Milano
Violenza di genere, che cosa è e come combatterla. L'intervista
di Barbara Ciabò
Lo scorso 25 Novembre si è celebrata la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Ma che rilevanza ha avuto a livello nazionale e internazionale? Barbara Ciabò lo ha chiesto a Francesca Braga, avvocato specializzata in diritto internazionale e diritti umani: "E’ sicuramente un’iniziativa molto importante per sensibilizzare l’opinione pubblica, ma e’ necessario cercare di combattere questo fenomeno ogni giorno. Sono stati compiuti significativi passi in avanti, ma la strada e’ ancora lunga. E’ importante che gli tutti gli Stati (non solo l’Italia), adottino misure preventive, oltre che punitive, efficaci ed efficienti".
Chi dovrebbe avere un ruolo primario in questa battaglia?
Vari attori occupano un ruolo rilevante, infatti oltre alle Autorita’, anche la famiglia, la scuola e la comunita’ giocano una funzione importante. Questo fenomeno puo’ essere ridotto anche e soprattutto attraverso l’educazione. Prevenire la violenza significa combattere gli stereotipi legati al genere ed elaborare strategie mirate alla sensibilizzazione e all’informazione. La violenza di genere e’ spesso legata ad un problema culturale e religioso. Si pensi, ad esempio, al ruolo della donna nella religione musulmana oppure nella famiglia patriarcale, soprattutto nel Sud-Est asiatico.
Che cosa si intende per “violenza di genere”?
A volte, erroneamente, si lega questo fenomeno al genere femminile, e subito si pensa al femminicidio, termine oggigiorno molto inflazionato. In realta’, vi rientrano tutte quelle forme di violenza, da quella psicologica, economica, a quella sessuale, esercitate su una persona per il solo fatto di appartenere ad un determinato genere. In Italia, non esiste il reato di violenza di genere per se, cosi’ come non esiste il reato di femminicidio. In quest’ultimo caso, se cosi fosse si discriminerebbe tra la morte di un uomo e quella di una donna. Tuttavia, gli estremi della condotta penalmente rilevante possono ricadere in altre fattispecie penali (omicidio, lesioni personali, percosse, maltrattamenti). Inoltre la Legge n. 119/2013 ha introdotto alcune importanti modifiche al Codice Penale, in modo da punire in maniera piu’ severa alcune condotte perpetrate nei confronti delle donne e delle categorie c.d. piu’ “vulnerabili”.
Quali sono i gruppi piu’ stigmatizzati e di conseguenza i piu’ abusati?
Sicuramente i gruppi c.d. “vulnerabili”, ossia non solo le donne e le bambine, ma anche le minoranze etniche, quelle religiose, e gli LGBT. Inoltre spesso questi gruppi sono vittime di molteplici discriminazioni, basate sul loro sesso, sul genere, sulla religione e sulla razza.
Vorrei inoltre precisare che tutte le persone possono essere potenziali vittime di violenze di genere, a prescindere dal loro livello di istruzione, dal loro status sociale o che vivano in Paesi sviluppati o in via di sviluppo. Le statistiche redatte dall’Organizzazione Mondiale della Sanita’ dichiarano che circa il 35% delle donne nel mondo e’ stata vittima, almeno una volta nella vita, di violenze fisiche e/o psichiche da parte del partner o di un estraneo. In realta’, alcuni studi a livello nazionale rilevano dati ancor piu’ preoccupanti, in quanto sarebbe circa il 70% delle donne ad aver subito violenze. Secondo l’UNICEF, circa 120 milioni di bambine nel mondo sono state vittime di violenze sessuali.
Anche gli uomini posso essere vittime delle violenze di genere?
Si, ed e’ disarmante quanto sta accadendo in Iraq e in Siria, dove centinaia di gay sono stati uccisi per mano dell’ISIS, giudicati colpevoli di omosessualita’, a seguito di un’errata interpretazione del Corano. Le esecuzioni seguono uno schema che tende a ripetersi. Le vittime vengono drogate, bendate, legate, condotte in cima ad alti palazzi e in seguito letteralmente gettati giu’, dove la folla attende di partecipare al massacro.
Vi sono altri due esempi importanti avvenuti durante la Guerra nell’ex Jugoslavia. Si pensi al caso Duško Tadić, dove dinnanzi al Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia (TPIJ) si tenne il primo processo internazionale per i casi di violenza sessuale perpetrate nei confronti degli uomini. E ancora, al genocidio avvenuto a Srebrenica (Luglio 1995) dove vennero brutalmente uccisi tra i 7,000 e gli 8,000 uomini per due ordini di ragioni, in quanto musulmani e in quanto bosniaci. Il TPIJ si e’ pronunciato con la sentenza nei confronti di Ratko Mladić nel Novembre 2017.
In quali aree del mondo, il tasso percentuale di violenze e’ piu’ alto?
I dati statistici indicano un quadro generale della situazione ma le violenze subite e denunciate alle autorita’ competenti sono solo la punta dell’iceberg. Sicuramente il tasso e’ piu’ elevato nelle aree dove e’ presente un conflitto armato, si pensi per esempio alla Siria, all’Afghanistan, all’Iraq, allo Yemen, o ancora al Myanmar, dove e’ in corso la persecuzione della minoranza etnico-musulmana dei Rohingya.
A che tipo di violenze sono sottoposti questi gruppi vulnerabili?
Per quel che riguarda le donne, sicuramente la violenza sessuale e’ il reato maggiormente diffuso, sia nei Paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo. La violenza e’ in grado di assumere anche altri volti. In Cina, per esempio, dal 1979 sino al 2016 era in vigore la politica del figlio unico, durante la quale le uccisioni delle bambine arrivo’ a livelli altissimi. Erano infatti molto comuni gli aborti selettivi sui feti femminili (fenomeno ancora molto diffuso anche in India). A seguito di questa politica, in Cina, oggi ci sono squilibri tra il numero di maschi e femmine, e di conseguenza e’ molto comune il reato di traffico di donne tra Cina e Sud-Est asiatico. Inoltre, si pensi che a livello globale, piu’ di 700 milioni di donne hanno contratto matrimonio prima dei 18 anni, di queste 1 su 3, lo ha fatto prima di compiere i 15 anni. E ancora, almeno 200 milioni di donne e bambine hanno subito mutilazioni genitali femminili, la maggioranza delle quali prima di compiere i 5 anni di eta’, in almeno 30 Paesi.
Chi e’ vittima di queste violenze sporge denuncia?
La violenza di genere e’ ancora un fenomeno sommerso. E’ elevato il numero delle donne che non ne parla con nessuno e di chi non cerca aiuto. I dati statistici internazionali dichiarano che meno del 40% delle donne vittime di violenza abbia cercato qualsiasi tipo di aiuto. In Italia, le percentuali sono ancora piu’ basse, circa il 14% delle donne ha denunciato la violenza alle autorita’ competenti. Diversi sono i motivi di questa reticenza: vergogna, imbarazzo, mancanza di fiducia nelle autorita’ e nei processi giudiziari, e la paura di non essere credute. Inoltre, in alcuni Paesi, molte donne non considerano la violenza subita un reato o credono di saper gestire la situazione da sole o tramite l’aiuto di familiari e amici.
Perche’ nonostante la denuncia a volte decidono di proseguire?
In primo luogo, le vittime spesso dipendono economicamente, psicologicamente o affettivamente dai loro “carnefici”. Di conseguenza e’ difficile spezzare questo legame. Per quel che riguarda i Paesi in via di sviluppo, l’elemento culturale gioca un ruolo fondamentale. In molte giurisdizioni, alcuni comportamenti sono ammessi e non sono classificati come reati. Ad esempio, in India, Ghana, Oman, Singapore, Sri Lanka, Tanzania, Jordan, e Indonesia, la violenza sessuale commessa dal marito nei confronti della propria moglie non e’ identificata come stupro, ma come un atto dovuto nonche’ legale. Inoltre, spesso manca un reale ed adeguato supporto clinico e psicologico alle vittime.
Lo scorso Agosto e’ entrata in vigore la L. 69/2019?
La legge denominata “Codice Rosso” include incisive disposizioni di diritto sostanziale e processuale penale. Si prevedono cioe’ tempi piu’ rapidi per il processo, maggiori tutele per le vittime e pene piu’ severe, nonche’ l’introduzione dei nuovi reati come le lesioni permanenti al volto e il revenge porn.
La normativa italiana presenta delle differenze rispetto agli altri Paesi europei. Francia, Spagna e Regno Unito riconoscono lo stupro come reato per se rispetto alle altre violenze sessuali. Le pene sono simili, ad eccezione del Regno Unito che arriva anche a prevedere l’ergastolo. Tuttavia, recenti statistiche hanno dimostrato che l’ergastolo non ha alcun effetto deterrente visto che le percentuali di donne che hanno subito una violenza sessuale sono molto superiori nel Regno Unito rispetto alla Spagna o all’Italia.
Questa normativa presenta delle zone d’ombra?
Sicuramente ci sono dei problemi applicativi. Astrattamente e’ una legge molto valida ma bisogna poi fare i conti con il lato pratico. Gli Uffici giudiziari sono dotati di organico sufficiente a far fronte alle denunce? I magistrati e le forze dell’ordine sono specializzati e preparati sul tema “violenze di genere” e sulla normativa per far fronte alla risoluzione dei casi? Sono tutte domande a cui solo il futuro potra’ darci una risposta. Non si negano i passi in avanti, ma e’ necessario risolvere il problema anche dal punto di vista culturale. Basarsi solo sull’aspetto punitivo, come spesso dimostrato in altri ambiti, non risolvera’ il problema ne’ avra’ l’effetto deterrente sperato. Per combattere la violenza di genere e’ necessaria una forte cooperazione a diversi livelli: sanitario, educativo, legislativo e giudiziario.