Politica

Covid, dalla sottovalutazione ai ritardi sulla zona rossa: processo al governo

di Paolo Becchi e Giuseppe Palma

E' giusto che le cariche istituzionali rendano conto di ciò che è accaduto, ma la sede ideale sarebbe una commissione parlamentare

Covid: 17 indagati per la gestione della prima ondata

La notizia è trapelata prima ancora della consegna degli atti. La Procura della Repubblica di Bergamo, che già negli anni scorsi aveva aperto un fascicolo attinente le primissime fasi della gestione pandemica, ha chiuso le indagini. Ci sarebbero 17 indagati, tra cui Giuseppe Conte e Roberto Speranza, rispettivamente ex Presidente del Consiglio ed ex Ministro della Salute, oltre ad Attilio Fontana – Presidente di Regione Lombardia – e l’ex assessore al Welfare Giulio Gallera

Inchiesta sulla zona rossa: di cosa stiamo parlando

Il reato contestato dovrebbe essere quello di delitti colposi contro la salute pubblica. Secondo i Pm di Bergamo, se già il 27 febbraio 2020 fosse stata dichiarata la zona rossa a Nembro ed Alzano forse si sarebbero potuti evitare migliaia di morti. La cosiddetta zona rossa fu decisa dal Consiglio dei ministri solo l’8 marzo 2020, un ritardo di quasi dieci giorni che configurerebbe - a parere della Procura - una colpa grave per omissione in capo ai soggetti sottoposti ad indagine. Limitatamente a Conte e a Speranza, la competenza non sarà quella del Tribunale di Bergamo bensì del Tribunale per i Ministri di Brescia in quanto all’epoca dei fatti rispettivamente – come si è già scritto – Presidente del Consiglio e Ministro della Salute. Per entrambi occorrerà - ai sensi dell’art. 9 della Legge costituzionale n. 1/1989 - l’autorizzazione a procedere della camera di appartenenza (al momento sono tutti e due deputati) perché reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni ministeriali (al di fuori di questa ipotesi l’autorizzazione a procedere non è più necessaria dal novembre 1993). Se si considera che Pd, Articolo1 e M5S votarono l’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini per il processo Open Arms, è più che legittimo che il centrodestra “ricambi il favore”. 

Perché Fontana e Gallera possono uscirne indenni (e subito)

Gli atti di indagine stanno arrivando alla spicciolata agli interessati (in molti casi "avvisati" dai media) e dunque l'esame legale è ancora incompleto, ma qualche ipotesi di indagine la si può presumere coi dati di cui disponiamo. Partiamo dal presupposto che il procedimento nei confronti di Attilio Fontana e Giulio Gallera potrebbe fermarsi già in fase di udienza preliminare con una pronuncia di “non luogo a procedere”. Vediamo perché. L’art. 32 della Legge n. 883/1978 stabilisce che “nelle medesime materie sono  emesse  dal presidente  della  giunta regionale o  dal sindaco  ordinanze  di  carattere  contingibile  ed urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a  parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale”, così come l’art. 1 del decreto-legge n. 6 del 23 febbraio 2020 prevede a sua volta che “allo scopo di evitare il diffondersi del COVID-19, nei comuni o nelle aree nei quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona  proveniente  da  un'area  già interessata  dal  contagio  del  menzionato   virus,   le   autorità competenti sono tenute ad adottare  ogni  misura  di  contenimento  e gestione adeguata  e  proporzionata  all'evolversi  della  situazione epidemiologica”. Dunque, il Presidente Fontana o l’assessore al Welfare avrebbero potuto all’epoca adottare provvedimenti di chiusura prima che lo facesse il governo.