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Politica
Federico Palmaroli, in arte Osho: l'amico di Meloni che fa ridere la destra
Federico Palmaroli e Giorgia Meloni

Federico Palmaroli, in arte “Osho”: un successo deflagrante. La sua amicizia con Giorgia Meloni

Federico Palmaroli, in arte “Osho”, è un romano di Monteverde che sta avendo un successo deflagrante. Alzi la mano chi non ha ricevuto mai su WhatsApp qualche sua vignetta sganasciante. Ha iniziato qualche anno fa abbinando delle frasi in romanaccio all’immagine di un santone indiano, Osho Rajneesh.

Il meccanismo della comicità era quello di abbinare l’immagine sacra e seriosissima a banalità della vita quotidiana. Tutto ha inizio nel 2015 quando Palmaroli trova casualmente su Facebook un gruppo di seguaci di Osho. Il santone ha lo sguardo rapito, estasiato, perso nell’infinito. Sta guardando una piantina, medita. Il barbone modulato dal vento, le sopracciglione folte come quelle di Breznev e di Moravia, messe insieme.

E poi il lampo di genio che è fantasia, intuizione, colpo d'occhio e velocità d'esecuzione. Palmaroli prende la foto ci scrive sotto: “i pomodori non sanno più di un ca...o”. Il favore del pubblico è immediato. Una montagna di “like” e risate a non finire. In una recente intervista al Corriere della Sera, fornisce altri esempi concreti: un uomo e una donna passeggiano in via Condotti a Roma, a Natale... Lui: “Una ca...ata pure a tuo cognato tocca fargliela”. O, di recente, ho trovato una foto di Eva Kaili seduta in un salottino con due emiri. La vignetta è che uno le domanda “e se ti chiedono se fa caldo, tu che devi rispondere?” e lei: “Che fa caldo, ma è un caldo secco”.

Insomma il meccanismo della comicità è alimentato dalle frasi fatte e banali che sentiamo ogni giorno trasposte però in una situazione seriosa. Ma perché non compare più Osho nelle sue vignette? Il motivo, intuibile, è presto detto: perché l’associazione mondiale che fa capo allo scomparso santone, appunto, Osho, è si mistica ma c’ha i piedi ben piantati per terra e quindi a Palmaroli, ad una certa, gli è arrivata una bella lettera di un ufficio legale di New York, mica del Laurentino 38, che gli intimava di non utilizzare più l’immagine del barbuto indiano pena la spoliazione completa dei beni materiali e un pessimo karma del suddetto Palmaroli che si è dovuto riciclare verso altre immagini e questa, tra l’altro, è stata una fortuna perché gli si sono aperte le porte della satira politica.

Così “Osho-Palmaroli”, ha preso di mira il materiale umano che il meraviglioso pianeta della politica mette a disposizione ogni giorno, diciamo pure ogni minuto. Dunque ha potuto cimentarsi con coppie ben collaudate, come ad esempio Conte – Casalino, oppure con Di Maio - Tabacci, Speranza, la Raggi e chi più ne ha più ne metta. Ma Osho, come ormai tutti lo chiamano, non si ferma alla politica nazionale. E così qualche tempo fa è uscita questa perla: “C’è la foto di Volodymyr Zelensky che dice ai suoi “Totti e Ilary se stanno a separà e noi pe ‘na guera stamo a fa ‘na tragedia”. O c’è Sergio Mattarella nel palco di Sanremo che fa “che due co..oni... Ma nun je potevo mannà pur’io ‘na lettera?”.

Politicamente Osho è di destra ed è molto amico di Giorgia Meloni che conosce dal 2016. Ma quando si vedono non parlano di politica ma solo cenette in cui si sganasciano dalle risate. Del resto proprio la Meloni ha un forte senso dell’ironia e della comicità e di scherzi, quando era “piccola” ne ha fatti tanti. In luogo preferito erano le riunioni di Atreju in cui perculavano i grandi della politica. Vittime illustri. Padri nobili di partiti e movimenti.

Ad esempio a Fini chiesero il supporto su un inesistente popolo asiatico, quello dei Kaziri che era oppresso perché minoranza in Turkmenistan. Racconta la Meloni: “Subito dopo si alza un figuro completamente pelato con una lunga barba rossa, che a mani giunte si mette a invocare aiutoo con tono petulante: 'Tanto aiuto presidente, Kaziri aiuto'. Fini impassibile accavalla le gambe e risponde: “Conosco la situazione, le discriminazioni…”. Risate generali.

A Berlusconi la Meloni ricordò le efferatezze del dittatore inesistente del Laos, Pai Mei (nome preso da Kill Bill meraviglioso film di Quentin Tarantino). Era il periodo in cui il Cavaliere girava con sottobraccio il “libro nero del comunismo". L’unico, racconta nella sua autobiografia, “Io sono Giorgia” (Rizzoli), che ci rimase male e rispose piccato fu “Uolter” Veltroni a cui nel 2007 -quando era sindaco di Roma- chiese conto della inesistente “borgata Pinarelli”.

Lui serio, annuisce e comincia, come se niente fosse, a snocciolare gli interventi fatti in questa periferia finquando la Meloni gli fa: “Walter fermati…non esiste a Roma una borgata Pinarelli”. Infatti è un nome tratto dal film di Bruno Corbucci Delitto in formula Uno, con Tomas Milian nelle vesti dell’ispettore Nico Giraldi. Il sindaco si lividò e disse: “Ah se vogliamo fare questi giochetti… credo di conoscere Roma molto bene!”. Ed infatti. Speriamo che Osho faccia anche qualche vignetta sui politici del passato, che il materiale, come visto è ottimo e abbondante.

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