Addio ad Alfredo Reichlin. Il suo ultimo monito, pessimista, sul PD

Con l'addio di Alfredo Reichlin, 91 anni, dirigente molto vicino prima a Ingrao e poi a Berlinguer, nel PCI, e a D'Alema, nei DS, la questione del Mezzogiorno ha perso uno dei suoi ultimi e più acuti sostenitori. 
Nel lontano 1963, iniziarono i "Dieci anni di politica meridionale", come si intitolò il libro (Editori Riuniti, 1974), in cui l'esponente pugliese riassunse l'esperienza di segretario regionale del PCI, nella sua regione, ponendo i problemi del Sud al centro dell'impegno politico e formulando tante idee per un nuovo modello di sviluppo del Mezzogiorno. Deputato dal 1968, negli anni Settanta, Reichlin entrò nella Direzione del "partitone rosso".
Sposato, in prime nozze, con la affascinante e "ribelle" Luciana Castellina (la figlia, Lucrezia, è una brillante economista) che fu espulsa dal PCI con il gruppo del "Manifesto", Reichlin ebbe un ruolo, fondamentale, con Beppe Vacca, nella maturazione politica, come segretario del Pci, in Puglia, di D'Alema. A Massimo don Alfredo fu molto vicino, dopo la tragica scomparsa della prima, vivace compagna, Giusi Del Mugnaio.
Per "Baffino" il compagno più anziano fu prezioso, nella fase dell'ascesa alla segreteria del PDS, al posto di Occhetto, impietosamente definito "tecnicamente obsoleto", e per presentargli personalità di rilievo, come l'allora governatore della Banca d'Italia, Ciampi.
Questo il suo ultimo monito, venato da pessimismo, ai dirigenti del PD, pubblicato, la scorsa settimana, dall'"Unità", che Reichlin diresse, in due periodi:
"Mi sento di dover dire che è necessario un vero e proprio cambio di passo per la sinistra e per l’intero campo democratico. Se non lo faremo, non saremo credibili nell’indicare una strada nuova al paese (...). Non sarà una logica oligarchica a salvare l’Italia. È il popolo, che dirà la parola decisiva. Questa è la riforma delle riforme, che Renzi non sa fare. La sinistra rischia di restare sotto le macerie. Non possiamo consentirlo”.