I timori di Prodi per la sua creatura politica. Il Professore scende in campo
Prodi e Renzi e la partita del centro - sinistra
È indubbio che Romano Prodi si sia rimesso in movimento al di là delle sue affermazioni sull’essere “solo” (che poi, comunque, mica sarebbe poco) un “confessore” del centro - sinistra.
Prodi non è un confessore o almeno non è solo quello. È il padre fondatore dal 1996, quindi da più di trenta anni, dell’Ulivo e del Partito Democratico.
Prodi anzi rappresenta la quintessenza di un progetto politico che è diventato storia e quando un padre fondatore si muove vuol dire che grandi cose bollono in pentola.
Renzi iniziò a fare politica proprio nei comitati Prodi e la formazione di entrambi, democristiani, non solo non è irrilevante ma è fondamentale per comprendere le mosse che si stanno susseguendo in questi tempi pre - elettorali visto che il Presidente della Repubblica Mattarella ha individuato la prossima primavera come un tempo propizio.
Se Renzi può essere visto caratterialmente simile a Fanfani, Prodi è invece più simile ad Andreotti, ma si tratta comunque di due sensibilità ben caratterizzate di quella che fu la Democrazia Cristiana un partito che, seppur non esista formalmente più, non ha mai smesso veramente di comandare in Italia. Basti vedere le espressioni del Presidente della Repubblica e del Consiglio per capirlo.
Prodi ha invece compreso che la sua creatura è in pericolo ed è quindi ridisceso in campo per salvarla e nel centro - sinistra è l’unico personaggio politico che ha i numeri per farlo in termini di credibilità personale. Questo mette in ulteriore difficoltà Renzi che dovrà spostarsi ancora più a destra, verso Berlusconi in una sorta di ridotta della Valtellina in cui proverà a mettere in piedi un tentativo di estrema difesa.