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Politica
Governo M5S-Pd pronto? Mah... Cosa succede dietro le quinte. Colpo di scena...

I giornaloni lanciano l'accordo M5S-Pd-LeU, ovvero Grillo-Renzi-D'Alema. Tanto che è già scattato il toto-premier e il toto-ministri con le voci impazzite che parlano addirittura di un accordo già siglato tra i pentastellati e il Partito Democratico per le prossime elezioni regionali. Insomma, il mainstream e la grancassa mediatica danno ormai per certa l'intesa anti-Salvini che, sconfitto e scornato, se ne ritornerebbe all'opposizione magari per i prossimi quattro anni a leccarsi le ferite.

Ma siamo proprio sicuri che finirà davvero così? Fonti dem ai massimi livelli e vicine al segretario Nicola Zingaretti spiegano ad Affaritaliani.it come il cammino verso un governo di legislatura con i 5 Stelle sia "tutto in salita" e "pieno di ostacoli". Prima di tutto perché il governatore del Lazio non è affatto convinto di seguire lo schema di Matteo Renzi e continua a ritenere un accordo con il M5S un regalo a Salvini e al Carroccio ("Basta che ripartono gli sbarchi di immigrati come ai tempi di Alfano e la Lega vince le Regionali in Emilia Romagna con il 50%", afferma una fonte dem non renziana), senza considerare la manovra non facile da scrivere e da approvare con Salvini che dall'opposizione avrebbe gioco facile a sparare sull'"esecutivo schiavo di Bruxelles che massacra gli italiani".

Non a caso Renzi originariamente voleva un governo tecnico o del Presidente, conoscendo bene tutte queste difficoltà, salvo poi optare per la frase "non impicchiamoci sulle formule". Sempre dal fronte Zingaretti spiegano: un conto sono le aperture fatte in questi giorni da Goffredo Bettini, Dario Franceschini e Graziano Delrio e ben altra cosa è mettere in piedi un governo politico che duri quattro anni con chi fino a ieri era un acerrimo nemico. Due settimane fa il Pd ha presentato al Senato una mozione di sfiducia al ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli bocciando completamente la politica pentastellata sulle grandi opere (non solo Tav Torino-Lione).

E ancora. Il senatore M5S Gianluigi Paragone ha twittato sarcastico se i voti per farlo eleggere presidente della Commissione sulle banche arriveranno da Maria Elena Boschi, per anni nemica numero uno dei 5 Stelle, facendo emergere tutta la contraddizione di un possibile governo giallo-rosso. Senza dimenticare altri argomenti chiave come la bocciatura del Pd al reddito di cittadinanza e al Decreto Dignità, due provvedimenti bandiera dei pentastellati. E ancora. Il Pd per arrivare a un'intesa chiederebbe probabilmente un totale cambio della classe dirigente 5 Stelle, peccato che Di Maio sia stato recentemente riconfermato leader per i prossimi anni. E infine i tempi. "Lega e M5S ci hanno messo più di due mesi per scrivere il contratto di governo, noi lo facciamo in tre giorni? E per tutta la legislatura? Dai, siamo seri", affermano fonti dem (zingarettiane).

Tutto ciò è ben presente nei ragionamenti che si fanno al Quirinale. Probabilmente è vero che Sergio Mattarella non sia molto propenso a sciogliere le Camere e mandare il Paese alle urne a fine ottobre/inizio novembre con la Legge di Bilancio in alto mare, ma è altrettanto vero - insistono le fonti Pd - che non vuole nemmeno avallare un esecutivo fatto rapidamente e che rischia di litigare al primo provvedimento in Aula (per di più con i numeri traballanti). Insomma, andiamoci piano con il governo M5S-Pd-LeU già fatto. E infatti un senatore dem di lungo corso sorride, sospira e afferma: "Alla fine non se ne farà niente...". Staremo a vedere.

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