'Ordine Nuovo' e Carlo Maria Maggi, morto il 26 dicembre 2018, ritenuto il 'regista' dell'attentato e capo di Ordine Nuovo nel Triveneto.

Strage Loggia: gli incontri e i programmi

Fu Tramonte, secondo il verdetto definitivo, a ispirare una relazione del Sid, il servizio segreto militare, in cui si diceva che nel 1974 c'erano state riunioni in cui Ordine Nuovo, sciolto nell'anno precedente, aveva deciso una ripresa clandestina delle attivita'. Uno di questi incontri avvenne ad Abano Terme tre giorni prima dell'attentato e dai documenti risulta che Maggi disse ai camerati che bisognava proseguire nella strategia stragista iniziata il 12 dicembre 1969 in PiazzaFontana. In un'altra riunione spiego' che la strage di Brescia non sarebbe dovuta rimanere "isolata" ma essere seguita da "altre azioni terroristiche di grande portata da compiere a breve scadenza" per aprire "un conflitto interno risolvibile solo con lo scontro armato".

Strage Loggia: la sentenza

Nella sentenza milanese firmata dalla giudice Anna Conforti e ribadita dalla Cassazione, considerata miliare nella ricostruzione dei fatti, si legge: "Dagli atti processuali emerge la prova certa di comportamenti ascrivibili ai vertici territoriali dell'Arma dei carabinieri e ad alti funzionari dei servizi segreti". L'inchiesta piu' recente, approdata da poco in aula (prossima udienza per Toffaloni il 30 maggio davanti al Tribunale dei Minori, perche' all'epoca era minorenne e il 18 giugno per Zorzi davanti alla Corte d'Assise) ha messo in luce documenti e materiali sul cosiddetto 'terzo livello' delle coperture, che portano a Palazzo Carli, il Comando della Nato di Verona. I due imputati vivono all'estero, Zorzi negli Usa e Toffaloni in Svizzera. Entrambi sostengono di non c'entrare nulla con la strage.


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