Politica
Luigi Di Maio sta facendo scomparire Zingaretti
Di Maio fa politiche sociali Zingaretti, il gesuita rosso, i patti con Berlusconi
Nicola Zingaretti è uno dei più furbi segretari del Pd perché il suo mestiere, imparato alla Scuola di partito delle Frattocchie, indubbiamente lo sa fare. Non ha l’irruenza napoleonica e sconsiderata di Matteo Renzi e valuta sornione quando affondare il corpo e quando glissare. È un gesuita rosso
che però non ha più fedeli a cui recitare messa.
E in questa ottica il segretario del Pd ha dichiarato: “chi vota Di Maio vota Salvini”.
Questa affermazione così perentoria, fatta oltretutto in un momento in cui la distanza tra il leader dei Cinque Stelle e quello della Lega è abissale, fa riflettere e rimanda alla considerazione iniziale.
Zingaretti sa benissimo che in questo momento Di Maio ha fatto irruzione “a sinistra” e ha paura di perdere tutto il consenso che gli è rimasto che vede sfuggire inesorabilmente come sabbia da una clessidra bucata.
Ha paura perché Di Maio sta portando avanti tutti i temi propri di un partito, il Pd, che dovrebbe essere dalla parte dei deboli e dei lavoratori e non solo non lo è più stato ma ha fatto atti indecenti come il Jobs Act con l’abolizione dell’articolo 18 ed ha sostenuto la terribile riforma delle pensioni nota come Fornero.
Tutte cose che hanno distrutto la classe lavoratrice, i disoccupati, i giovani mentre il Pd inseguiva “attici e caviale” scollandosi sempre di più dalla sua base.
Di Maio ha invece fatto il Decreto Dignità, il Reddito di cittadinanza e fra poco il salario minimo orario che ha intenzione di portare come cavallo di battaglia anche in Europa.
Il salario minimo orario metterà fine all’ignobile sfruttamento di lavori pagati pochi euro l’ora.
Una grande misura di civiltà.
Tutte misure che avrebbe potuto e dovuto fare Zingaretti se non fosse stato impegnato, come partito, a supportare un passato imbarazzante voluto da Renzi e un presente ancor più imbarazzante con un ritorno siciliano di un Nazareno 2 a Gela, importante città in cui l’accoppiato Pd Forza Italia ha vinto.
E poi ancora dice il segretario: “Questo governo è diventato il governo dell'inciucio e delle poltrone. Pensano soltanto alla spartizione del potere”. E qui siamo nel tempio barocco della retorica più pura. Sentire Zingaretti, governatore del Lazio che neppure si è dimesso dopo essere diventato segretario, parlare di “potere” e “spartizione di poltrone” fa sorridere.
L’unico obiettivo che ha Zingaretti ora per non scomparire è, paradossalmente, screditare Di Maio che gli sta facendo una razzia di consensi perché, contrariamente al Pd, i Cinque Stelle stanno ora perseguendo una vera e propria politica sociale per di più post ideologica nel senso che Di Maio fa gli interessi della classe sociale più debole.
Zingaretti invece fa ancora l’elogio ideologico dell’Unione Sovietica e poi fa le alleanze con Silvio Berlusconi. Dove è la coerenza?
Una brutta gatta da pelare per il povero “Zinga” stretto tra i nemici interni come Renzi e l’azione devastante di Di Maio. Rischia l’assoluta marginalità e la successiva scomparsa.