Milano
Zambetti, soldi ai clan in cambio di voti: chiesti dieci anni

E' di dieci anni di carcere la richiesta dell'accusa nei confronti di Domenico Zambetti, ex assessore regionale alla Casa arrestato cinque anni fa con l'accusa di voto di scambio con la 'ndrangheta. E' stato definito "grave il patto di scambio politico-mafioso" tra Zambetti e i presunti affiliati alla 'ndrangheta Eugenio Costantino e Giuseppe Agostino, e tale patto avrebbe falsato il risultato stesso delle Regionali 2010. Zambetti avrebbe versato 200mila euro, secondo l'accusa, nelle casse dei clan clalabresi,, in cambio dei loro voti.
UNA "POTENTE ASSOCIAZIONE ARMATA" - Una "potente associazione armata": cosi' il pm di Milano Giuseppe D'Amico ha definito nella sua requisitoria il gruppo criminale che avrebbe aiutato l'ex assessore regionale lombardo Domenico Zambetti a essere eletto nelle fila del Pdl nel 2010. Prima di chiedere la sua condanna a dieci anni di carcere, il pm ha sottolineato la "completa disponibilita' dell'assessore ad accontentare le richieste" del presunto boss Eugenio Costantino e di Giuseppe D'Agostino, presunto portavoce dei clan, gia' condannato in appello col rito abbreviato per questa vicenda a 8 anni e 8 mesi di carcere. La "compromissione" tra un "esponente di spicco della Regione Lombardia e gruppi politici mafiosi e' durata fino agli arresti", ha aggiunto il magistrato, secondo il quale ci sarebbe stato un "grave tentativo di Costantino e dei suoi complici di alterare le elezioni Comunali a Milano e a Rho". Il pm ha chiesto le attenuanti generiche solo per due imputati: Ciro Simonte, perche' ha avuto un "ruolo solo esecutivo" e l'ex sindaco di Sedriano Alfredo Celeste, la cui condotta si sarebbe limitata a "promesse mai concretizzate".
"COSTANTINO, LIEVISSIMO DISTURBO DELLA PERSONALITA'" - Per D'Amico, non sono invece "meritevoli delle generiche" Zambetti, Crespi e Scalambra, che "hanno tutti teso a difendersi arrampicandosi sugli specchi". "Costantino ha un lievissimo disturbo di personalita' - ha spiegato il pm - che non ha nessuna rilevanza e non ha affievolito la sua responsabilita' perche' ha sempre mostrato lucidita' e furbizia non comune nella realizzazione dei reati". Piu' in generale, il rappresentante della pubblica accusa ha parlato di "reati estremamente gravi" compiuti da "una potente associazione armata capeggiata da Sabatino Di Grillo (condannato in abbreviato a 10 anni e dieci mesi) che andava a fare estorsioni anche a Bergamo e a Brescia". Il processo, davanti all'ottava sezione penale, e' stato rinviato al prossimo 25 novembre.
LE PROMESSE DI GARAVAGLIA AL SINDACO DI SEDRIANO - Al termine della sua requisitoria nel processo su presunte infiltrazioni della 'ndrangheta in Lombardia, il pm di Milano Giuseppe D'Amico ha chiesto di trasmettere alla Procura il verbale delle deposizioni rese dall'assessore regionale lombardo leghista all'Economia Massimo Garavaglia e da Alfredo Celeste e Adelio Pivetta, rispettivamente ex sindaco e vicesindaco di Sedriano. Il magistrato vuole che la Procura chiarisca quanto dichiarato dai tre con riferimento agli scavi per la realizzazione della Tav nel comune di Sedriano. "Ereditammo una cava abusiva - aveva detto Pivetta ai giudici della Corte d'Assise - dalla quale erano stati scavati 320 mila metri cubi di ghiaia utilizzati nel cantiere Tav, senza che il Comune ricevesse in cambio ne' soldi, circa 400mila euro, ne' compensazioni ambientali. Si fece avanti l'assessore regionale Massimo Garavaglia, che era senatore della Lega Nord, per chiederci di non procedere contro il consorzio Cav.To.Mi. (la societa' che ha costruito una tratta lungo l'asse Milano-Torino del treno super veloce, ndr) e di rinunciare alla procedura sanzionatoria da 3 milioni di euro. In cambio Garavaglia si sarebbe attivato per farci avere 500mila euro con la 'legge mancia'". Sentito in aula, Garavaglia aveva ammesso di avere incontrato Celeste e Pivetta, rispettivamente sindaco e vice del primo comune sciolto per mafia nell'ottobre 2013, negando pero' di avere promesso 500mila euro. Ora, il pm D'Amico chiede alla Procura di fare chiarezza sul contenuto di queste deposizioni.