Milano

Un drago di nome Alessandro Mendini. La poliedricità di un artista alla Triennale di Milano. FOTO

Camilla Moriggi

Si conclude il 10 novembre la mostra che celebra il lavoro di Mendini, in partnership con Fondation Cartier

Un drago di nome Alessandro Mendini. La poliedricità di un artista alla Triennale di Milano.

Si concluderà il 10 Novembre la mostra "Io sono un drago, la vera storia di Alessandro Mendini" che segna la rinnovata collaborazione di Triennale Milano con il designer, architetto e artista Alessandro Mendini (1931-2019), in partnership culturale con Fondation Cartier. La mostra cerca di evidenziare le varie fasi del lavoro dell’artista, mettendo in luce l’idea di progettazione critica e immaginativa, vagliando dei nuclei del suo pensiero. Diverse opere esposte fanno parte delle collezioni delle due istituzioni, molte delle quali sono state presentate in occasioni internazionali grazie a Fondation Cartier. Mendini ama definirsi un artista popolare dell’“ipersensibilità umana”; infatti, la mostra ripercorre numerosi stadi della sua vita che corrispondono a svolte strettamente connesse alle tendenze artistiche e agli eventi sociali di quegli anni.

L'esposizione: l'autorappresentazione nei suoi ritratti

L’esposizione comprende opere realizzate durante l’università, quando si sofferma sull’autorappresentazione, utilizzando una tecnica vignettistica in cui si ritrae sotto forma di oggetti o si sofferma su parti specifiche del suo corpo. In un secondo momento, i ritratti diventano molto più astratti, con tratti allungati e deformati, fino ad intraprendere un viaggio all’interno delle immagini santificate a partire dal suo nome, che abbreviato si legge A.Men, fino ad arrivare alla sua raffigurazione crocifisso. Questa evoluzione stilistica gli permette di esplorare a fondo la sua personalità, consentendogli di disegnare il manifesto del Fragilismo, in collaborazione con Cartier. Questa collezione, particolarmente prolifica, parte dall’analisi di parole come fragile, enigma e miraggio, incontrando la fragilità umana per poi dare origine ad una visione del mondo come sistema fragile.

La ginnastica squilibrante e la sperimentazione con il contro-design

La carriera del defunto designer viene rappresentata dal fil rouge della “ginnastica squilibrante”, sperimentando diverse unità di misura, forme e dimensioni. Negli anni ‘70, a seguito di un’intensa riflessione, realizza atti di terrorismo progettuale, attraverso oggetti di contro-design, che lo portano al culmine di un radicalismo malinconico. Grazie alla notorietà e capacità, l’artista milanese realizza la celebre collaborazione con Alessi negli anni ‘80, i cui simboli sono lo spremiagrumi e il cavatappi, due oggetti di uso quotidiano che vennero resi unici e riconoscibili da Mendini. Successivamente, un’altra importante collaborazione è con Fondation Cartier, rappresentata nella mostra dalla Colonna di Cartier nel 2009.

L'innovazione in archietettura: "Progettare è dipingere"

La sua visione innovativa si estende all’architettura, dove applica il suo motto “progettare è dipingere”, che diventa anche l’approccio dell’Atelier Mendini, che condivide con il fratello. La molteplicità delle competenze degli artisti permettono la realizzazione di una comunità progettante che realizza numerose architetture in tutto il mondo come la metropolitana di Napoli e la sede estera di Triennale in Corea. Inoltre, ci sono numerosi modellini di edifici progettati o realizzati dall’atelier. Successivamente, l’ormai affermato architetto esplora lo spazio della “stanza”, progettando camere senza vista in cui si accumulano citazioni, ricordi, sogni e incubi. All’interno della mostra è presente un’installazione video in cui l’artista illustra il profondo legame con la sua casa milanese, utilizzando il paragone del miele sul pavimento per spiegare il suo attaccamento patologico a quel luogo. Malgrado non fosse entusiasta di abitare a Milano, per lavoro si ritrovava spesso nel capoluogo lombardo, al punto poi di aver imparato ad amarlo, cogliendone gli aspetti positivi.

L'attività editoriale e l'esperienza di Casabella

Infine, l’esposizione si concentra sull’attività editoriale che inizia negli anni ‘70 con la rivista “Casabella”, coincidendo con la presa di coscienza della capacità dell’architettura di convivere con i conflitti politici e sociali. In seguito, il direttore crea “Modo” che muta nella direzione di “Domus”, nei gloriosi anni ‘80. Questa ampia esperienza editoriale viene rappresentata da diverse copertine incorniciate delle tre testate giornalistiche.

Mendini, artista poliedrico

Visitando la mostra si comprende al meglio la scelta di Triennale Milano di utilizzare come opera emblematica io sono un drago, un autoritratto in cui Mendini si rappresenta simbolicamente come una figura mitologica dalle mille sfaccettature. Attraverso questo disegno sintetizza le esperienze e le influenze che hanno segnato la sua carriera. L’opera rispetta e rappresenta la poliedricità di un artista della sua levatura, che dalla contestazione giovanile nei confronti della borghesia riesce a plasmarsi e a ricrearsi in oltre cinque decenni, non restando solo al passo con i tempi, ma diventandone il precursore.








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