Milano

Strage di Brescia, i giudici: "Fu sicuramente destra eversiva"

Strage di Piazza della Loggia, le motivazioni dei giudici per l'ergastolo nei confronti di Carlo Maria Maggi

"Sicuramente riconducibile" alla destra eversiva: così i giudice della Corte d'assise d'Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui hanno condannato nel luglio 2015 all'ergastolo Carlo Maria Maggi per la strage di piazza della Loggia a Brescia del 28 maggio 1974. L'allora ispettore di Ordine nuovo per il Triveneto sapeva di poter contare "a livello locale e non solo, sulle simpatie e sulle coperture - se non addirittura sull'appoggio diretto - di appartenenti di apparati dello Stato e ai servizi di sicurezza nazionale ed esteri". Questa consapevolezza era nata "attraverso le molteplici riunioni preparatorie anche con militari italiani e americani". Maggi poteva inoltre disporre "di più canali di approvvigionamento di armi ed esplosivi"  e "la disponibilità di gelignite, esplosivo utilizzato per il confezionamento dell'ordigno fatto esplodere in piazza della Loggia "che causò 8 morti e oltre 100 feriti, nel corso di una manifestazione antifascista". Poteva inoltre disporre "di un armiere con le capacità tecniche di Digilio" e della " rete di collegamenti necessari per completare la fase esecutiva dell'attentato senza "sporcarsi le mani".

I GIUDICI: "TROPPI INTRECCI A LIVELLO ISTITUZIONALE" - Ma destano attenzione i passaggi della sentenza sui "troppi intrecci che hanno connotato la mal-vita, anche istituzionale, dell'epoca delle bombe". Il presidente Anna Conforti parla di "opera sotterranea" di un "coacervo di forze" che di fatto hanno resto "impossibile la ricostruzione dell'intera rete di responsabilità".  "Lo studio dello sterminato numero di atti che compongono il fascicolo dibattimentale - affermano i magistrati - porta ad affermare che anche questo processo, come altri in materia di stragi, è emblematico dell'opera sotterranea portata avanti con pervicacia da quel coacervo di forze di cui ha parlato Vinciguerra. Forse, per i giudici, individuabili con certezza in una parte non irrilevante degli apparati di sicurezza della Stato, nelle centrali occulte di potere che hanno prima incoraggiato e supportato lo sviluppo dei progetti eversivi della destra estrema e hanno sviato poi, l'intervento della magistratura, di fatto rendendo impossibile la ricostruzione dell'intera rete di responsabilità". "Il risultato - concludono - è stato devastante per la dignità stessa dello Stato e della sua irrinunciabile funzione di tutela delle istituzioni democratiche, visto che sono solo un leader ultra ottantenne e un non più giovane informatore dei servizi, a sedere oggi, a distanza di 41 anni dalla strage sul banco degli imputati, mentre altri, parimente responsabili, hanno da tempo lasciato questo mondo o anche solo questo Paese, ponendo una pietra tombale sui troppi intrecci che hanno connotato la mala-vita, anche istituzionale, dell'epoca delle bombe".







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