Politica
D'Alema e l'analogia con Nanni Moretti: “Mi si nota di più se vengo o se..."
Le grandi manovre nel Pd dopo il rientro dei bersaniani
D’Alema: “Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”
Grandi cambiamenti bollono nella pentola Dem e più in generale nell’area della sinistra italiana. E non poteva essere cosi dopo la débâcle avvenuta dopo le scorse elezioni politiche di settembre che ha aperto al governo di Giorgia Meloni. L’Assemblea del Partito Democratico ha infatti approvato “Il manifesto per il Nuovo Pd” e contemporaneamente la Direzione nazionale di Articolo 1 ha dato il via libera alla partecipazione al progetto. Questo, in soldoni, significa la possibilità per Roberto Speranza, Pierluigi Bersani e soprattutto Massimo D’Alema di tornare nel Partito democratico dopo anni di separazione dovuti alla fuoriuscita ai tempi di Matteo Renzi. Si legge nel documento:
“La Direzione nazionale di Articolo Uno ha approvato la relazione del segretario Roberto Speranza, esprimendo una valutazione positiva sull'approvazione formale e sui contenuti del Manifesto per il Nuovo Pd, che segna un fatto politico molto significativo e pone le basi per la costruzione di una seria alternativa alla destra nel nostro Paese…Gli iscritti e le iscritte di Articolo Uno sono invitati a partecipare attivamente alla fase congressuale già dalla prima fase del voto nei circoli, sottoscrivendo entro il 31 gennaio l'impegno ad aderire al Nuovo Pd nel 2023, come previsto dal Regolamento congressuale approvato».
Non tutti però sono contenti. Ad esempio il deputato Dem Enrico Borghi ha dichiarato con un audace excursus storico - geografico: "La tesi secondo la quale il Pd dovrebbe sciogliersi o cambiare nome per consentire ad Art.1 di rientrare nel Pd è come se il Portorico ponesse come condizione per entrare negli Usa che questi cambiassero nome, come il Pdup che rientrò nel Pci senza però pretendere abiure".
E poi ancora su Articolo 1: “Servono il Re di Prussia, cioè Giuseppe Conte”. Ed in effetti pure il nome proposto, Padel, Partito del lavoro, non è dei migliori. Ma l’interrogativo che tiene banco è: tornerà il leader Maximo e cioè D’Alema? Primo ex comunista a diventare presidente del Consiglio, Ministro degli Esteri, fondatore del Partito democratico uscì dal Pd in polemica con Renzi, formalmente fa parte di Articolo 1 ma politicamente orbita intorno a Giuseppe Conte.
Ed in effetti fa un po’ impressione a pensare alla scaltrezza di Conte, che da semplice avvocato civilista, ha scalato i gradini del potere facendo fuori nell’ordine Matteo Salvini, Luigi Di Maio e da ultimo Beppe Grillo, che ora viene stipendiato da “Giuseppi”, come lo chiamava Donald Trump ai tempi del governo di destra giallo – verde. In ogni caso sono noti gli ottimi rapporti che legano D’Alema a Conte, che prima di fare politica, votava Pd. L’operazione che si intravvede è quella di trasformare il Pd in una costola del Movimento Cinque Stelle.
In questa ottica a D’Alema conviene aspettare per vedere cosa succede senza precipitarsi e legarsi le mani nuovamente al Pd in cui potrebbe rientrare in posizione di guida proprio grazie a Giuseppe Conte. Il comportamento di D’Alema ricorda un po’ quello di Nanni Moretti che in Ecce Bombo in preda a una crisi di narcisismo diceva, riguardo ad una festa a cui era stato invitato: “Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”, ma siamo sicuri che l’ex premier comunista saprà sorprenderci di nuovo.