Una mostra dedicata a Gabriele Amadori, artista ferrarese che insegnò a Milano - Affaritaliani.it

Milano

Una mostra dedicata a Gabriele Amadori, artista ferrarese che insegnò a Milano

Di origini ferraresi, morì a Milano, dove insegnava scenografia e light design alla Scuola d'Arte Drammatica Paolo Grassi

Una mostra dedicata a Gabriele Amadori, artista ferrarese che insegnò a Milano

A Ferrara, al Palazzo Crema, dal 17 maggio al 2 giugno 2019, si portà visitare la mostra dal titolo  “Le stanze  di Gabriele Amadori”. Nato a Ferrara nel 1945 e deceduto a Milano nel 2015, Gabriele Amadori ha mantenuto per tutta la vita forti legami con la città e la sua comunità artistica. Legame forte anche con Milano, dove insegnò scenografia e light design alla Scuola d'Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano e alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano Bovisa.

La mostra dedicata all’artista ferrarese e alle sue performances pittoriche in concerto live. Ogni stanza, luogo fisico ma anche unità compiuta, è composta da  tele  di grandi dimensioni realizzate da Gabriele Amadori nel corso di concerti live con famosi musicisti contemporaneiDai primi lavori con Demetrio Stratos alle tele realizzate con le improvvisazioni al flauto di Roberto Fabbriciani, dalle performances con le sonorità di Stefano Battaglia e Miche Rabbia alle azioni pittoriche con il trio PAF, un percorso di ricerca creativa che esplora in modo originale la relazione tra suono e immagineFin dal primo incontro con Demetrio Stratos e grazie alla sua affine ricerca
di “cantare la voce per vedere il suono”, Amadori ha voluto rappresentare sulle sue tele questa sinestesia. Ma è durante le innumerevoli performance, presentate dalla seconda metà dagli anni '70, che l'artista riesce ad indagare in profondità la reciprocità tra immagine e suono. Queste azioni fisiche e incalzanti racchiudono e liberano un dionisiaco controllato, coordinato, ma imperante. 

Ciascuna performance mostrava pubblicamente la nascita di un dipinto di largo formato che Amadori dipingeva seguendo o dettando il ritmo di uno
o più musicisti accanto a lui. L'opera diveniva, infine, il documento di un incontro, in un tempo e in uno spazio specifico. La vitalità, l'impulso del musicista jazz andava a mescolarsi sulla tela con il gesto e la reazione istintiva di Amadori. Questa ricerca ha spinto il pittore ferrarese a collaborare incessantemente con musicisti, nel tentativo continuo
di contrarre ed esasperare i confini
tra suono e colore e lo  ha portato a perfezionare un linguaggio artistico  dove suono e opera pittorica interagiscono in totale armonia.Il sodalizio tra l'artista e il musicista è diventato così un metodo conoscitivo e sinestetico. 

Amadori nelle sue “music action painting” converte le astrazioni musicali in materia, movimento, colore cangiante, strato su strato, realizzando un’esperienza che a molti sembrerebbe impossibile: la trasformazione apparentemente “spontanea” della tela sotto le pennellate  che diventano movimento  e accompagnano  ondate melodiche che danno forma ai sogni








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