Milano

Toia: Sala? No a ruolo nazionale, meglio che resti a Milano

Maria Teresa Santaguida

Secondo l'eurodeputata Patrizia Toia l'amministrazione Sala ha fatto molto bene a Milano, ecco perché si auspica prosegua in questo ruolo

Toia: Sala? No a ruolo nazionale, meglio che resti a Milano

STRASBURGO - Milano in Europa? “E’ vista come bella, vivibile, serena”. Lo garantisce una delle parlamentari europee più esperte che la città abbia espresso negli anni, Patrizia Toia. A Bruxelles dal 2004, ma già prima a Roma deputata, senatrice e ministro per due volte, fra i corridoi dell’ultima plenaria nella sede di Strasburgo, si concede a qualche domanda di Affaritaliani.it Milano. E visto che quasi 80mila preferenze e quattro mandati di fila un peso ce l’hanno eccome nel territorio di elezione, parla anche di Milano, dove tutti (senza dirlo) cominciano a scaldare i motori per la prossima primavera, quando si comincerà a parlare della contesa per la poltrona di sindaco del 2021. Quella di Giuseppe Sala

“Mi auguro certamente che il  suo lavoro possa continuare - auspica Toia -. Penso che averlo  sindaco per un altro mandato sarebbe una gran bella cosa per Milano, perché allora davvero, con i grandi appuntamenti alle porte come le Olimpiadi, la città può mostrarsi con il suo volto migliore”. L’endorsement per il lavoro di Sala è pieno: “Non ci siamo forse ancora resi conto di quanto la sua amministrazione abbia fatto per le periferie. Ci sono molti programmi di rigenerazione urbana e anche progetti per consentire ai cittadini dei quartieri di essere protagonisti: sono cose che fra qualche anno avranno un grande rilievo, quando le vedremo tutte realizzate”. Il goal di Sala è quello di aver messo “in atto un’integrazione tra centro e periferie, dando a queste ultime una vivacità che non c’è mai stata”. Riuscire nell’intento “non era facile, anzi sarebbe stato più semplice seguire l’innovazione o tutto ciò che è trendy”, considera ancora.

Parole tutte positive, o l’idea di tenere Sala ancorato alla Madonnina, contro le tentazioni romane?

“Certo lo vedrei anche a livello nazionale, ma non so se c’è uno spazio, visto che la politica nazionale è così incerta nel suo divenire prossimo. E’ difficile capire, ma comunque sarà lui a decidere se ci sono opportunità. Certamente si è rivelato non solo un ottimo amministratore, ma anche un ottimo politico nel senso più pieno e nobile del termine.  
È un uomo che comunica bene e dà un senso di sicurezza, ha dimostrato di saper fare scelte difficili senza appoggiarsi solo sulle cose comode. Ad esempio, l’aver sposato così a fondo questa campagna di sostegno alla senatrice a vita, Liliana Segre rappresenta un impegno per i valori fondamentali della convivenza. E’ la dimostrazione che è un sindaco che sa anche prendersi dei rischi: avrebbe anche potuto solo espriremere un’opinione personale e non esporsi così tanto, invece ha fatto una scelta diversa”. 

Un sindaco ma anche un leader, in fondo potrebbe dare molto anche a Roma e al Pd, non solo locale...

“Da ottimo amministratore, negli anni, è diventato anche un ottimo leader. E’ stato capace di restituire un’immagine forte e sicura.  E’ senz’altro in grado di ricoprire altri ruoli, ma, se completa il suo mandato a Milano, rende stabile quella trasformazione che oggi è in atto. Una trasformazione che ha bisogno di diventare di lungo periodo”. 

Forse perché essere leader del Pd non è molto conveniente e rischia di ‘bruciare’ anche i migliori?

“Mi ostino a pensare ad un Partito Democratico che non sia autodistruttivo nei confronti di suoi leader”.

A proposito di Roma, la collaborazione tra Pd e M5s è a corrente alternata, in pochi giorni si passa dalla possibilità di stabilizzare un’alleanza a quella di rompere il patto di governo. Cosa succede tra i due gruppi in Europa?

“Qui è necessario cercare una collaborazione, se vogliamo far valere il peso della delegazione italiana. Devo dire che sull’aspetto europeo con il Movimento 5 Stelle non è difficile trovare dei punti di incontro, ad esempio su ambiente e sociale siamo vicini. L’idea è sempre quella di non fermarsi alla casualità di un voto comune sulla stessa risoluzione, ma di cercare un dialogo. Non sempre ci si riesce, ma a me pare che convergere sulle nostre posizioni sia una scelta di buon senso”. 

A quattro mesi e mezzo dalla sua rielezione, quali sono i progetti e gli obiettivi di questo mandato in Europa? In particolare quelli con ricadute su Milano?

“Innanzitutto portare avanti  il programma Horizon, in particolare sui temi della ricerca: sto cercando di creare un ponte tra la struttura della ricerca europea e i nostri centri italiani, ovvero le università e gli Irccs, di cui la Lombardia ha un’eccellenza di reti sia pubbliche, sia private. Bisogna portare tutto il patrimonio di università di ricerca italiano vicino a quello delle altre istituzioni europee. 
Poi c’è l’innovazione tecnologica non solo per le grandi imprese, ma anche quella ‘incrementale’ delle piccole e medie imprese; per questo sono stata relatrice del programma per l’internazionalizzazione delle Pmi.  
Infine sono sempre stata appassionata del sociale, che anche il mondo che mi ha sostenuto di più: ho lavorato per inserire per la prima volta l’opportunità che i soggetti dell’economia sociale come le no profit possano accedere ai finanziamenti di solito adatti alle profit. 
Prima ancora della sostenibilità ambientale, cui risponde il Green New Deal europeo, ci tengo a mettere in evidenza la sostenibiltà sociale.

Come pensa che proseguirà o sarà portata a termine la questione dell’Autonomia regionale, chiesta anche dalla Lombardia? 

“Credo ad un’autonomia temperata e solidale che non promuova solo la crescita di alcune regioni lasciando il resto del Paese nell’arretratezza sociale. La corsa in avanti dei forti da soli mi lascia perplessa. Mi sento ancora prima di tutto italiana. 







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