Politica
Il terzo mandato per Sindaci e Presidenti di Regione è un errore
Il potere ha sempre la tendenza ad autoconsolidarsi
Il terzo mandato per Sindaci e Presidenti di Regione è un errore
Nell’ottobre del 1945 la Francia era ancora devastata dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale. Charles de Gaulle, Presidente del Governo provvisorio, un nazionalista aristocratico, e Maurice Thorez, Capo del Partito Comunista francese, presero il tempo e, insieme, decisero di riformare la pubblica amministrazione francese. Crearono al suo interno una élite, cui dovevano accedere i migliori di Francia, da selezionarsi con criteri strettamente meritocratici.
Un Paese, come una azienda o una famiglia, non può essere migliore delle persone che lo compongono e lo conducono. Non è mai troppo presto, quindi, né troppo tardi, per capire come migliorare la propria classe dirigente. Non vi sono priorità più impellenti. E questo è vero soprattutto nei momenti difficili, come quello che stiamo vivendo, nel quale si accumulano all’orizzonte nubi sempre più cariche di una nuova possibile tempesta.
Dopo anni di instabilità dovuti alla pandemia, alle guerre, alle interruzioni delle catene logistiche e di fornitura e all’inflazione, questo 2024 inizia con le crisi Ucraina e medio-orientale che stanno prendendo una ulteriore nuova brutta piega. Nel frattempo la competitività dell’economia europea, con la sua struttura produttiva appesantita dall’ambizione delle istituzioni europee di essere il luogo più avanzato e regolamentato della terra, è fragile. Lo dice ormai anche un europeista convinto come Mario Draghi. I cittadini se ne erano già accorti, dovendo pagare il doppio pegno di prezzi più alti al supermercato e di salari sempre più bassi in termini reali.
In questo contesto il dibattito in corso sull’estensione della possibilità di un terzo mandato a Sindaci e Presidenti di Regione può sembrare un dettaglio. Non lo è, e va nella direzione sbagliata. In prima battuta può sembrare ragionevole pensare che non vi è motivo per non far continuare al medesimo posto di potere anche per un tempo molto lungo delle persone che sono brave e competenti. Questo ragionamento è però un falso amico. Le persone, proprio perché sono brave e competenti, vanno promosse a responsabilità ancora superiori, non confermate nel luogo dove sono. Per fare questo è necessario che vi sia un ricambio progressivo e continuo nella classe dirigente ed un meccanismo in base al quale gli spazi di potere si liberano con cadenza determinata e vengono rioccupati in base al merito.
Questo ricambio meritocratico non accade però naturalmente. Il potere ha sempre la tendenza ad autoconsolidarsi. L’esercizio del potere, è inutile negarlo, dà piacere a chi lo esercita. Il potere, come raccontato nella saga del Signore degli anelli, quando lo conquisti, ti conquista (e poi nel tempo, forse, anche ti trasforma e ti consuma). Abbandonare volontariamente il potere è una cosa molto difficile. I casi infatti sono molto rari, al limite del leggendario. Il primo è stato il mitico Cincinnato, avvolto infatti da un alone di leggenda.
Nei tempi moderni fu George Washington negli Stati Uniti a rinunciare volontariamente ad un terzo mandato da Presidente. Nonostante l’ottimo esempio, anche lì è stato però alla fine necessario introdurre in Costituzione un limite esplicito dopo che durante la Seconda guerra mondiale il Presidente Roosevelt si presentò e vinse per una terza (e poi anche una quarta) volta le elezioni. Tutti siamo utili. Nessuno può e deve essere necessario. Sarebbe un rischio per tutti. Il potere che si consolida invecchia e, nel tempo, non è più pronto ad affrontare le sfide di un mondo nuovo.
Abbandonare il limite dei tre mandati è un errore. Dovremmo fare esattamente il contrario, inserendo il limite di mandato in Costituzione ed estenderlo, più in generale, anche a tutte le posizioni apicali della Pubblica Amministrazione, introducendo il principio che a nessuno deve essere possibile esercitare la medesima posizione di potere per un tempo eccessivo.
Siamo quasi 60 milioni. Ce lo possiamo permettere.
*Economista ed imprenditore