Elezioni 4 marzo Lega, Maroni? Salvini e Berlusconi furiosi con Bobo
Elezioni 4 marzo Lega, tutti gli errori politici di Maroni
Elezioni politiche 2018: un clamoroso errore politico. Un autogol storico. Così in Via Bellerio e ad Arcore definiscono la decisione di Roberto Maroni di non ricandidarsi alla guida della Regione Lombardia. Matteo Salvini e Silvio Berlusconi hanno chiuso categoricamente ad ogni ipotesi di un ruolo politico nazionale per il Governatore uscente. Non solo, secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, sia il segretario leghista sia l'ex Cavaliere non vogliono nemmeno vedere Maroni, considerato ormai "un capitolo chiuso". Il leader di Forza Italia, in particolare, giudica "incredibile" e "insensato" annunciare la propria indisponibilità a ricandidarsi a meno di due mesi dall'apertura delle urne, proprio quando i sondaggi davano la vittoria quasi certa.
Maroni pare che si sia chiuso nel più stretto riserbo nel suo ufficio in Regione, cupo in volto e con pochissima voglia di parlare. Solo poche parole nel tardo pomeriggio di martedì: "Ribadisco quello che ho detto ieri; ho deciso di non ricandidarmi ma non ho chiesto nulla non mi candido a nulla se non a una nuova vita". Resta però l'enigma di come un uomo dell'esperienza e del fiuto politico di Maroni - Governatore della prima Regione d'Italia per cinque anni, ex segretario della Lega (ancora Nord), ex ministro dell'Interno e del Welfare - abbia potuto commettere un tale errore strategico.
E' vero che dopo il voto gli scenari potrebbero anche cambiare, in politica non si sa mai, ma, stando al sentiment che si respira in casa Lega e Forza Italia, il futuro politico di Bobo è di fatto inesistente. Quel "so come si governa" e "non vado in pensione, sono a disposizione", pronunciati in conferenza stampa, sono suonati quasi come un insulto per le orecchie di Salvini e Berlusconi. Secondo alcune indiscrezioni, fonti qualificate, Maroni avrebbe pensato per se stesso a due strade: o ministro dell'Interno o presidente del Senato, strizzando l'occhio anche a Palazzo Chigi ma solo come ipotesi estrema.
E invece Berlusconi ha escluso qualsiasi incarico di governo e Salvini non ha alcuna intenzione di candidarlo alle Politiche, quindi anche il sogno di diventare la seconda carica dello Stato è destinato a restare nel cassetto. I maligni pensano ai guai giudiziari del Governatore uscente e alla sentenza ormai quasi imminente. In base alla Legge Severino, infatti, sindaci e presidenti di Regione decadono anche se condannati in primo grado, mentre per i parlamentari l'esclusione scatta solo dopo la Cassazione (tempi quindi lunghissimi). Ma nella Lega spiegano che il discorso "non sta in piedi" visto che, anche in caso di condanna, come insegna De Luca, ci sarebbe comunque stata la strada del ricorso al Tar per prendere tempo.
Che cosa è successo nella Lega? Nessun terremoto. Tranne i fedelissimi di Maroni, come l'assessore Fava (minoranza indipendentista), tutti gli altri big sono assolutamente allineati con Salvini. In particolare pare che Giancarlo Giorgetti, pontiere del Carroccio e vera mente di Via Bellerio, sia "furioso" con Maroni almeno quanto il segretarioe, nonostante stia cercando come sempre di smussare gli angoli, consideri la non ricandidatura un "gesto indecifrabile". Fatto sta che, salvo colpi di scena, per il quasi ex presidente della Regione Lombardia il futuro assomiglia sempre più a quello di Umberto Bossi. Ovvero relegato nei libri di storia ma senza alcun incarico e/o potere.