Politica
Elezioni Emilia Romagna, Salvini al tramonto? I rumors-sogno della sinistra
Elezioni Emilia-Romagna, attenzione a dare per morto Salvini
Leggendo in questi giorni i quotidiani ed ascoltando molti talk show si ha come l’impressione che gran parte degli osservatori consideri Matteo Salvini entrato in una sorta di viale del tramonto della sua carriera politica, non solo come leader del centrodestra che, in caso di elezioni, probabilmente avrebbe l’onere di governare, ma anche come capo politico della stessa Lega, che grazie a lui è diventato il primo partito del paese con oltre il 30% dei consensi. Ma è possibile dare per morto un leader solo perchè ha perso in Emilia Romagna, una regione governata da decenni dalla sinistra ed in cui fino ad ora il centrodestra non era mai riuscito nemmeno solo ad immaginare di vincere?
La risposta è sicuramente no, perché se è vero che Salvini forse ha commesso l’errore di caricare troppo la valenza del voto emiliano romagnolo, considerata come una sorta di madre di tutte le elezioni ed in grado di poter dare la spallata decisiva al fragile governo giallorosso, e che ha commesso alcuni errori strategici in campagna elettorale ( ma siamo sicuri che siano tutti farina del suo sacco?) stiamo parlando sempre di un risultato storico sia per il centrodestra unito sia sopratutto per la Lega, che fino all’ultimo ha tenuto la contesa apertissima.
E chissà cosa sarebbe accaduto se all’improvviso non fosso sorto il movimento ittico delle “sardine”, nato proprio per correre in aiuto alla sinistra e fermare l’avanzato del tornado Salvini. Persino il padre nobile della Lega Umberto Bossi, nei giorni scorsi, ha rilasciato una intervista a Repubblica in cui criticava l’operato di Salvini per la sua pervicacia nel voler rendere un partito a valenza prettamente regionale in un grande partito nazionale, operazione riuscita appieno in pochi anni, alla faccia dello scetticismo di chi pensava fosse una impresa destinata a fallire.
Quindi non solo lo si accusa di aver compiuto una trasformazione storica di un partito che ormai aveva livelli di consenso intorno al 6/7% proprio per la sua eccessiva caratterizzazione localistica, ma lo si accusa anche di aver fatto tutto questo con modalità assolutamente non ortodosse e in maniera autoritaria, senza ascoltare nemmeno i vertici del partito. Ecco perché, alla prima sconfitta, all’interno della Lega, secondo i soliti noti bene informati, si starebbe consumando una sorta di processo sommario, per ora sottotraccia, guidato dal mite Giancarlo Giorgetti contro il leader. Forse questo è l’aspirazione di buona parte della sinistra che faticando a trovare le giuste contromisure la crescita senza sosta della Lega e del suo leader, spera e si augura di essere aiutata da una sorta di implosione interna, senza invece fare autocritica e domandarsi i perché di questa ascesa incredibile. Molto più comodo sperare nella auto eliminazione dell’avversario piuttosto che affrontarlo in campo aperto.
E il campo aperto è la società civile, sono i troppi poveri, la media e piccola industria da anni in lotta con un fisco ed una burocrazia opprimenti, sono gli operai che si sono sentiti abbandonati da una sinistra forse troppo elitaria, il tema della immigrazione, troppo volte derubricato come fenomeno solo umanitario, senza cercare una soluzione opportuna e vantaggiosa per tutti. Ed è proprio qui che il leader della Lega è riuscito a far sentire la propria voce, con modalità a volte criticabili forse eccessive, ma ha fatto comunque sentire che lui c’era dove la sinistra negli ultimi anni ha fallito e cioè a parlare alla gente a fare sentire le istituzione e la politica vicine al popolo. Si il popolo che secondo la costituzione dovrebbe essere sovrana e che invece spesso si sente preso in giro ed abbandonato da una classe politica da troppo tempo distante dai problemi quotidiani.
Ecco perchè le sterili polemiche sulla sue presunte assenza al Viminale o le critiche per i suoi modi spicci e poco ortodossi hanno il solo effetto di renderlo ancora più amato verso il suo popolo. Populista? Si anche, ma non si capisce poi perché da un po' di tempo questa definizione ha assunto una accezione cosi negativa proprio agli occhi della sinistra , quando invece proprio nella basi del socialismo reale poggia le sue radici. Il cosiddetto movimento populista si sviluppò, infatti, tra la fine del sec. XIX e l'inizio del XX in Russia, ed aspirava a una sorta di socialismo rurale, in opposizione al burocratismo zarista e all'industrialismo occidentale. Si avete capito bene si trattava di un movimento che era nato per contrastare il potere assoluto degli zar. Altra era storica si dirà, ma le radici quelle sono, anche se qualcuno fa finta di dimenticarsene, e il fatto che proprio nella classe operai la Lega conquista ormai una discreta parte del suo consenso dovrebbe far riflettere molto chi quel mondo invece pare averlo abbandonato in cambio del favore delle alte sfere. Salvini viene attaccato per il suo modo di fare politica considerato estremista e fuori luogo, come se tutte le accuse e contumelie che riceve quotidianamente qualsiasi cosa faccia non fossero segnali di estremismo o di intolleranza inaccettabili.
Ecco allora che una semplice sconfitta, oltretutto piuttosto scontata, resa molto onorevole proprio grazie all’immane sforzo in campagna elettorale di Matteo Salvini non può certo rappresentare l’inizio della fine della sua carriera politica, anzi per certi versi forse può essere come una classica battuta di arresto salutare. Una vittoria anche in Emilia Romagna forse lo avrebbe reso troppo sicuro di sé e della sua forza da convincerlo ad essere una sorta di invincibile e come ci insegna la Storia, la fine di tutti i più grandi imperi è iniziata proprio quando la presunzione di invincibilità li ha portati all’errore esiziale di abbassare la guardia. Il leader della Lega è più vivo che mai, come dimostrano anche gli ultimi sondaggi, pronto alle tante sfide che lo aspettano e che cominciano proprio dalle prossime regionali di primavera.
Tornando a Giorgetti il suo ruolo è quello di deus ex machina dietro alle quinte, compito che svolge come nessun altro attualmente in Italia, ma ha bisogno come il pane proprio di un uomo forte ed esuberante come Salvini. I due sono complementari e perciò solo immaginare una sostituzione al vertice della Lega appare quanto meno irrealistico. Ecco perché non è certo tempo di epitaffi per il Matteo nazionale, che ha ancora saldamente in mano il controllo del suo partito e che proprio dalla sconfitta appena subito può cercare nuova linfa per arrivare alla conquista del paese, con l’appoggio e l’aiuto del fido Giorgetti.
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