Roma, 21 set. (Adnkronos) - "'Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili'". È questo uno degli insegnamenti che ci ha lasciato Rosario Livatino, il magistrato ucciso dalla 'stidda' agrigentina il 21 settembre 1990. Aveva solo 38 anni e, anche per questo, fu definito 'il giudice ragazzino'. Ma Livatino toccò con mano e direttamente -da solo- l’influenza e la pervasività della mafia nella pubblica amministrazione, constatò la corruzione diffusa. E grazie anche alle sue indagini che nella nostra Isola si scoperchiò la 'tangentopoli siciliana'”. Così il deputato Dem Anthony Barbagallo, segretario regionale del Pd Sicilia e segretario della commissione nazionale Antimafia ricorda il Rosario Livatino, oggi Beato, nel 34/mo anniversario dell’omicidio. “Era un uomo retto e un magistrato integerrimo –prosegue Barbagallo- che fu, anche lui, lasciato troppo solo. Un esempio e un monito soprattutto oggi, in un’epoca in cui si tende a delegittimare sempre di più il ruolo della magistratura a cui invece non bisogna mai far mancare sostegno incondizionato”.
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