Politica
Lega, Giorgetti-Zaia nervosi. Salvini dov'è? Il caso dell'autonomia (sparita)
Viaggio nel nervosismo del Veneto per i troppi penultimatum
Prima il 21 dicembre, come regalo di Natale sotto l'albero. Poi il 15 febbraio, con tanto di annuncio del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, e successivamente il 21 marzo. Infine il 21 giugno, come rivelato dal vicepremier Matteo Salvini in un'intervista ad Affaritaliani.it ("Passaggio in Consiglio dei ministri entro l'inizio dell'estate" che, calendario alla mano, comincia proprio il 21 giugno). L'autonomia regionale latita, ritarda, viene continuamente rimandata tra annunci, penultimatum e tanti, troppi rinvii.
La data del tanto atteso ok in Cdm continua ad essere spostata in avanti tanto che nel profondo Veneto qualcuno ironizza prendendosela con il 21 che "evidentemente porta sfiga", almeno "cambiamo giorno". Fatto sta che alle Europee del 26 maggio la Lega Salvini premier non più Lega Nord ha ottenuto il record storico del 49,88% toccando nelle province di Vicenza e Treviso, dove il sentimento autonomista e federalista è più sentito tra la popolazione, picchi del 52,66% e del 53,64%.
Non c'è alcun dubbio che questo consenso sia anche e soprattutto una spinta che chiede (anzi, pretende) l'attuazione immediata dell'autonomia regionale (sancita dai referendum regionali dell'ormai lontano 22 ottobre 2017) mettendo così fine ai balletti delle date periodicamente annunciate dal vicepremier Salvini e puntualmente smentite dai fatti.
La bese della Liga Veneta, il Governatore Luza Zaia in testa, vive questi giorni con un mix crescente di attesa e di nervosismo, anche perché il leader del Carroccio negli ultimi giorni - nei vertici a due con Luigi Di Maio e a tre incluso il premier Conte - ha sempre messo in cima alle priorità lo choc fiscale, ovvero la flat tax, oltre al Decreto Sicurezza bis (poi approvato dal Cdm) ma senza nemmeno citare il tema del federalismo.
In Veneto, ma questo vale in parte anche per la Lombardia (soprattutto la fascia a Nord dove il Carroccio è più forte), non sanno più che parole utilizzare per tranquillizzare la base leghista, dai militanti che spendono tempo e fatica a fare gazebo e incontri con i cittadini fino ai tanti amministratori locali - sindaci e consiglieri comunali - che attendono l'autonomia ormai da anni.
Zaia, che il prossimo anno ha anche il passaggio elettorale delle elezioni, non può certo arrivare all'appuntamento delle urne senza avere in mano i maggiori poteri per la Regione e attende segnali da Roma sempre più impaziente, in stretto e costante contatto con il presidente della Lombardia Attilio Fontana.
Il nodo non è soltanto il Movimento 5 Stelle, che continua a frenare sull'autonomia regionale e che contesta il provvedimento anche nel merito, ma la stessa Lega nazionale che essendo il primo partito al Centro e oltre il 20% al Sud non può permettersi di fare le barricate come se fosse il vecchio Carroccio padano e secessionista di Umberto Bossi confinato dal Po in su.
Questo vale soprattutto per Salvini, leader nazionale e sovranista, ma meno per Giancarlo Giorgetti che - secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it - all'interno della stessa Lega oltre che dell'esecutivo continua a pressare per arrivare al via libera dell'autonomia in Cdm. D'altronde il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, varesino doc, ha vissuto in prima fila l'epoca della Padania e della secessione e considera il federalismo ancora nel dna del partito.
Secondo i beninformati, uno dei principali motivi di frizione tra Salvini e Giorgetti e tra il M5S e il numero della Lega sarebbero anche i ritardi sul trasferimento dei poteri alle Regioni del Nord. C'è poi il ruolo della ministra Erika Stefani, seria e competente sempre attenta a dosare le parole e a studiare bene il dossier, che di fatto è stretta tra l'incudine dei ministeri romani e il martello del suo Veneto (lei è di Valdagno, Vicenza).
La Stefani lavora per cercare di portare a casa il risultato finale nel più breve tempo possibile senza però rischiare di mettere a repentaglio la maggioranza e l'esecutivo. Prima o poi - spiegano fonti leghiste venete - Salvini dovrà arrivare al dunque e stringere: o si fa o non si fa. Altrimenti il 49,88% raccolto il 26 maggio nella Regione di Zaia potrebbe presto diventare un boomerang.