Alberto Bagnai (Lega) dice: "con me sarebbe stato peggio di Savona"
Di Maio rimasto col cerino in mano.
Alberto Bagnai, l’economista della Lega che in un certo momento è stato in predicato di essere nominato Ministro dell’Economia nel governo Di Maio - Salvini ha dichiarato a Radio Cusano Campus:
“L’ostracismo riservato a Paolo Savona, che è come me una coscienza critica e libera, ma molto più moderata di me, fa capire che se fossi stato proposto io sarebbe stato ancora peggio. Noi alla Lega ne abbiamo tanti di economisti che sarebbero stati in grado di fare il ministro dell’Economia, come Giorgetti e Garavaglia, ma il punto fondamentale è che Salvini ha voluto affermare un principio di legalità costituzionale che è molto semplice: il capo del governo ha il diritto di scegliersi delle persone di sua fiducia e il Presidente della Repubblica non dovrebbe mettere tanto bocca, secondo la dottrina costituzionale. Quindi per Salvini questa ingerenza è stata vista come un esondamento del Capo dello Stato dalle sue prerogative”.
Dunque si rinfocola la polemica sull’esclusione da parte del Capo dello Stato di Savona per le sue posizioni critiche sull’euro (in effetti smentite con non molta convinzione con una lettera postata domenica su un sito ostile alla moneta europea) e si tiene fermo, da parte della Lega, di un “principio di legalità”, non sfiorando invece il punto di discussione che tiene banco in queste ore e cioè che la decisione di insistere su Savona da parte di Salvini facesse parte di un piano ben preciso del leader leghista per andare al voto anticipato e fare il pieno, sondaggi alla mano, sbaragliando sia i concorrenti interni del centro - destra come Forza Italia e Fratelli d’Italia sia lo scomodo alleato grillino. Questa ipotesi è corroborata dal rifiuto di Matteo Salvini di nomi alternativi, come il N.2 della Lega Giancarlo Giorgetti, proposto da Di Maio e accettato da Mattarella. Oltretutto la decisione di Salvini, al contrario di quella di Di Maio, di non chiedere lo stato di messa in accusa del Presidente della Repubblica, “non è una guerra Salvini Mattarella”, corrobora questa ricostruzione.