Una mostra inattesa: viaggio nel contemporaneo alle Gallerie d’Italia. FOTO - Affaritaliani.it

Milano

Una mostra inattesa: viaggio nel contemporaneo alle Gallerie d’Italia. FOTO

di Gian Piero Rabuffi

Le più recenti acquisizioni della collezione di Intesa San Paolo danno vita ad un percorso espositivo inedito ed illuminante

Una mostra inattesa: viaggio nel contemporaneo alle Gallerie d’Italia

Una mostra inattesa. Una raccolta composta da più collezioni. Ed anche un manifesto, una dichiarazione d'intenti da parte di Intesa San Paolo, che presenta, sino al 22 ottobre alle Gallerie d'Italia di piazza della Scala a Milano, un suggestivo percorso artistico basato su una settantina di opere tutte appartenenti al proprio patrimonio. Una raccolta talmente ricca e approfondita da poter anche rendere non necessario chiedere prestiti, come ha sottolineato il curatore Luca Massimo Barbero. Sono esposte in particolare recenti acquisizioni, frutto anche di assorbimenti di nuclei collezionistici, fusioni di patrimoni,  donazioni private. Un corpus che conta oggi cinquecento opere e che comprende, tra gli altri, nomi di primissimo piano come Robert Rauschenberg, Dan Flavin, Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Robert Ryman. Ed ancora Lucio Fontana, Fausto Melotti, Enrico Castellani, Mario Schifano, Alighiero Boetti, Giulio Paolini. Alcuni di questi lavori erano già esposti alle Gallerie nel 2018 con la mostra “Arte come rivelazione”. Altri sono presentati per la prima volta.

 

Bazoli: "Un viaggio appassionante nell'arte del Novecento"

"Questo nuovo percorso espositivo, in continuità con il Cantiere del ‘900 (l'esposizione permanente alle Gallerie di opere della Collezione Intesa San Paolo, ndr) rientra nel programma indirizzato a diffondere la conoscenza e la condivisione delle nostre raccolte di arte moderna e contemporanea”, ha spiegato  Giovanni Bazoli, Presidente Emerito di Intesa Sanpaolo. “In particolare si offre nuovamente al pubblico l’opportunità di apprezzare opere facenti parte della Collezione Luigi e Peppino Agrati, che ha arricchito con capolavori di respiro internazionale il patrimonio artistico della banca. Nei magnifici spazi delle Gallerie di Piazza della Scala si propone un viaggio appassionante nell’arte del Novecento”.

Jean Arp a dialogo con Bruno De Toffoli

IMG 20230709 WA0043"Una mostra inattesa": l'allestimento alle Gallerie d'Italia
 

Anche l'allestimento del percorso espositivo ha l'ambizione di una dichiarazione programmatica. I visitatori sono accolti nell'ampio spazio di ingresso da "Femme Paysage", grande opera in marmo bianco realizzata da Jean Arp nel 1966 e proveniente dalla Collezione Henraux. Una scultura nella quale forme umane ed ambientali paiono fondersi in un amalgama di creatura e terra, capolavoro realizzato dal francese poco prima della sua scomparsa. Una presenza monumentale alla quale i curatori affiancano suggestivamente nove sculture di un artista meno noto, Bruno De Toffoli, tra i firmatari di uno dei Manifesti dello Spazialismo. Abbinamento felice, poiché le opere dell’italiano sembrano condividere con quelle di Arp la medesima tensione plastica e l’interesse a rappresentare forme impossibilmente sospese tra astrazione ed organico. Chiara l'intenzione di suggerire un confronto, un dialogo a più livelli tra la dimensione internazionale e la ricerca italiana, per evidenziare l'indiscussa qualità di traiettorie che possono essere definite minori solo con i parametri della loro risonanza presso un grande pubblico.

Il trittico Martini-Marini-Manzù

A circondare l'inedito binomio, tre capolavori di altrettanti padri della scultura italiana del Ventesimo secolo: "La Pisana" di Arturo Martini, "Pomona" di Marino Marini  e un "Grande Cardinale" di Giacomo Manzù. E’ la “Pomona” a costituire il baricentro ed il punto di equilibrio del trittico, con la sua femminilità ieratica e senza tempo, simbolo mediterraneo di fertilità, ma ammantata di misurato rigore etrusco. Tutta sensualità e corporeità è invece la “Pisana”, della quale lo stesso Martini nei suoi “Colloqui” confessò con ardore: “Con una donna di carne come La Pisana ti senti nell’infinito, in certi sogni….Io la adoro e forse non ho amata che questa donna nella mia vita”. Al polo opposto, il “Grande Cardinale”, espressione più compiuta della sintesi etica ed estetica di Manzù.

Tra Spazialismo e Minimalismo: le Attese di Fontana 

Fontana AtteseLucio Fontana, "Concetto spaziale. Attese" (1965)
 

Una ouverture che imprime il ritmo caratterizzante l'intero percorso espositivo. Fausto Melotti e Lucio Fontana hanno una sala ciascuno. Del primo è presentato un importante corpus fittile con 19 opere rappresentative dei suoi contenitori e vasi ceramici tra cui quattro importanti Korai. Del Maestro italo-argentino spicca lo straordinario e magnetico "Concetto spaziale. Attese" del 1965. Tra i più celebri “tagli” di Fontana, l’opera calamita lo spettatore avvolgendolo di una energia spirituale liberatoria e cosmica. Attorno alla tela tagliata gravitano alcuni piatti denominati "Antica Savona", creazioni fittili spazialiste, e il nucleo delle tre Nature in bronzo e terracotta.

Dallo Spazialismo al Minimalismo, la recente acquisizione di Intesa San Paolo "Complex Form" di Sol LeWitt, in dialogo con Robert Ryman e con capisaldi italiani come Piero Manzoni, Alberto Burri, Toti Scialoja e Enrico Castellani, presente con il monumentale  "Superficie bianca 35" del 1966. La sua peculiare e personalissima interpretazione dell’Op Art ha le qualità di un bassorilievo scultoreo.

Alle Gallerie d'Italia Forma 1, LeWitt e Richter

Sanfilippo Antonio, Superficie 45C63, acrilico su lino, Collezione Intesa SanpaoloAntonio Sanfilippo, "Superficie" (1963)
 

L'esposizione prosegue con una significativa rappresentanza di opere di quel nucleo di astrattisti romani che nei primissimi anni Cinquanta si diedero il nome di “Forma I”: Carla Accardi, Giulio Turcato, Antonio Sanfilippo, Pietro Consagra. Ma c'è anche "Il flauto di canna" di Corrado Cagli. Ancora astrazione e minimalismo con Roman Opalka, Mario Nigro, Bice Lazzari.

IMG 20230709 WA0028Gerhard Richter, "Abstraktes Bild" (1984)
 

Quindi l'approdo verso il Cantiere del '900 attraverso due opere di assoluto peso. La prima è "Three Cubes (Straight)" di Sol LeWitt (1969), la cui prospettiva costituita da profili cubici assume il valore di una scala architettonica in efficace dialogo con lo spazio circostante. Chiusura con "Abstraktes Bild" di Gerhard Richter, di recente acquisizione sempre da parte dell’istituto. Tela di dimensioni eccezionali (tre metri per due), una delle più grandi mai prodotte dal tedesco in un anno, il 1984, assolutamente cruciale per la sua attività. Astrazione libera su larga scala, composta di  vernice rossa e verde su un piano di diversi accenti cromatici, è nel novero ristretto di quelle opere che portarono Richter ad emergere nel mercato dell’arte internazionale e resta ancora oggi tra le sue più rappresentative in assoluto.

Scoperte, riscoperte, conferme. Un racconto nuovo di una collezione in movimento che custodisce e condivide. E racconta se stessa mentre narra una parte rilevante di storia dell'arte contemporanea.

"UNA MOSTRA INATTESA  - Viaggio nel contemporaneo tra pittura e scultura"

Gallerie d'Italia - Piazza della Scala 6, Milano

Sino al 22 ottobre 2023








A2A