Milano

Un altro Rinascimento: Bosch al Palazzo Reale di Milano

di Gian Piero Rabuffi

La mostra milanese ricostruisce il perdurante impatto avuto dall'immaginario da incubo del maestro fiammingo e il suo ruolo nel definire un diverso Rinascimento

Un altro Rinascimento: Bosch al Palazzo Reale di Milano

Spesso siamo portati a pensare alle epoche passate come a blocchi temporali che si susseguono uno dopo l'altro, caratterizzati al loro interno da una uniformità culturale quasi monolitica. Una semplificazione comprensibile per la sua praticità, ma che rischia di essere fuorviante. L'Illuminismo dominato dalla razionalità positivista, la Belle Epoque e la sua decadente sofisticatezza, il Dopoguerra e lo spirito della ricostruzione. E' solo alla nostra stretta contemporaneità che siamo disposti a riconoscere una natura sincretica e postmoderna e con essa la capacità di abbracciare e fare convivere ogni possibile corrente, tendenza e direzione. Ed interpretando tale prerogativa come il tratto distintivo dei nostri giorni finiamo anche in questo caso per ricorrere ad una semplificazione.

Hieronymus Bosch, artista dell'incubo, dell'allucinazione, del mostruoso e del grottesco

La mostra “Bosch e un altro Rinascimento”, visitabile al Palazzo Reale di Milano fino al 12 marzo, va a complicare tale narrazione, suggerendo a partire dall'opera del Maestro fiammingo una diversa chiave di lettura di un'epoca, il Rinascimento appunto, attorno alla quale sono cristallizzate nel sentire comune concezioni granitiche su che cosa sia stata e quali siano state le sue fondamenta culturali. L'umanesimo, il recupero della lezione dei classici, la fioritura delle arti plastiche con l'introduzione della prospettiva. Una visione idealizzata di ciò che riteniamo essere stati i pensieri che dominavano gli spiriti delle donne e degli uomini di quel tempo. Bosch è per certi versi la negazione di tutto questo. O per meglio dire, la sua figura impone un allargamento degli orizzonti, una suggestiva problematicizzazione. Il suo successo anche tra i contemporanei è un chiaro sintomo di gusti e passioni e interessi molto più eterogenei e sfaccettati.

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Hieronymus Bosch, "Trittico delle Tentazioni di Sant'Antonio" (dettaglio)

Hieronymus Bosch è artista dell'incubo, dell'allucinazione, del mostruoso e del grottesco, artefice di fantasie apocalittiche ed inquietanti, creatore di figure bizzarre e di scene sconcertanti. Le sue opere affollate di personaggi e debordanti di dettagli sono la rappresentazione di tutto ciò che deraglia dall'ordine dell'universo e dall'equilibrio dell'intelletto. Eppure conobbe già negli anni del Rinascimento grande fortuna. E non solo nel Nord Europa. Come ricostruisce la mostra milanese, significativi furono gli apprezzamenti e importanti le committenze proprio nell'Italia culla del Rinascimento, così come in Spagna e presso gli Asburgo.

Cosa colpiva i contemporanei delle immaginifiche invenzioni di Bosch? La tematica religiosa, il valore morale e didascalico delle storie narrate costituivano certo un cornice adeguata alla fruizione e diffusione delle sue opere – che tuttavia mai affrescarono chiese o cattedrali. Ma a sconvolgere le donne e gli uomini suoi coevi dovette essere il senso di conturbante meraviglia che le visioni di Bosch suscitavano. “Pictor gryllorum”, ovvero pittore del ridicolo secondo lo storiografo olandese Karel van Mander. Ma un ridicolo capace di suscitare piena ammirazione sino ad elevarsi e nobilitarsi come forma di cultura alta quale l'opera di Bosch fu sempre percepita. In modo non dissimile rispetto a quanto avveniva in letteratura con il genere maccheronico ed il suo caotico linguaggio che mescolava latino e parlata comune.

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Hieronymus Bosch, "Meditazioni di San Giovanni Battista"

Bosch, artista tra passato e futuro, e la sua eredità

Ma il ridicolo di Bosch, animato di demoni e tormenti infernali, tocca evidentemente altre corde, più recondite ed forse inconfessabili. La fascinazione del male, l'attrazione per l'orrore ed il mostruoso, il sadismo della punizione divina. Artista da un lato con radici ancora orientate verso la concezione che del divino poteva avere l'uomo medievale, dall'altro straordinario precursore di un gusto che porterà nel tempo alla diffusione delle Wunderkammer, stravaganti collezioni pre-enciclopediche in cui nelle abitazioni altolocate assurgeva a oggetto di ammirazione e studio tutto ciò che sembrava contravvenire all'ordinario. Ma quelle pulsioni che l'arte di Bosch così magnificamente rappresenta finiranno per trasformarsi anche in scellerate ossessioni che condurranno ad esempio all'Inquisizione ed alla caccia alle streghe. C'è stato dunque un Rinascimento già portatore di paradigmi culturali altri e di nuove correnti di pensiero, che ha convissuto con quello dei Piero della Francesca e dei Leon Battista Alberti. Ed il seme rappresentato da Bosch è fiorito presto in Europa.

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Bottega di Hieronymus Bosch, "La visione di Tundalo"

Lo dimostra la quantità considerevole di artisti che si sono ispirati apertamente alla pittura del fiammingo, testimonianza e conseguenza dell'esistenza di una committenza altrettanto importante. Palazzo Reale restituisce una ampia panoramica dell'influsso esercitato da Bosch tra i contemporanei e sulla generazione immediatamente successiva. Su tutti spicca Jan Brueghel il Vecchio, che con il padre Pieter Brueghel il Vecchio ha rielaborato l'ispirazione boschiana stemperandola delle componenti più orrorifiche ed estreme.

Elementi che invece mantengono intatto il loro impatto nelle opere prodotte nella bottega di Bosch dai suoi più stretti collaboratori. Anche perchè spesso il mercato richiedeva copie quanto più simili all'originale dei suoi maggiori capolavori. Indice della popolarità delle opere del fiammingo è anche la trasversalità mediale della diffusione dei suoi soggetti. Bosch e le sue visioni diventano una sorta di genere a sé nella produzione incisoria dell'epoca. Ancor più notevoli i preziosi e monumentali arazzi commissionati dalla famiglia Asburgo desiderosa di decorare i propri palazzi con scene e soggetti provenienti dalla pittura del fiammingo. Sin da subito vitale e imponente si è dunque dimostrata la sua eredità, che ha attraversato i secoli per giungere ad una vera e propria riscoperta (e ri-lettura) in tempi relativamente più recenti, dall'affermazione della psicanalisi all'esplorazione dell'inconscio, sino naturalmente al manifestarsi della avanguardia surrealista in pittura.

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Seguace di Hieronymus Bosch, "Discesa di Cristo al limbo"

Le opere di Bosch esposte a Milano

Ma il cuore della mostra milanese restano le straordinarie opere originali del Maestro fiammingo. Una manciata di lavori, ma del resto il corpus boschiano giunto fino a noi conta un numero davvero ridotto di dipinti sparsi nel mondo. C'è il “Trittico dei santi eremiti”, dalle Gallerie dell'Accademia di Venezia, di cui già il Vasari annotava le “fantastiche e capricciose invenzioni” e rappresentante San Gerolamo, Sant'Egidio e Sant'Antonio Abate. Ancor più suggestivo il “Trittico delle Tentazioni di Sant'Antonio”, dal Museo di Arte Antica di Lisbona, autentico capolavoro boschiano, un pandemonio allucinato di mostri e devastazioni con al centro la stoica figura del santo. Un'opera di cui si contano nel mondo una quarantina di copie, versioni e varianti ma il cui originale fu riscoperto solo nel 1888 in Portogallo. Una visione che per fervore immaginativo dialoga con l'ancor più celebre “Trittico del Giardino delle delizie”.

L'esposizione a Palazzo Reale mostra anche un Bosch diverso, le cui ossessioni sembrano essere mitigate ed in cui nella composizione più rarefatta si fa la presenza delle sue caratteristiche creature da incubo. E' il caso delle “Meditazioni di San Giovanni Battista” e della versione delle “Tentazioni di Sant'Antonio” che Filippo II donò al Monastero dell'Escorial. Ma se i due santi sono colti in un inedito (almeno per il fiammingo) momento di quiete contemplativa, è dai dettagli che sgorga il suo inquietante immaginario: sono ad esempio gli artigli del demone che affiorano dall'acqua del fiume alla cui riva riposa Antonio, o l'orso che dilania la sua preda in lontananza alle spalle del Battista. Presagi e segnali di un orrore che non dorme mai.

Visioni da incubo che tornano poi prepotentemente alla ribalta nel maestoso e terribile “Giudizio finale”, che mostra un mondo irrimediabilmente avvolto dalle fiamme e perduto nel peccato. Non sembra esserci possibilità di redenzione nell'universo di Bosch, governato da forze che vessano l'uomo con castighi incommensurabili. Un controcanto potente all'ottimismo razionalista dell'uomo vitruviano. Due Rinascimenti che convivono e si confrontano, entrambi riconosciuti tanto dai contemporanei di Bosch quanto dall'osservatore di oggi come profondamente reali.







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